POLITICA E AMBIENTE
I temi dell’ambiente e dello sviluppo sono i più importanti del nostro tempo. Questo sito ne propone un’analisi che rovescia molte convinzioni diffuse, che hanno determinato molte decisioni politiche sbagliate con danni incalcolabili.
Parlando di sviluppo, il dato più importante da cui partire è la miseria assoluta di tutte le altre epoche, che è la nostra eredità ancestrale. Poi, al centro del discorso c’è il nostro giudizio sulla società moderna, che non è la causa di ogni male come molti pensano, ma l’unico modello sostenibile sia sul piano sociale che ambientale mai comparso nella Storia.
La società moderna (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà) è nata in Europa due secoli e mezzo fa, ha già liberato dalla povertà i paesi più sviluppati e oggi sta ottenendo lo stesso risultato nel resto del mondo.
Sono i dati dell’ONU a dirci che negli ultimi 50 anni tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento: demografia, reddito, speranza di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a istruzione, cure mediche, acqua potabile, elettricità ecc. Con la crescita economica moderna l’aspettativa di vita media mondiale è triplicata, passando da 24 anni agli attuali 74.
Sono questi i dati che dimostrano che la società moderna è l’unica sostenibile sul piano sociale mai comparsa nella storia umana, perché essa è l’unica capace di sconfiggere la povertà e anche di diminuire le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Infine, contrariamente a quello che molti pensano, la società moderna è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale.
Nel 1972 un libro intitolato I limiti dello sviluppo arrivava a conclusioni opposte perché partiva dal doppio presupposto di un aumento esponenziale, cioè senza limiti, sia della popolazione che dei consumi. Presupposti che però, già in quegli stessi anni Settanta, si sono dimostrati sbagliati.
Infatti all’epoca i paesi più sviluppati avevano già raggiunto o stavano raggiungendo la stabilità demografica, mentre negli emergenti i tassi di natalità erano già tutti in discesa. Da allora hanno continuato a scendere e oggi anche questi paesi stanno raggiungendo l’equilibrio demografico, tanto che è dalla metà degli anni Novanta che in media mondiale il numero di nuovi nati si è stabilizzato.
Ma la società moderna è l’unica sostenibile anche per quanto riguarda la sua economia. Cominciamo da quella agricola.
Durante la crescita economica che porta dalla povertà al benessere, la popolazione tipicamente aumenta di 7 o 8 volte. E’ la transizione demografica. Inoltre aumentano di diverse volte anche i consumi di cibo procapite, sia in quantità che in qualità. Per esempio oggi mangiamo molta più carne latte e latticini, la cui produzione ha un impatto ambientale da 5 a 10 volte superiore rispetto ai vegetali. E’ come se la produzione del cibo sia aumentata di trenta o quaranta volte.
Ci si potrebbe aspettare un aumento simile dell’impatto ambientale. Invece, dato che le rese per ettaro sono aumentate ancora di più, la pressione sull’ambiente è addirittura diminuita.
Lo dimostra, tra gli altri, un paese come l’Italia. Proprio quando nel secondo dopoguerra abbiamo raggiunto i massimi livelli della popolazione e dei consumi, molto superiori a quelli di qualsiasi altra epoca, la superficie dei boschi è raddoppiata. E ai boschi bisogna aggiungere molte aree aperte in zone di montagna che oggi sono tenute a prato dagli erbivori selvatici. Sì, perché nel frattempo abbiamo anche assistito al ritorno della fauna selvatica.
Però all’inizio, quando bisognava incrementare la produzione del cibo con tecniche agricole che erano ancora quelle tradizionali, l’impatto sull’ambiente è aumentato. In un secondo tempo però la modernizzazione dell’agricoltura ha moltiplicato a tal punto le rese per ettaro da causare l’abbandono dell’agricoltura di sussistenza e di molti terreni agricoli e da pascolo nelle zone di montagna.
Per quanto riguarda gli altri beni, la modalità di produzione industriale li ha aumentati ancora di più di quelli agricoli. Questo ha comportato un evidente aumento dell’impatto ambientale, che è il motivo per cui molti pensano che la società moderna non sia sostenibile.
Però questa crescita non dura all’infinito. Infatti man mano che vengono raggiunti i limiti del mercato, la produzione a seconda dei casi si stabilizza, diminuisce oppure crolla, per essere sostituita da quella dei servizi che sono beni immateriali. Questo è avvenuto nell’Italia degli anni Settanta. E’ diminuita la produzione di mobili, elettrodomestici, mezzi di trasporto ecc., mentre l’attività edilizia è crollata.
I servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali che spingono l’economia con meno forza (per questo è finito il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta). In compenso essi soddisfano dei bisogni più sofisticati che fanno fare alla società un altro salto di qualità.
Ci sono innanzi tutto i servizi forniti dallo Stato: istruzione, sanità, sicurezza, viabilità ecc. Poi quelli offerti dai privati: informazione, turismo, ristorazione, viaggi, vacanze, servizi alla persona, servizi alle imprese ecc. In Italia e nei paesi più sviluppati i servizi sono aumentati al punto che oggi occupano i tre quarti dell’economia.
Inoltre col tempo aumenta l’efficienza con cui i vari beni vengono prodotti e quindi diminuisce in proporzione il consumo delle risorse naturali. Infine, una volta soddisfatti i bisogni primari, emerge l’interesse per l’ambiente. E la società moderna è l’unica che ha l’interesse, la capacità e i mezzi per provvedere. Per tutti questi motivi essa è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale.
Il temporaneo aumento dell’impatto ambientale nella fase di crescita che porta dalla povertà al benessere deve essere considerato un’eredità del passato, cioè di società che erano sempre in crescita demografica esponenziale, che producevano i loro beni in maniera inefficiente e nei quali i problemi di pura sopravvivenza avevano la precedenza su tutto il resto.
Per quanto riguarda i paesi emergenti, essi stanno percorrendo la stessa strada di quelli più sviluppati con solo qualche decennio di ritardo. Dopo la forte crescita degli ultimi decenni, dimostrata anche dai dati dell’ONU, essi si trovano al punto in cui noi eravamo negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. Pertanto, per arrivare dove siamo arrivati noi, essi dovranno crescere ancora per altri 10, 20 o 30 anni.
I paesi emergenti stanno percorrendo la stessa strada di quelli più sviluppati anche per quanto riguarda l’urbanizzazione. In questo momento è in pieno svolgimento su scala globale l’esodo dalle campagne alle città che noi abbiamo conosciuto nella prima metà del dopoguerra. Anche qui con la conseguenza che i terreni abbandonati vengono ben presto riconquistati dalla foresta. Già adesso ci sono diversi milioni di chilometri quadrati di foreste tropicali secondarie ricresciute dopo l’abbandono delle attività agricole. E dovunque nel mondo vengono istituiti dei parchi naturali e sono in corso dei piani di rimboschimento.
Per esempio negli ultimi decenni la Cina e l’India hanno raddoppiato le loro superfici forestali. Ancora, quando tra qualche anno le auto elettriche avranno sostituito quelle di oggi, i consumi di materie prime e di energia subiranno un altro crollo.
Inoltre anche in questi paesi la produzione dei beni materiali viene a poco a poco sostituita dai servizi la cui produzione ha un impatto ambientale molto minore. Infine, con l’eccezione di alcuni paesi europei tra cui l’Italia e la Germania, c’è un grande interesse in tutto il mondo per l’energia nucleare, che è a emissioni zero. Per tutti questi motivi la previsione più ragionevole è che nei prossimi decenni le emissioni di anidride carbonica subiranno una forte diminuzione, non il forte aumento che è stato previsto. I dati scientifici più recenti però ci stanno dicendo che la causa più probabile del riscaldamento globale è il sole, non l’anidride carbonica, e l’ipotesi solare ha anche il pregio di poter essere verificata. Infine l’anidride carbonica è il principale fattore di crescita delle piante, quindi più ce n’è meglio è, non il contrario (vedi l’articolo: ” Reimpostare la discussione sul clima”).
Infine anche per il problema della produzione del cibo ci sono già adesso delle vere soluzioni. Per esempio sarebbe sufficiente dire alla gente che per prevenire le malattie più diffuse sarebbe sufficiente diminuire il consumo delle proteine animali, la cui produzione ha un impatto ambientale da 5 a 10 volte inferiore rispetto ai vegetali (vedi l’articolo Alimentazione e salute. The China Study). A questo punto a cosa si ridurrebbe la pressione sull’ambiente di agricoltura e allevamento?
La società moderna è la più grande rivoluzione nella storia dell’umanità perché essa è l’unica che si è dimostrata capace di sconfiggere la povertà e di diminuire le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Però nell’Ottocento è nata un’ideologia “rivoluzionaria”, che inganna ancora oggi molte coscienze, che ha deciso di fare la rivoluzione proprio contro la società moderna.
I marxisti accusano la società moderna - capitalista - di essere la causa delle ingiustizie sociali. E per combatterla hanno deciso di strumentalizzare i temi ambientali.
Per questo sono diventati ambientalisti, perché hanno capito che sfruttando i sentimenti pro ambiente della gente (merito della società moderna) potevano fare gravi danni all’economia. E sono riusciti a convincere l’Europa, molti stati e le massime istituzioni internazionali a ostacolare o a bloccare le fonti di energia migliori che abbiamo per imporre le inutili e costose “energie alternative”.
La Germania ha chiuso le sue 19 centrali nucleari, ha speso 600 miliardi in impianti eolici e fotovoltaici, ma poi ha dovuto importare grandi quantità di gas dalla Russia e dopo che è iniziata la guerra contro l’Ucraina ha sostituito il gas russo con il carbone. Se lo scopo fosse stato quello di diminuire le emissioni di anidride carbonica la Germania avrebbe dovuto triplicare il numero delle sue centrali nucleari, non chiudere quelle che aveva! Anche il pretesto che le centrali nucleari non siano sicure è completamente falso. Qual è allora il vero scopo di questa strana politica energetica?
A sua volta l’Italia ha speso 300 miliardi (di qualche anno fa) per eolico e fotovoltaico e ha chiuso a più riprese i suoi impianti di estrazione del gas, per poi importarlo a prezzi altissimi sempre dalla Russia. Non si può nemmeno immaginare una politica energetica più assurda e autolesionista di questa!
Questo ambientalismo ideologico ha fatto dei danni ancora maggiori nei paesi più poveri del pianeta. La pretesa è che essi possano saltare l’industrializzazione e le grandi produzioni di energia, per ricorrere da subito a un’economia “verde” e a fonti di energia “naturali” come eolico e fotovoltaico.
Una politica assurda perché l’economia deve soddisfare i bisogni fondamentali della gente. Pertanto l’energia deve essere prodotta in una forma utilizzabile e quando serve, non in maniera casuale e imprevedibile. Inoltre le fonti di energia diffuse e a bassa densità energetica “consumano” grandi superfici di territorio, che è la nostra risorsa ambientale più preziosa e sono anche molto costose.
Sulla base di questa ideologia anti sviluppo i paesi ricchi hanno tagliato i finanziamenti alle infrastrutture di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita. Ma perché il mondo ricco, che è diventato tale proprio grazie all’economia moderna e a delle fonti di energia affidabili, ha adottato questa politica che ha lo scopo di impedire l’uscita dalla povertà dei paesi più poveri del mondo?
In questo momento il 15% della popolazione mondiale vive nei paesi più sviluppati. Un altro 75% ha già innestato la marcia della crescita e sta uscendo velocemente dalla povertà. La più grande area di povertà che rimane è l’Africa centrale e occidentale. Alcune dighe sugli affluenti del fiume Congo, che si ripagherebbero da sole con l’energia elettrica prodotta, creerebbero le condizioni per lo sviluppo anche in questa regione. Inoltre esse sostituirebbero la legna da ardere, che oggi è quasi l’unica fonte di energia, alleggerendo così l’impatto ambientale. Ma questo progetto è bloccato dalle idee anti sviluppo (vedi il capitolo “Energia negata” nel libro “L’APOCALISSE PUO’ ATTENDERE” di M. Shellenberger).
Le politiche anti sviluppo dell’Europa e dell’Occidente sono un’altra vera e propria follia, che va ad aggiungersi alla politica energetica contraria alle fonti di energia pulite e affidabili e che ha sperperato immense risorse nelle energie alternative. E questo è ancora nulla rispetto a quello che gli allarmisti del riscaldamento globale vorrebbero farci spendere nei prossimi anni con l’accordo di Parigi dell’anno 2015.
La società moderna ha sconfitto la povertà prima nei paesi “occidentali” e oggi sta ottenendo lo stesso risultato anche nel resto del mondo. E l’Europa, che l’ha inventata, dovrebbe favorirne la diffusione, invece di rinnegarla.
Il rifiuto della più grande rivoluzione sociale della Storia era già incomprensibile nell’Ottocento. Ma oggi lo è ancora di più perché il successo della società moderna è sotto gli occhi di tutti. Infatti non c’è mai stato nei secoli e nei millenni passati un periodo come gli ultimi 50 anni in cui così tanta gente, sia in assoluto che in percentuale, ha migliorato e di così tanto e così in fretta la propria condizione di vita.
Infine la società moderna è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale. Per questo l’analisi proposta da questo sito è importante. Essa è necessaria per contrastare la disinformazione e per convincere l’opinione pubblica e le forze politiche, sia di destra che di sinistra, ad abbandonare le idee anti storiche che hanno ispirato molte decisioni politiche recenti, e ad affrontare finalmente i principali problemi di oggi sia dello sviluppo che della sostenibilità ambientale, perché le soluzioni ci sono e sono alla nostra portata.
TRE LIBRI RICCHI DI DATI
che non si possono dimenticare
FACTFULNESS – dieci ragioni per cui non capiamo il mondo e perché le cose vanno meglio di come pensiamo di Hans Rosling
Quali strumenti possiamo lasciare ai nostri figli per interpretare il mondo in perenne mutamento in cui viviamo? Come possiamo far fronte alla valanga quotidiana di notizie deprimenti che ci arriva dai media, dai social e dalla politica? Perché prestiamo più attenzione alle notizie negative, quelle che ci danno l’impressione che tutto stia lentamente, ma inesorabilmente, andando a rotoli? Di quali irragionevoli pregiudizi è vittima il nostro pensiero?
Attraverso un attento studio dei dati, che sono quelli dell’ONU semplicemente trasformati in grafici di facile lettura, Hans Rosling dimostra che le cose non stanno andando così male e che, anzi, siamo di fronte a un radicale miglioramento.
Per capirlo dobbiamo però imparare a guardare ai fatti con curiosità, a metterli in prospettiva e a saperci stupire: basta guardare alla vita dei nostri nonni per accorgerci degli enormi passi avanti che stiamo facendo, in ogni campo. Per esempio, non ha più senso parlare di “mondo occidentale” e “mondo in via di sviluppo”, aumentando il baratro tra noi e il resto del pianeta, quando ormai quasi tutti i Paesi stanno raggiungendo lo stesso livello di istruzione, di opportunità e di crescita.
Abbiamo tutti la possibilità di usare la forza dei fatti a nostro vantaggio, per capire e non lasciarci accecare dalla rabbia, dall’ignoranza, dalle semplificazioni. Grazie anche a storie ed esempi di una chiarezza disarmante, Rosling ci sprona a essere curiosi, ma non si limita a fare domande, ci risponde avvalendosi della verità dei fatti.
(dal risvolto di copertina del libro)
L’APOCALISSE PUO’ ATTENDERE – errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale di Michael Shellenberger.
“La fine del nostro pianeta è imminente”. “A causa del cambiamento climatico miliardi di persone moriranno”. Siamo continuamente bombardati da messaggi di questo tipo: ma la situazione è davvero così tragica?
Consulente di enti scientifici e di vari governi, profondo conoscitore dell’attivismo ambientalista, Michael Shellenberger, dall’adesione ideologica alla lotta contro il cambiamento climatico, è passato a sostenere un approccio pragmatico ai problemi dell’ambiente. Dati alla mano, oggi smaschera la disinformazione colpevole di rendere impossibile ogni discussione su uno sfruttamento più intelligente delle risorse naturali che non implichi “decrescite felici” o “sviluppo sostenibile”. Dalle catastrofi nucleari agli incendi in Amazzonia, dalla caccia alle balene al vegetarianesimo, dall’inquinamento degli allevamenti intensivi alla presunta rivoluzione dell’energia solare, l’autore analizza errori e orrori della nuova religione ecologista, ponendo non poche domande: se progresso ambientale, energetico ed economico sono facce di uno stesso processo, come affrontare i problemi senza precludere ai paesi in via di sviluppo le stesse opportunità di cui hanno goduto in altri tempi Europa e Stati Uniti? Questo fermento ambientalista potrebbe essere la manifestazione del bisogno di trovare una causa a cui aggrapparsi per dare un senso al mondo che ci appare sempre più dominato dal caos?
Dal Congo al Sud America, Shellenberger incontra e si confronta con chi vive in prima persona le conseguenze delle politiche orientate alla lotta al cambiamento climatico, rendendo evidenti gli errori di quanti, di fronte a sfide epocali, pretendono di offrire soluzioni semplicistiche a questioni complesse.
(dal risvolto di copertina)
FALSO ALLARME – Perché il catastrofismo climatico ci rende più poveri e non aiuta il pianeta di Bjorn Lomborg.
Viviamo nell’epoca della eco-ansia. Politici, attivisti e media diffondono un messaggio comune: il cambiamento climatico sta distruggendo il pianeta e dobbiamo prendere subito provvedimenti drastici per fermarlo, altrimenti sarà la catastrofe. In preda al panico, i leader mondiali si sono impegnati in politiche estremamente costose ma inefficaci, senza considerare le conseguenze indesiderate a livello economico e sociale, soprattutto per i paesi più poveri. E’ la tesi di Bjorn Lomborg – presidente del Copenhagen Consensus Center e “ambientalista scettico”, indicato da The Guardian come “una delle 50 persone che potrebbero salvare il pianeta”-, secondo il quale il cambiamento climatico è un problema molto serio ma non è la minaccia apocalittica che ci viene raccontata. In Falso Allarme, basandosi su una rigorosa analisi dei dati scientifici ed economici, Lomborg riporta alla razionalità il dibattito sull’emergenza climatica, sempre più polarizzato tra catastrofismo e negazionismo, dimostrando in modo convincente che gran parte di ciò che pensiamo al riguardo è sbagliato: le previsioni allarmistiche sull’imminente fine della Terra travisano la scienza e conducono a politiche che non risolvono il problema ma causano più danni che vantaggi, aumentando povertà e disuguaglianze. Che fare dunque? Per Lomborg occorre valutare le politiche per il clima nello stesso modo cin cui valutiamo ogni altra politica, in termini di costi e benefici. E in questo libro propone soluzioni più intelligenti e ragionevoli per affrontare la crisi climatica e rendere il mondo un posto decisamente migliore, anche se leggermente più caldo.
(dal risvolto di copertina)
Questo libro, però nasce già superato, perché oggi i dati scientifici più recenti ci stanno dicendo che la causa più probabile del riscaldamento globale potrebbe essere il sole, non l’anidride carbonica. Infatti gli ultimi due cicli delle macchie solari – l’ultimissimo ha raggiunto il suo picco nel 2024 -, mostrano che il loro numero si è circa dimezzato rispetto alla media dei cinque o sei cicli precedenti, che avevano raggiunto i valori più alti degli ultimi 400 anni. E già da tempo gli scienziati avevano collegato le macchie solari al clima terrestre: maggiore è il loro numero, più alta è la temperatura sulla superficie della Terra e viceversa. E dato che adesso le macchie sono diminuite, è probabile che questo periodo caldo stia per finire ... (vedi l’articolo Reimpostare la discussione sul clima).
Parlando di sviluppo, il dato più importante da cui partire è la miseria assoluta di tutte le altre epoche, che è la nostra eredità ancestrale. Poi, al centro del discorso c’è il nostro giudizio sulla società moderna, che non è la causa di ogni male come molti pensano, ma l’unico modello sostenibile sia sul piano sociale che ambientale mai comparso nella Storia.
La società moderna (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà) è nata in Europa due secoli e mezzo fa, ha già liberato dalla povertà i paesi più sviluppati e oggi sta ottenendo lo stesso risultato nel resto del mondo.
Sono i dati dell’ONU a dirci che negli ultimi 50 anni tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento: demografia, reddito, speranza di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a istruzione, cure mediche, acqua potabile, elettricità ecc. Con la crescita economica moderna l’aspettativa di vita media mondiale è triplicata, passando da 24 anni agli attuali 74.
Sono questi i dati che dimostrano che la società moderna è l’unica sostenibile sul piano sociale mai comparsa nella storia umana, perché essa è l’unica capace di sconfiggere la povertà e anche di diminuire le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Infine, contrariamente a quello che molti pensano, la società moderna è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale.
Nel 1972 un libro intitolato I limiti dello sviluppo arrivava a conclusioni opposte perché partiva dal doppio presupposto di un aumento esponenziale, cioè senza limiti, sia della popolazione che dei consumi. Presupposti che però, già in quegli stessi anni Settanta, si sono dimostrati sbagliati.
Infatti all’epoca i paesi più sviluppati avevano già raggiunto o stavano raggiungendo la stabilità demografica, mentre negli emergenti i tassi di natalità erano già tutti in discesa. Da allora hanno continuato a scendere e oggi anche questi paesi stanno raggiungendo l’equilibrio demografico, tanto che è dalla metà degli anni Novanta che in media mondiale il numero di nuovi nati si è stabilizzato.
Ma la società moderna è l’unica sostenibile anche per quanto riguarda la sua economia. Cominciamo da quella agricola.
Durante la crescita economica che porta dalla povertà al benessere, la popolazione tipicamente aumenta di 7 o 8 volte. E’ la transizione demografica. Inoltre aumentano di diverse volte anche i consumi di cibo procapite, sia in quantità che in qualità. Per esempio oggi mangiamo molta più carne latte e latticini, la cui produzione ha un impatto ambientale da 5 a 10 volte superiore rispetto ai vegetali. E’ come se la produzione del cibo sia aumentata di trenta o quaranta volte.
Ci si potrebbe aspettare un aumento simile dell’impatto ambientale. Invece, dato che le rese per ettaro sono aumentate ancora di più, la pressione sull’ambiente è addirittura diminuita.
Lo dimostra, tra gli altri, un paese come l’Italia. Proprio quando nel secondo dopoguerra abbiamo raggiunto i massimi livelli della popolazione e dei consumi, molto superiori a quelli di qualsiasi altra epoca, la superficie dei boschi è raddoppiata. E ai boschi bisogna aggiungere molte aree aperte in zone di montagna che oggi sono tenute a prato dagli erbivori selvatici. Sì, perché nel frattempo abbiamo anche assistito al ritorno della fauna selvatica.
Però all’inizio, quando bisognava incrementare la produzione del cibo con tecniche agricole che erano ancora quelle tradizionali, l’impatto sull’ambiente è aumentato. In un secondo tempo però la modernizzazione dell’agricoltura ha moltiplicato a tal punto le rese per ettaro da causare l’abbandono dell’agricoltura di sussistenza e di molti terreni agricoli e da pascolo nelle zone di montagna.
Per quanto riguarda gli altri beni, la modalità di produzione industriale li ha aumentati ancora di più di quelli agricoli. Questo ha comportato un evidente aumento dell’impatto ambientale, che è il motivo per cui molti pensano che la società moderna non sia sostenibile.
Però questa crescita non dura all’infinito. Infatti man mano che vengono raggiunti i limiti del mercato, la produzione a seconda dei casi si stabilizza, diminuisce oppure crolla, per essere sostituita da quella dei servizi che sono beni immateriali. Questo è avvenuto nell’Italia degli anni Settanta. E’ diminuita la produzione di mobili, elettrodomestici, mezzi di trasporto ecc., mentre l’attività edilizia è crollata.
I servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali che spingono l’economia con meno forza (per questo è finito il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta). In compenso essi soddisfano dei bisogni più sofisticati che fanno fare alla società un altro salto di qualità.
Ci sono innanzi tutto i servizi forniti dallo Stato: istruzione, sanità, sicurezza, viabilità ecc. Poi quelli offerti dai privati: informazione, turismo, ristorazione, viaggi, vacanze, servizi alla persona, servizi alle imprese ecc. In Italia e nei paesi più sviluppati i servizi sono aumentati al punto che oggi occupano i tre quarti dell’economia.
Inoltre col tempo aumenta l’efficienza con cui i vari beni vengono prodotti e quindi diminuisce in proporzione il consumo delle risorse naturali. Infine, una volta soddisfatti i bisogni primari, emerge l’interesse per l’ambiente. E la società moderna è l’unica che ha l’interesse, la capacità e i mezzi per provvedere. Per tutti questi motivi essa è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale.
Il temporaneo aumento dell’impatto ambientale nella fase di crescita che porta dalla povertà al benessere deve essere considerato un’eredità del passato, cioè di società che erano sempre in crescita demografica esponenziale, che producevano i loro beni in maniera inefficiente e nei quali i problemi di pura sopravvivenza avevano la precedenza su tutto il resto.
Per quanto riguarda i paesi emergenti, essi stanno percorrendo la stessa strada di quelli più sviluppati con solo qualche decennio di ritardo. Dopo la forte crescita degli ultimi decenni, dimostrata anche dai dati dell’ONU, essi si trovano al punto in cui noi eravamo negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. Pertanto, per arrivare dove siamo arrivati noi, essi dovranno crescere ancora per altri 10, 20 o 30 anni.
I paesi emergenti stanno percorrendo la stessa strada di quelli più sviluppati anche per quanto riguarda l’urbanizzazione. In questo momento è in pieno svolgimento su scala globale l’esodo dalle campagne alle città che noi abbiamo conosciuto nella prima metà del dopoguerra. Anche qui con la conseguenza che i terreni abbandonati vengono ben presto riconquistati dalla foresta. Già adesso ci sono diversi milioni di chilometri quadrati di foreste tropicali secondarie ricresciute dopo l’abbandono delle attività agricole. E dovunque nel mondo vengono istituiti dei parchi naturali e sono in corso dei piani di rimboschimento.
Per esempio negli ultimi decenni la Cina e l’India hanno raddoppiato le loro superfici forestali. Ancora, quando tra qualche anno le auto elettriche avranno sostituito quelle di oggi, i consumi di materie prime e di energia subiranno un altro crollo.
Inoltre anche in questi paesi la produzione dei beni materiali viene a poco a poco sostituita dai servizi la cui produzione ha un impatto ambientale molto minore. Infine, con l’eccezione di alcuni paesi europei tra cui l’Italia e la Germania, c’è un grande interesse in tutto il mondo per l’energia nucleare, che è a emissioni zero. Per tutti questi motivi la previsione più ragionevole è che nei prossimi decenni le emissioni di anidride carbonica subiranno una forte diminuzione, non il forte aumento che è stato previsto. I dati scientifici più recenti però ci stanno dicendo che la causa più probabile del riscaldamento globale è il sole, non l’anidride carbonica, e l’ipotesi solare ha anche il pregio di poter essere verificata. Infine l’anidride carbonica è il principale fattore di crescita delle piante, quindi più ce n’è meglio è, non il contrario (vedi l’articolo: ” Reimpostare la discussione sul clima”).
Infine anche per il problema della produzione del cibo ci sono già adesso delle vere soluzioni. Per esempio sarebbe sufficiente dire alla gente che per prevenire le malattie più diffuse sarebbe sufficiente diminuire il consumo delle proteine animali, la cui produzione ha un impatto ambientale da 5 a 10 volte inferiore rispetto ai vegetali (vedi l’articolo Alimentazione e salute. The China Study). A questo punto a cosa si ridurrebbe la pressione sull’ambiente di agricoltura e allevamento?
La società moderna è la più grande rivoluzione nella storia dell’umanità perché essa è l’unica che si è dimostrata capace di sconfiggere la povertà e di diminuire le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Però nell’Ottocento è nata un’ideologia “rivoluzionaria”, che inganna ancora oggi molte coscienze, che ha deciso di fare la rivoluzione proprio contro la società moderna.
I marxisti accusano la società moderna - capitalista - di essere la causa delle ingiustizie sociali. E per combatterla hanno deciso di strumentalizzare i temi ambientali.
Per questo sono diventati ambientalisti, perché hanno capito che sfruttando i sentimenti pro ambiente della gente (merito della società moderna) potevano fare gravi danni all’economia. E sono riusciti a convincere l’Europa, molti stati e le massime istituzioni internazionali a ostacolare o a bloccare le fonti di energia migliori che abbiamo per imporre le inutili e costose “energie alternative”.
La Germania ha chiuso le sue 19 centrali nucleari, ha speso 600 miliardi in impianti eolici e fotovoltaici, ma poi ha dovuto importare grandi quantità di gas dalla Russia e dopo che è iniziata la guerra contro l’Ucraina ha sostituito il gas russo con il carbone. Se lo scopo fosse stato quello di diminuire le emissioni di anidride carbonica la Germania avrebbe dovuto triplicare il numero delle sue centrali nucleari, non chiudere quelle che aveva! Anche il pretesto che le centrali nucleari non siano sicure è completamente falso. Qual è allora il vero scopo di questa strana politica energetica?
A sua volta l’Italia ha speso 300 miliardi (di qualche anno fa) per eolico e fotovoltaico e ha chiuso a più riprese i suoi impianti di estrazione del gas, per poi importarlo a prezzi altissimi sempre dalla Russia. Non si può nemmeno immaginare una politica energetica più assurda e autolesionista di questa!
Questo ambientalismo ideologico ha fatto dei danni ancora maggiori nei paesi più poveri del pianeta. La pretesa è che essi possano saltare l’industrializzazione e le grandi produzioni di energia, per ricorrere da subito a un’economia “verde” e a fonti di energia “naturali” come eolico e fotovoltaico.
Una politica assurda perché l’economia deve soddisfare i bisogni fondamentali della gente. Pertanto l’energia deve essere prodotta in una forma utilizzabile e quando serve, non in maniera casuale e imprevedibile. Inoltre le fonti di energia diffuse e a bassa densità energetica “consumano” grandi superfici di territorio, che è la nostra risorsa ambientale più preziosa e sono anche molto costose.
Sulla base di questa ideologia anti sviluppo i paesi ricchi hanno tagliato i finanziamenti alle infrastrutture di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita. Ma perché il mondo ricco, che è diventato tale proprio grazie all’economia moderna e a delle fonti di energia affidabili, ha adottato questa politica che ha lo scopo di impedire l’uscita dalla povertà dei paesi più poveri del mondo?
In questo momento il 15% della popolazione mondiale vive nei paesi più sviluppati. Un altro 75% ha già innestato la marcia della crescita e sta uscendo velocemente dalla povertà. La più grande area di povertà che rimane è l’Africa centrale e occidentale. Alcune dighe sugli affluenti del fiume Congo, che si ripagherebbero da sole con l’energia elettrica prodotta, creerebbero le condizioni per lo sviluppo anche in questa regione. Inoltre esse sostituirebbero la legna da ardere, che oggi è quasi l’unica fonte di energia, alleggerendo così l’impatto ambientale. Ma questo progetto è bloccato dalle idee anti sviluppo (vedi il capitolo “Energia negata” nel libro “L’APOCALISSE PUO’ ATTENDERE” di M. Shellenberger).
Le politiche anti sviluppo dell’Europa e dell’Occidente sono un’altra vera e propria follia, che va ad aggiungersi alla politica energetica contraria alle fonti di energia pulite e affidabili e che ha sperperato immense risorse nelle energie alternative. E questo è ancora nulla rispetto a quello che gli allarmisti del riscaldamento globale vorrebbero farci spendere nei prossimi anni con l’accordo di Parigi dell’anno 2015.
La società moderna ha sconfitto la povertà prima nei paesi “occidentali” e oggi sta ottenendo lo stesso risultato anche nel resto del mondo. E l’Europa, che l’ha inventata, dovrebbe favorirne la diffusione, invece di rinnegarla.
Il rifiuto della più grande rivoluzione sociale della Storia era già incomprensibile nell’Ottocento. Ma oggi lo è ancora di più perché il successo della società moderna è sotto gli occhi di tutti. Infatti non c’è mai stato nei secoli e nei millenni passati un periodo come gli ultimi 50 anni in cui così tanta gente, sia in assoluto che in percentuale, ha migliorato e di così tanto e così in fretta la propria condizione di vita.
Infine la società moderna è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale. Per questo l’analisi proposta da questo sito è importante. Essa è necessaria per contrastare la disinformazione e per convincere l’opinione pubblica e le forze politiche, sia di destra che di sinistra, ad abbandonare le idee anti storiche che hanno ispirato molte decisioni politiche recenti, e ad affrontare finalmente i principali problemi di oggi sia dello sviluppo che della sostenibilità ambientale, perché le soluzioni ci sono e sono alla nostra portata.
TRE LIBRI RICCHI DI DATI
che non si possono dimenticare
FACTFULNESS – dieci ragioni per cui non capiamo il mondo e perché le cose vanno meglio di come pensiamo di Hans Rosling
Quali strumenti possiamo lasciare ai nostri figli per interpretare il mondo in perenne mutamento in cui viviamo? Come possiamo far fronte alla valanga quotidiana di notizie deprimenti che ci arriva dai media, dai social e dalla politica? Perché prestiamo più attenzione alle notizie negative, quelle che ci danno l’impressione che tutto stia lentamente, ma inesorabilmente, andando a rotoli? Di quali irragionevoli pregiudizi è vittima il nostro pensiero?
Attraverso un attento studio dei dati, che sono quelli dell’ONU semplicemente trasformati in grafici di facile lettura, Hans Rosling dimostra che le cose non stanno andando così male e che, anzi, siamo di fronte a un radicale miglioramento.
Per capirlo dobbiamo però imparare a guardare ai fatti con curiosità, a metterli in prospettiva e a saperci stupire: basta guardare alla vita dei nostri nonni per accorgerci degli enormi passi avanti che stiamo facendo, in ogni campo. Per esempio, non ha più senso parlare di “mondo occidentale” e “mondo in via di sviluppo”, aumentando il baratro tra noi e il resto del pianeta, quando ormai quasi tutti i Paesi stanno raggiungendo lo stesso livello di istruzione, di opportunità e di crescita.
Abbiamo tutti la possibilità di usare la forza dei fatti a nostro vantaggio, per capire e non lasciarci accecare dalla rabbia, dall’ignoranza, dalle semplificazioni. Grazie anche a storie ed esempi di una chiarezza disarmante, Rosling ci sprona a essere curiosi, ma non si limita a fare domande, ci risponde avvalendosi della verità dei fatti.
(dal risvolto di copertina del libro)
L’APOCALISSE PUO’ ATTENDERE – errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale di Michael Shellenberger.
“La fine del nostro pianeta è imminente”. “A causa del cambiamento climatico miliardi di persone moriranno”. Siamo continuamente bombardati da messaggi di questo tipo: ma la situazione è davvero così tragica?
Consulente di enti scientifici e di vari governi, profondo conoscitore dell’attivismo ambientalista, Michael Shellenberger, dall’adesione ideologica alla lotta contro il cambiamento climatico, è passato a sostenere un approccio pragmatico ai problemi dell’ambiente. Dati alla mano, oggi smaschera la disinformazione colpevole di rendere impossibile ogni discussione su uno sfruttamento più intelligente delle risorse naturali che non implichi “decrescite felici” o “sviluppo sostenibile”. Dalle catastrofi nucleari agli incendi in Amazzonia, dalla caccia alle balene al vegetarianesimo, dall’inquinamento degli allevamenti intensivi alla presunta rivoluzione dell’energia solare, l’autore analizza errori e orrori della nuova religione ecologista, ponendo non poche domande: se progresso ambientale, energetico ed economico sono facce di uno stesso processo, come affrontare i problemi senza precludere ai paesi in via di sviluppo le stesse opportunità di cui hanno goduto in altri tempi Europa e Stati Uniti? Questo fermento ambientalista potrebbe essere la manifestazione del bisogno di trovare una causa a cui aggrapparsi per dare un senso al mondo che ci appare sempre più dominato dal caos?
Dal Congo al Sud America, Shellenberger incontra e si confronta con chi vive in prima persona le conseguenze delle politiche orientate alla lotta al cambiamento climatico, rendendo evidenti gli errori di quanti, di fronte a sfide epocali, pretendono di offrire soluzioni semplicistiche a questioni complesse.
(dal risvolto di copertina)
FALSO ALLARME – Perché il catastrofismo climatico ci rende più poveri e non aiuta il pianeta di Bjorn Lomborg.
Viviamo nell’epoca della eco-ansia. Politici, attivisti e media diffondono un messaggio comune: il cambiamento climatico sta distruggendo il pianeta e dobbiamo prendere subito provvedimenti drastici per fermarlo, altrimenti sarà la catastrofe. In preda al panico, i leader mondiali si sono impegnati in politiche estremamente costose ma inefficaci, senza considerare le conseguenze indesiderate a livello economico e sociale, soprattutto per i paesi più poveri. E’ la tesi di Bjorn Lomborg – presidente del Copenhagen Consensus Center e “ambientalista scettico”, indicato da The Guardian come “una delle 50 persone che potrebbero salvare il pianeta”-, secondo il quale il cambiamento climatico è un problema molto serio ma non è la minaccia apocalittica che ci viene raccontata. In Falso Allarme, basandosi su una rigorosa analisi dei dati scientifici ed economici, Lomborg riporta alla razionalità il dibattito sull’emergenza climatica, sempre più polarizzato tra catastrofismo e negazionismo, dimostrando in modo convincente che gran parte di ciò che pensiamo al riguardo è sbagliato: le previsioni allarmistiche sull’imminente fine della Terra travisano la scienza e conducono a politiche che non risolvono il problema ma causano più danni che vantaggi, aumentando povertà e disuguaglianze. Che fare dunque? Per Lomborg occorre valutare le politiche per il clima nello stesso modo cin cui valutiamo ogni altra politica, in termini di costi e benefici. E in questo libro propone soluzioni più intelligenti e ragionevoli per affrontare la crisi climatica e rendere il mondo un posto decisamente migliore, anche se leggermente più caldo.
(dal risvolto di copertina)
Questo libro, però nasce già superato, perché oggi i dati scientifici più recenti ci stanno dicendo che la causa più probabile del riscaldamento globale potrebbe essere il sole, non l’anidride carbonica. Infatti gli ultimi due cicli delle macchie solari – l’ultimissimo ha raggiunto il suo picco nel 2024 -, mostrano che il loro numero si è circa dimezzato rispetto alla media dei cinque o sei cicli precedenti, che avevano raggiunto i valori più alti degli ultimi 400 anni. E già da tempo gli scienziati avevano collegato le macchie solari al clima terrestre: maggiore è il loro numero, più alta è la temperatura sulla superficie della Terra e viceversa. E dato che adesso le macchie sono diminuite, è probabile che questo periodo caldo stia per finire ... (vedi l’articolo Reimpostare la discussione sul clima).