ALIMENTAZIONE E SALUTE - THE CHINA STUDY
Una scoperta importante come quelle dei vaccini e degli antibiotici
Questo articolo si propone di far conoscere la scoperta più importante di questi anni nel campo della salute.
Non si tratta però di un nuovo farmaco miracoloso, ma di una semplice ricetta in grado di prevenire tutte le malattie più gravi e diffuse e in qualche caso di farle regredire.
Sono le malattie degenerative altrimenti conosciute come “malattie del benessere”: cardiopatie, cancro, ictus, obesità, diabete, malattie autoimmuni, osteoporosi, calcoli renali, cecità e altro ancora. La ricetta è: ridurre al minimo il consumo delle proteine animali e aumentare quello dei prodotti vegetali, che devono essere naturali, sani e integri.
Le ricerche scientifiche che stanno dietro a questa scoperta sono descritte nel libro “The China Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell II, nell’edizione aggiornata e ampliata pubblicata in Italia dal Gruppo Editoriale MACRO, al quale si rimanda per un’informazione più completa.
Il titolo si riferisce alla ricerca più ampia che mai sia stata fatta su questo argomento.
Non c’è però solo lo Studio Cina. Tantissime altre ricerche, segnalate in un’ampia bibliografia, sono giunte alla stessa conclusione. Da esse emerge il ruolo centrale dell’alimentazione nel determinare la nostra salute.
La dieta ideale sulla base dei nostri adattamenti alimentari.
Un modo per affrontare il problema degli effetti dell’alimentazione sulla salute, è ricostruire le tappe della nostra evoluzione biologica e il nostro adattamento avvenuto nel corso di milioni di anni verso i cibi che consumiamo.
Tutti sappiamo che ci sono gli erbivori e i carnivori e che in natura ogni specie animale si nutre di certi particolari alimenti e non di altri. Cibi di ogni tipo, sia di origine animale che vegetale, ai quali le specie si sono biologicamente adattate nel corso della loro evoluzione.
Anche noi Homo sapiens siamo una specie animale che, come ogni altra, si è formata attraverso un particolare percorso evolutivo che gli studiosi di antropologia hanno in gran parte ricostruito. Dunque, quali sono gli ambienti in cui i nostri antenati sono vissuti nelle epoche passate e i cibi, presenti in questi stessi ambienti, ai quali ci siamo adattati?
Alla base di tutto il discorso c’è il principio secondo il quale l’adattamento a un particolare alimento più è antico, più è profondo. Nel corso di milioni di anni il nostro organismo ha imparato ha sfruttarne sempre meglio le caratteristiche biochimiche. E questo significa che più un adattamento è antico, maggiori sono i vantaggi che ne ricaviamo e minori sono gli inconvenienti o i danni di qualsiasi tipo.
Sicuramente i cibi ai quali siamo meglio adattati sono quelli vegetali. Infatti i nostri lontani progenitori vissuti decine di milioni di anni fa erano scimmie frugivore che vivevano sugli alberi e si nutrivano di frutti, bacche, noci, germogli ecc. Tutti cibi che non abbiamo mai abbandonato.
Questo quindi è il nostro adattamento alimentare più antico e profondo. Poi 6 / 8 milioni di anni fa abbiamo attraversato una fase in cui ci siamo parzialmente adattati alla vita acquatica, nella quale abbiamo acquisito tutte quelle caratteristiche anatomiche che ci differenziano dalle scimmie (la stazione eretta, la perdita della pelliccia ecc.).
In questo nuovo ambiente costituito dalle spiagge marine, abbiamo aggiunto alla dieta i frutti di mare, alcuni pesci, le uova degli uccelli e la carne di alcuni mammiferi. Tutti alimenti che possiamo mangiare crudi perché ci siamo abituati ad essi prima della scoperta e dell’uso del fuoco per cuocere i cibi (vedi la descrizione della “teoria acquatica” nell’articolo “Perché gli esseri umani sono diversi”).
Dopo di allora siamo vissuti nelle praterie aperte, ma senza mai abbandonare del tutto gli ambienti ai quali ci eravamo adattati in precedenza, cioè i boschi, i corsi d’acqua e le spiagge marine.
Infine, grazie al controllo progressivo del fuoco, a partire da due milioni di anni fa la nostra dieta si è arricchita di tutti quei cibi, animali e vegetali, che possiamo mangiare solo dopo averli cotti. In particolare le radici e i tuberi che necessitano di un bastone da scavo e gli animali che richiedono elaborate tecniche di caccia e di pesca.
In realtà non c’è la prova archeologica di focolari vecchi di due milioni di anni; ma gli studiosi di preistoria sono convinti che in quell’epoca deve essere avvenuto un cambiamento importante nell’alimentazione. Infatti l’architettura del cranio è cambiata. I denti sono diventati più piccoli e le mascelle meno robuste e sporgenti, tanto che la faccia si è appiattita. Inoltre da allora anche il volume della scatola cranica (e del cervello) è quasi triplicato. E questa secondo gli studiosi è la prova che avevamo imparato a mangiare dei cibi più teneri e nutrienti, cioè cotti. E la cottura dei cibi avveniva per arrostimento e a stufato.
Ma come facevano i nostri antenati preistorici a preparare uno stufato di fagioli? Avvolgevano i legumi raccolti freschi più qualche pianta aromatica, dopo averli spruzzati con un po’ d’acqua, in un involtino di foglie legato con del filo. Poi legavano l’involtino ad un bastoncino che piantavano in terra in modo che stesse alla giusta distanza dal fuoco. E dopo un po’ la cena era pronta!
Il latte e i latticini, invece, sono stati introdotti nella dieta in tempi molto più recenti, circa 10.000 anni fa, cioè quando è iniziato l’allevamento degli animali, che precede di poco l’agricoltura. L’adattamento verso di essi, quindi, è recente, limitato e incompleto, nonostante che per molti aspetti il latte possa sembrare l’alimento ideale. Lo è ovviamente per i lattanti, ma non necessariamente per gli adulti. Non è un caso che tuttora molte persone non siano in grado di digerire il latte.
Utile è anche il confronto con la dieta delle ultime popolazioni di cacciatori – raccoglitori, cioè delle ultime popolazioni che vivevano di un’economia pre agricola. Presso di essi i cibi di origine vegetale erano largamente prevalenti ed erano consumati con continuità, tutti i giorni, mentre la carne dipendeva dalle fortune della caccia, ed il suo consumo era limitato e discontinuo.
Quindi, sulla base dei dati riguardanti la nostra evoluzione biologica, la dieta ideale dovrebbe comprendere una larga prevalenza di alimenti vegetali, più una certa quantità di cibi di origine animale. Tutti dovrebbero essere naturali e integri, cioè non contaminati da sostanze estranee e non deprivati dei loro principi nutritivi.
Questo significa che i cibi troppo elaborati o processati, e anche quelli cotti in modi non compatibili con quelli della preistoria, non possono essere considerati “naturali”.
Presso gli ultimi cacciatori – raccoglitori dell’Africa, la culla della nostra specie, il fabbisogno calorico era soddisfatto principalmente dalle noci arrostite, che noi abbiamo sostituito con il pane e la pasta. Poi c’era una grande varietà di alimenti vegetali, anch’essi raccolti dalle donne, che corrispondono alla nostra frutta e verdura che pure venivano consumati con continuità, tutti i giorni. Infine gli uomini, con la caccia, procuravano il cibo di origine animale.
Per questo la carne non veniva consumata ogni giorno, perché dipendeva dalle fortune della caccia. E dovevano esserci nel corso dell’anno dei periodi in cui la carne era abbondante, intervallati a periodi, o a intere stagioni, in cui la carne quasi scompariva dalla dieta.
Infine, mentre per le scimmie i pasti sono sempre individuali e senza orario, con il fuoco sono diventati collettivi e vengono consumati ad ore fisse. Questo perché la preparazione del focolare e la cottura del cibo richiedono tempo e c’era un unico focolare per tutta la famiglia.
Quindi la nostra dieta dovrebbe prevedere frutta abbondante consumata a qualsiasi ora del giorno, e pasti ad ore fisse nei quali l’apporto calorico principale dovrebbe essere costituito dal pane, dalla pasta o dal riso integrali (che sostituiscono le noci arrostite). Mentre la carne dovrebbe essere consumata qualche giorno sì e qualche giorno no. E se volessimo avvicinarci ancora di più alla “paleo dieta” della preistoria, potremmo provare a sostituire i cereali con le noci arrostite.
Arrostire le noci richiede solo pochi minuti. Il guscio diventa fragile e si rompe facilmente con la punta delle dita. Non tutti se le potrebbero permettere ma molti sì, e questa potrebbe costituire un’alternativa per gli allevatori nel momento in cui diminuisse la domanda di carne.
Il confronto con i risultati dello Studio Cina.
Tutto quello che sappiamo sulla nostra evoluzione biologica conferma l’importanza dei cibi vegetali freschi, naturali e integri. La nostra storia evolutiva è anche in grado di darci delle indicazioni di massima sulle proporzioni degli alimenti, animali o vegetali, che dobbiamo assumere. Però non è in grado di fare delle stime precise e di prevedere le conseguenze per la salute di un regime alimentare divergente da questo standard.
Questo importante risultato è stato invece ottenuto dallo Studio Cina, che ha dimostrato che i rischi per la salute sono limitati finché il consumo di proteine animali non supera il fabbisogno del nostro organismo (per un adulto circa il 5 / 6 % del suo contenuto calorico). Inoltre questa ricerca ha quantificato i rischi in funzione delle quantità di alimenti di origine animale presenti nella dieta. In pratica, e specialmente se superiamo questo limite, maggiore è il consumo di proteine animali maggiori sono i rischi per la salute.
Un altro risultato dello Studio è l’avere chiarito che i cibi di origine vegetale sono in grado di coprire tutte le nostre esigenze nutrizionali (con la sola esclusione della vitamina B12), e che una dieta interamente vegetariana, anzi vegana, è priva di rischi. In altre parole i vegetali sono in grado di fornire tutti, o quasi tutti, i nutrienti di cui abbiamo bisogno, cioè i carboidrati, le proteine, i grassi, le vitamine, i sali minerali, le fibre e gli anti ossidanti.
Al contrario negli alimenti di origine animale sono presenti solo alcuni di questi principi nutritivi. Essenzialmente le proteine, i grassi e alcuni sali minerali e vitamine. Queste ultime, però si trovano in misura molto maggiore nei vegetali. Tutti gli altri nutrienti sono presenti solo nelle piante. In particolare quasi tutte le fibre e gli antiossidanti, anch’essi molto importanti per la salute.
Infine per quanto riguarda le proteine, lo Studio e numerose altre ricerche hanno dimostrato che quelle vegetali, a differenza di quelle animali, non comportano rischi per la salute nemmeno se vengono assunte in quantità superiore al fabbisogno. D’altra parte la ricerca ha anche dimostrato che non tutte le proteine animali sono uguali. Infatti molti studi hanno trovato un collegamento tra il consumo di latte e latticini e il diabete di tipo1, il cancro alla prostata e l’osteoporosi.
Queste conclusioni rovesciano le nostre radicate convinzioni che le proteine animali siano l’alimento ideale o quello più importante. Fin dall’Ottocento tutti ne erano convinti, a partire dagli stessi scienziati. In effetti una volta chi mangiava più carne, latte e latticini viveva più a lungo.
Nelle società che precedono quella moderna c’erano da una parte i nobili che avevano tutto il potere e tutta la ricchezza; dall’altra c’era la grande maggioranza della popolazione che era talmente povera che di carne ne mangiavano ben poca. E i nobili, per distinguersi socialmente dai loro contadini poveri, di carne ne mangiavano il più possibile. Per esempio il loro hobby era la caccia.
In compenso essi mangiavano pochi vegetali e, pur vivendo meglio e più a lungo, nemmeno loro godevano di uno stato di salute decente rispetto agli standard di oggi. Quando poi la rivoluzione industriale migliorò le condizioni economiche di strati sempre più vasti della popolazione, i nuovi ricchi imitarono lo stile di vita di chi benestante lo era stato prima di loro. Col tempo il benessere si è diffuso a tutta la popolazione e con esso l’abitudine a consumare troppa carne. Infine oggi stanno diventando benestanti anche i paesi emergenti, e anche lì, man mano che cresce il reddito, la gente si abitua a mangiare troppe proteine animali.
Ancora oggi è vivo il pregiudizio, anche in molti esperti di salute e alimentazione, che le proteine della carne siano la più importante fonte di nutrimento. Però se questo era in qualche modo vero quando la grande maggioranza della popolazione non mangiava abbastanza proteine (animali o vegetali che fossero), oggi grazie allo Studio Cina possiamo dire che la causa delle malattie del benessere è proprio l’eccesso di proteine animali.
Le prime ricerche
La ricerca basilare è stata fatta in India. Alcuni ricercatori avevano somministrato la stessa alta dose di aflatossina, un potente carcinogeno, a due gruppi di cavie di laboratorio. Poi il primo era stato alimentato con una dieta contenente il 20% di proteine animali (la caseina del latte), e il secondo con solo il 5%. Dopo un po’ di tempo tutti gli animali nutriti con il 20% di caseina si erano ammalati di cancro, mentre tutti gli altri erano in perfetta salute, nonostante l’aflatossina.
E’ stata la prima ricerca che contraddiceva la convinzione generale che le proteine animali fossero il cibo migliore. Da notare che la dose del 20% di proteine animali somministrata alle cavie è frequente nei paesi ricchi.
Spesso l’opinione pubblica è stata allarmata da ricerche riguardanti degli additivi alimentari potenzialmente carcinogeni, che però erano stati somministrati alle cavie di laboratorio in dosi talmente alte da essere irrealistiche. Un esempio è il nitrato di sodio usato come conservante della carne. Però per raggiungere una mortalità del 50% (non del 100%!) dovremmo mangiare per trent’anni 270.000 panini al giorno, ognuno dei quali imbottito con mezzo chilo di mortadella contenente questo conservante!
Tornando alle proteine, altri scienziati hanno voluto verificare i dati sconcertanti ottenuti dai ricercatori indiani, che però sono stati sempre confermati. Ma adesso, dopo le cavie di laboratorio, era necessario studiare sugli esseri umani gli effetti sulla salute di una dieta ad alto contenuto di proteine animali. E la ricerca scientifica più importante è stata fatta in Cina.
Lo Studio Cina
Poco dopo la fine del maoismo (anno 1976) ci fu il disgelo tra Cina e USA, a cui seguirono i primi contatti tra gli scienziati dei due paesi. E il primo grande progetto portato avanti congiuntamente fu proprio lo Studio Cina che iniziò nel 1983.
Nei paesi ricchi erano già state fatte diverse indagini sul rapporto alimentazione – salute. Però in questi paesi i consumi di proteine animali erano sempre molto alti. Era necessaria un’indagine che mettesse a confronto una più ampia varietà di abitudini alimentari, che comprendessero anche un apporto ridotto di questo nutriente. E la Cina era proprio il paese giusto; inoltre essa possedeva già i dati sulla diffusione di una cinquantina di patologie tra cui i 12 principali tipi di tumore, le cardiopatie e le principali malattie infettive.
Con questa indagine sono stati raccolti i dati sulla mortalità di 48 tipi di patologie, di 109 fattori nutrizionali contenuti nel sangue e 24 nelle urine, di 36 sostanze nutritive, pesticidi e metalli pesanti, di più di 36 apporti specifici di cibo nell’indagine presso le famiglie, di 60 fattori collegati a diversi stili di vita ottenuti dai questionari e 17 fattori geografici e climatici.
Sono stati studiati 6.500 soggetti attentamente selezionati e le loro famiglie; sono stati raccolti molti campioni biologici, che sono stati analizzati nei principali laboratori del mondo. Tra tutti i dati raccolti sono state individuate oltre 8.000 relazioni statistiche significative.
In America il 15 / 16% dell’apporto calorico totale proviene dalle proteine, l’81% delle quali sono di origine animale. Nella Cina rurale, invece, solo il 9 / 10% dell’apporto calorico proveniva dalle proteine, di cui solo il 10% erano di origine animale. In Cina il consumo di calorie era più alto che in America, mentre era più basso il consumo di cibi di origine animale e più alto quello delle fibre.
Dai controlli incrociati tra la diffusione delle malattie e i dati dell’indagine sono emersi due gruppi d patologie: quelle tipiche delle aree economicamente più sviluppate (vari tipi di cancro, diabete e cardiopatia coronarica) e quelle spesso riscontrate nelle aree rurali (polmonite, tubercolosi, malattie parassitarie, cardiopatie reumatiche, e molte altre). Malattie che sono state a volte definite “malattie del benessere” e “malattie della povertà”. Infine è emerso che uno dei fattori maggiormente in grado di prevedere le malattie del benessere è il livello del colesterolo nel sangue.
Il fegato produce del colesterolo per le sue necessità, e il resto lo introduciamo con il cibo. Però il colesterolo esogeno può provenire solo da prodotti di origine animale, perché i vegetali non ne contengono.
In Cina, e specialmente nelle sue regioni rurali, il livello del colesterolo è sempre molto più basso di quello riscontrato in America. E i livelli più bassi di colesterolo sono sempre correlati con livelli più bassi di cardiopatie, cancro e altre malattie occidentali. E questo è vero anche quando i livelli del colesterolo sono molto più bassi di quelli considerati “sani” nei paesi ricchi.
Inoltre la quantità del colesterolo nel sangue è correlata non solo alle malattie cardiache, ma anche al cancro al fegato, al retto, al colon, al polmone, al seno, alla leucemia, al tumore al cervello sia in età pediatrica che adulta, al tumore allo stomaco e all’esofago.
Nella Cina rurale l’apporto medio di proteine animali era solo di 7,1 gr al giorno, mentre in America arriva spesso alla quota esorbitante di 70 gr al giorno. Per questo in Cina tutte le malattie del benessere sono risultate molto meno diffuse. Per esempio il tasso di mortalità per cardiopatia coronarica era 17 volte più basso. Inoltre diverse ricerche scientifiche condotte sia su animali da laboratorio che su soggetti umani hanno dimostrato che il consumo di proteine animali causa l’aumento del colesterolo nel sangue, mentre i cibi vegetali lo fanno diminuire.
Infine da questa ampia ricerca è emerso anche il ruolo importante giocato dalle fibre e dagli antiossidanti, che sono presenti solo nei vegetali. Le fibre si trovano nella frutta, nella verdura e nei cereali integrali mentre gli antiossidanti, che neutralizzano i pericolosi radicali liberi, sono presenti nella frutta e nella verdura colorata.
Le malattie del benessere
I due autori del libro The China Study, il primo dei quali ha diretto lo Studio Cina insieme ai colleghi cinesi, sono americani. E quindi hanno sempre presente la situazione sanitaria del loro paese, che è davvero preoccupante. E questo nonostante che il costo pro capite della sanità in America sia di gran lunga il più alto del mondo (il triplo dell’Italia) e in continua crescita. Non solo: sono proprio i farmaci e gli ospedali la terza causa di morte dopo le cardiopatie e il cancro.
Il dato che riassume meglio la situazione è quello della speranza di vita media, che è più corta di quattro anni e mezzo rispetto ad altri paesi tra cui il Nostro.
Entrando più nel dettaglio in America c’è un’epidemia di obesità che salta agli occhi:
due terzi degli adulti americani sono in sovrappeso e un terzo obesi. Inoltre, dato ancora più preoccupante, l’obesità è in continuo aumento in tutte le classi di età comprese quelle più giovani: un giovane americano su tre di età compresa tra i 6 e i 16 anni è già sovrappeso o a rischio di diventarlo. Così come è già molto diffuso e in veloce crescita il diabete, di nuovo non solo tra gli adulti ma anche tra i giovani.
Anche il cancro al seno è su livelli che sono tra i più alti del mondo. E anche qui la causa, come dimostrano gli studi che sono andati ad aggiungersi negli anni allo Studio Cina, è sempre un eccesso di proteine animali e una carenza di cibi vegetali, naturali e integri.
Ma questo discorso dovrebbe essere ripetuto per tutte le altre malattie degenerative. Oltre all’obesità, al diabete e al cancro al seno, gli autori hanno dedicato appositi capitoli alle malattie cardiache, al cancro alla prostata, alle malattie autoimmuni tra le quali il diabete di tipo 1 e la sclerosi multipla, all’osteoporosi, ai calcoli renali, alla degenerazione maculare e alla salute degli occhi, all’ictus, alla demenza senile e al morbo di Alzheimer.
Per quanto riguarda l’osteoporosi, tutti dovrebbero sapere che latte e latticini non rafforzano le ossa come ci hanno sempre fatto credere, ma al contrario aumentano la perdita di calcio tramite le urine e sono quindi la principale causa delle diminuzione della sostanza ossea.
Tutte queste malattie possono essere prevenute e alcune di esse fatte regredire (cardiopatie, obesità, diabete e osteoporosi) semplicemente con la dieta.
Cambiare le proprie abitudini
Innanzi tutto i due autori hanno voluto fissare alcuni punti.
Consideriamo per esempio lo zucchero. E’ fondamentale per il nostro organismo. Tutti i carboidrati, prima di essere assimilati, vengono trasformati in zuccheri semplici. Però lo zucchero allo stato puro prodotto in uno zuccherificio è considerato dai dietologi quasi alla stregua di un veleno, mentre il miele che, oltre ad alcuni zuccheri, contiene almeno altre 500 sostanze chimiche, non solo non fa male alla salute ma è considerato un alimento – farmaco.
Ma questo discorso è generale. Le vitamine per esempio funzionano bene solo se sono accompagnate da tutte le altre sostanze chimiche di cui è fatta una mela, una banana o una ciliegia!
Lo Studio Cina e innumerevoli altre ricerche sul rapporto alimentazione – salute, hanno dimostrato in maniera convincente e definitiva che per prevenire tutte le malattie più gravi e diffuse bisogna diminuire il più possibile i cibi di origine animale e sostituirli con alimenti vegetali sani e integri, cucinati in maniera corretta e privi di sale e zuccheri aggiunti.
Questa nel campo della salute è una scoperta importante quanto quella dei vaccini e degli antibiotici. Ed è anche una ricetta semplice e facile da adottare, anche se richiede qualche cambiamento delle nostre abitudini.
Per spostare i consumi dai prodotti animali a quelli vegetali bisogna sostituire qualche piatto di carne, pesce e formaggio con ricette vegetariane o vegane a base per esempio di fagioli, piselli, lenticchie o soia. Bisogna quindi imparare a cucinare qualche piatto di legumi, ma si possono trovare facilmente nei supermercati dei prodotti di questo tipo precucinati. Poi bisogna sostituire pane e pasta con pane integrale e pasta integrale, che pure si trovano facilmente nei supermercati. Infatti anche le fibre sono importanti, come è stato dimostrato da molti studi. E nelle informazioni nutrizionali che accompagnano i prodotti confezionati le fibre e il sale aggiunto sono sempre indicati, mentre i prodotti senza zuccheri aggiunti vengono sempre segnalati con grande evidenza dal produttore.
Infine bisogna aumentare il consumo di frutta e verdura, senza dimenticare che i loro colori segnalano la presenza dei preziosi antiossidanti. Per esempio le verdure a foglia di colore verde scuro, come per esempio gli spinaci, contengono degli antiossidanti indispensabili per la salute degli occhi.
E’ tutto qui quello che bisogna sapere per prevenire le malattie più gravi e diffuse e per tenere lontani farmaci e ospedali.
La difficoltà principale è far conoscere a tutti, e specialmente a quelli che ne hanno più bisogno, questa importante scoperta scientifica.
Far conoscere a tutti la ricetta per la salute
Ma perché una scoperta così importante è ancora pressoché sconosciuta? Perché così pochi sanno che con la dieta si possono prevenire, e in diversi casi far regredire, tutte le malattie più gravi e diffuse?
Perché dietro la produzione del cibo ci sono dei pezzi importanti dell’economia, e quindi degli interessi consolidati che verrebbero toccati. Molte aziende dovrebbero cambiare i propri prodotti o diminuirne la produzione. Qualcuno perderebbe il proprio lavoro e sarebbe costretto a cercarsene un altro. Però la salute dovrebbe venire prima di tutto.
C’è già un precedente. Negli anni Sessanta alcune ricerche stavano dimostrando che a causare il cancro ai polmoni era prima di tutto il fumo delle sigarette. E anche qui c’erano degli interessi che venivano toccati. I produttori di tabacco e sigarette misero in discussione queste ricerche e fecero ogni possibile opposizione. Ma alla fine il buon senso e l’interesse generale prevalsero, perché furono i governi ad avvertire il pubblico dei danni del fumo.
Oggi abbiamo di fronte un problema di salute molto più grande e sono più grandi anche gli interessi economici in gioco. Ma dovrebbe sempre prevalere l’interesse generale.
Del resto, se è vero che dovremo mangiare meno proteine animali e cibi spazzatura, in compenso dovremo aumentare la quantità di frutta e verdura e nel complesso la spesa per il cibo rimarrebbe circa la stessa.
Inoltre, se è vero che dovremo diminuire la quantità dei prodotti animali, avremo però la possibilità di spendere di più per comprare carne di qualità migliore. In fin dei conti la ricerca non dice che dovremo eliminare del tutto i prodotti animali, ma diminuirli almeno fino al 5 / 6% del loro contenuto calorico. Siamo davvero onnivori, perché da due milioni di anni mangiamo carne con una certa continuità, seppure in misura ridotta rispetto ai vegetali.
Dal punto di vista della salute pubblica altri paesi sono messi peggio dell’Italia, a partire proprio dagli Stati Uniti. Lì la tradizione degli allevamenti di bovini è molto radicata, così come sono forti gli interessi che spingono ad aumentare ancora di più il consumo, già molto alto, dei relativi prodotti. Inoltre le associazioni dei produttori di carne, latte e formaggi dispongono di grandi risorse economiche con le quali finanziano le università e la ricerca per orientarla verso i loro interessi. Per questo al pubblico arriva un’informazione distorta.
Contribuiscono a disinformare il pubblico anche le diete alla moda low carb, sicuramente sostenute anche da questi stessi interessi economici. Infatti se dovessimo mangiare meno carboidrati “ingrassanti”, dovremmo per forza aumentare il consumo dei prodotti animali.
Però il risultato di tutta questa disinformazione è una combinazione devastante di spesa sanitaria altissima e di una aspettativa di vita 3 o 4 anni più breve degli altri paesi più sviluppati. Che a loro volta potrebbero ancora migliorare moltissimo. Infatti grazie a quello che la scienza ha scoperto finora, i bambini di oggi potrebbero vivere in media almeno fino a 90 anni.
Infine la ricetta dello Studio Cina non fa bene solo alla salute, ma anche all’ambiente.
Infatti per produrre carne latte e latticini bisogna esercitare un impatto ambientale da cinque a dieci volte superiore rispetto ai vegetali. Ma anche la pesca sta esercitando una pressione insostenibile sugli ecosistemi marini. Se dessimo retta agli scienziati, di quanto si ridurrebbe l’impatto ambientale dell’agricoltura (per produrre i mangimi), dell’allevamento e della pesca?
Questo non è l’unico caso in cui l’opinione pubblica è stata ingannata da grandi campagne mediatiche su questioni della massima importanza.
Prima di tutto la convinzione ideologica che la società moderna, definita “capitalista”, sia la causa della povertà e delle ingiustizie sociali. Quando invece storicamente è vero l’esatto contrario. Vedi per esempio la Presentazione dell’analisi generale del tema ambiente e sviluppo sviluppata da questo sito.
Poi le accuse all’energia nucleare, che invece è la fonte di energia ideale da ogni punto di vista (vedi l’articolo Energia nucleare pulita e sicura). E poi ancora l’assurda convinzione che le “energie alternative” possano davvero sostituire le centrali elettriche e i combustibili fossili! (vedi l’articolo La costosa follia delle energie alternative). E si potrebbero fare ancora altri esempi.
Tutte queste convinzioni sbagliate su questioni della massima importanza sono un grosso problema con cui i paesi occidentali prima o poi dovranno fare i conti.
Ma adesso cosa possiamo fare per far prevalere l’interesse generale su un tema che riguarda la salute di tutti?
Possiamo usare gli strumenti della democrazia. Alla fin dei conti non abbiamo bisogno di un certificato del Governo per sostituire la bistecca con uno stufato di fagioli. Così come non abbiamo bisogno di permessi per far conoscere ad amici e parenti l’importanza dell’alimentazione per la salute. E forse alla fine la verità e l’interesse generale finiranno col prevalere.
Non si tratta però di un nuovo farmaco miracoloso, ma di una semplice ricetta in grado di prevenire tutte le malattie più gravi e diffuse e in qualche caso di farle regredire.
Sono le malattie degenerative altrimenti conosciute come “malattie del benessere”: cardiopatie, cancro, ictus, obesità, diabete, malattie autoimmuni, osteoporosi, calcoli renali, cecità e altro ancora. La ricetta è: ridurre al minimo il consumo delle proteine animali e aumentare quello dei prodotti vegetali, che devono essere naturali, sani e integri.
Le ricerche scientifiche che stanno dietro a questa scoperta sono descritte nel libro “The China Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell II, nell’edizione aggiornata e ampliata pubblicata in Italia dal Gruppo Editoriale MACRO, al quale si rimanda per un’informazione più completa.
Il titolo si riferisce alla ricerca più ampia che mai sia stata fatta su questo argomento.
Non c’è però solo lo Studio Cina. Tantissime altre ricerche, segnalate in un’ampia bibliografia, sono giunte alla stessa conclusione. Da esse emerge il ruolo centrale dell’alimentazione nel determinare la nostra salute.
La dieta ideale sulla base dei nostri adattamenti alimentari.
Un modo per affrontare il problema degli effetti dell’alimentazione sulla salute, è ricostruire le tappe della nostra evoluzione biologica e il nostro adattamento avvenuto nel corso di milioni di anni verso i cibi che consumiamo.
Tutti sappiamo che ci sono gli erbivori e i carnivori e che in natura ogni specie animale si nutre di certi particolari alimenti e non di altri. Cibi di ogni tipo, sia di origine animale che vegetale, ai quali le specie si sono biologicamente adattate nel corso della loro evoluzione.
Anche noi Homo sapiens siamo una specie animale che, come ogni altra, si è formata attraverso un particolare percorso evolutivo che gli studiosi di antropologia hanno in gran parte ricostruito. Dunque, quali sono gli ambienti in cui i nostri antenati sono vissuti nelle epoche passate e i cibi, presenti in questi stessi ambienti, ai quali ci siamo adattati?
Alla base di tutto il discorso c’è il principio secondo il quale l’adattamento a un particolare alimento più è antico, più è profondo. Nel corso di milioni di anni il nostro organismo ha imparato ha sfruttarne sempre meglio le caratteristiche biochimiche. E questo significa che più un adattamento è antico, maggiori sono i vantaggi che ne ricaviamo e minori sono gli inconvenienti o i danni di qualsiasi tipo.
Sicuramente i cibi ai quali siamo meglio adattati sono quelli vegetali. Infatti i nostri lontani progenitori vissuti decine di milioni di anni fa erano scimmie frugivore che vivevano sugli alberi e si nutrivano di frutti, bacche, noci, germogli ecc. Tutti cibi che non abbiamo mai abbandonato.
Questo quindi è il nostro adattamento alimentare più antico e profondo. Poi 6 / 8 milioni di anni fa abbiamo attraversato una fase in cui ci siamo parzialmente adattati alla vita acquatica, nella quale abbiamo acquisito tutte quelle caratteristiche anatomiche che ci differenziano dalle scimmie (la stazione eretta, la perdita della pelliccia ecc.).
In questo nuovo ambiente costituito dalle spiagge marine, abbiamo aggiunto alla dieta i frutti di mare, alcuni pesci, le uova degli uccelli e la carne di alcuni mammiferi. Tutti alimenti che possiamo mangiare crudi perché ci siamo abituati ad essi prima della scoperta e dell’uso del fuoco per cuocere i cibi (vedi la descrizione della “teoria acquatica” nell’articolo “Perché gli esseri umani sono diversi”).
Dopo di allora siamo vissuti nelle praterie aperte, ma senza mai abbandonare del tutto gli ambienti ai quali ci eravamo adattati in precedenza, cioè i boschi, i corsi d’acqua e le spiagge marine.
Infine, grazie al controllo progressivo del fuoco, a partire da due milioni di anni fa la nostra dieta si è arricchita di tutti quei cibi, animali e vegetali, che possiamo mangiare solo dopo averli cotti. In particolare le radici e i tuberi che necessitano di un bastone da scavo e gli animali che richiedono elaborate tecniche di caccia e di pesca.
In realtà non c’è la prova archeologica di focolari vecchi di due milioni di anni; ma gli studiosi di preistoria sono convinti che in quell’epoca deve essere avvenuto un cambiamento importante nell’alimentazione. Infatti l’architettura del cranio è cambiata. I denti sono diventati più piccoli e le mascelle meno robuste e sporgenti, tanto che la faccia si è appiattita. Inoltre da allora anche il volume della scatola cranica (e del cervello) è quasi triplicato. E questa secondo gli studiosi è la prova che avevamo imparato a mangiare dei cibi più teneri e nutrienti, cioè cotti. E la cottura dei cibi avveniva per arrostimento e a stufato.
Ma come facevano i nostri antenati preistorici a preparare uno stufato di fagioli? Avvolgevano i legumi raccolti freschi più qualche pianta aromatica, dopo averli spruzzati con un po’ d’acqua, in un involtino di foglie legato con del filo. Poi legavano l’involtino ad un bastoncino che piantavano in terra in modo che stesse alla giusta distanza dal fuoco. E dopo un po’ la cena era pronta!
Il latte e i latticini, invece, sono stati introdotti nella dieta in tempi molto più recenti, circa 10.000 anni fa, cioè quando è iniziato l’allevamento degli animali, che precede di poco l’agricoltura. L’adattamento verso di essi, quindi, è recente, limitato e incompleto, nonostante che per molti aspetti il latte possa sembrare l’alimento ideale. Lo è ovviamente per i lattanti, ma non necessariamente per gli adulti. Non è un caso che tuttora molte persone non siano in grado di digerire il latte.
Utile è anche il confronto con la dieta delle ultime popolazioni di cacciatori – raccoglitori, cioè delle ultime popolazioni che vivevano di un’economia pre agricola. Presso di essi i cibi di origine vegetale erano largamente prevalenti ed erano consumati con continuità, tutti i giorni, mentre la carne dipendeva dalle fortune della caccia, ed il suo consumo era limitato e discontinuo.
Quindi, sulla base dei dati riguardanti la nostra evoluzione biologica, la dieta ideale dovrebbe comprendere una larga prevalenza di alimenti vegetali, più una certa quantità di cibi di origine animale. Tutti dovrebbero essere naturali e integri, cioè non contaminati da sostanze estranee e non deprivati dei loro principi nutritivi.
Questo significa che i cibi troppo elaborati o processati, e anche quelli cotti in modi non compatibili con quelli della preistoria, non possono essere considerati “naturali”.
Presso gli ultimi cacciatori – raccoglitori dell’Africa, la culla della nostra specie, il fabbisogno calorico era soddisfatto principalmente dalle noci arrostite, che noi abbiamo sostituito con il pane e la pasta. Poi c’era una grande varietà di alimenti vegetali, anch’essi raccolti dalle donne, che corrispondono alla nostra frutta e verdura che pure venivano consumati con continuità, tutti i giorni. Infine gli uomini, con la caccia, procuravano il cibo di origine animale.
Per questo la carne non veniva consumata ogni giorno, perché dipendeva dalle fortune della caccia. E dovevano esserci nel corso dell’anno dei periodi in cui la carne era abbondante, intervallati a periodi, o a intere stagioni, in cui la carne quasi scompariva dalla dieta.
Infine, mentre per le scimmie i pasti sono sempre individuali e senza orario, con il fuoco sono diventati collettivi e vengono consumati ad ore fisse. Questo perché la preparazione del focolare e la cottura del cibo richiedono tempo e c’era un unico focolare per tutta la famiglia.
Quindi la nostra dieta dovrebbe prevedere frutta abbondante consumata a qualsiasi ora del giorno, e pasti ad ore fisse nei quali l’apporto calorico principale dovrebbe essere costituito dal pane, dalla pasta o dal riso integrali (che sostituiscono le noci arrostite). Mentre la carne dovrebbe essere consumata qualche giorno sì e qualche giorno no. E se volessimo avvicinarci ancora di più alla “paleo dieta” della preistoria, potremmo provare a sostituire i cereali con le noci arrostite.
Arrostire le noci richiede solo pochi minuti. Il guscio diventa fragile e si rompe facilmente con la punta delle dita. Non tutti se le potrebbero permettere ma molti sì, e questa potrebbe costituire un’alternativa per gli allevatori nel momento in cui diminuisse la domanda di carne.
Il confronto con i risultati dello Studio Cina.
Tutto quello che sappiamo sulla nostra evoluzione biologica conferma l’importanza dei cibi vegetali freschi, naturali e integri. La nostra storia evolutiva è anche in grado di darci delle indicazioni di massima sulle proporzioni degli alimenti, animali o vegetali, che dobbiamo assumere. Però non è in grado di fare delle stime precise e di prevedere le conseguenze per la salute di un regime alimentare divergente da questo standard.
Questo importante risultato è stato invece ottenuto dallo Studio Cina, che ha dimostrato che i rischi per la salute sono limitati finché il consumo di proteine animali non supera il fabbisogno del nostro organismo (per un adulto circa il 5 / 6 % del suo contenuto calorico). Inoltre questa ricerca ha quantificato i rischi in funzione delle quantità di alimenti di origine animale presenti nella dieta. In pratica, e specialmente se superiamo questo limite, maggiore è il consumo di proteine animali maggiori sono i rischi per la salute.
Un altro risultato dello Studio è l’avere chiarito che i cibi di origine vegetale sono in grado di coprire tutte le nostre esigenze nutrizionali (con la sola esclusione della vitamina B12), e che una dieta interamente vegetariana, anzi vegana, è priva di rischi. In altre parole i vegetali sono in grado di fornire tutti, o quasi tutti, i nutrienti di cui abbiamo bisogno, cioè i carboidrati, le proteine, i grassi, le vitamine, i sali minerali, le fibre e gli anti ossidanti.
Al contrario negli alimenti di origine animale sono presenti solo alcuni di questi principi nutritivi. Essenzialmente le proteine, i grassi e alcuni sali minerali e vitamine. Queste ultime, però si trovano in misura molto maggiore nei vegetali. Tutti gli altri nutrienti sono presenti solo nelle piante. In particolare quasi tutte le fibre e gli antiossidanti, anch’essi molto importanti per la salute.
Infine per quanto riguarda le proteine, lo Studio e numerose altre ricerche hanno dimostrato che quelle vegetali, a differenza di quelle animali, non comportano rischi per la salute nemmeno se vengono assunte in quantità superiore al fabbisogno. D’altra parte la ricerca ha anche dimostrato che non tutte le proteine animali sono uguali. Infatti molti studi hanno trovato un collegamento tra il consumo di latte e latticini e il diabete di tipo1, il cancro alla prostata e l’osteoporosi.
Queste conclusioni rovesciano le nostre radicate convinzioni che le proteine animali siano l’alimento ideale o quello più importante. Fin dall’Ottocento tutti ne erano convinti, a partire dagli stessi scienziati. In effetti una volta chi mangiava più carne, latte e latticini viveva più a lungo.
Nelle società che precedono quella moderna c’erano da una parte i nobili che avevano tutto il potere e tutta la ricchezza; dall’altra c’era la grande maggioranza della popolazione che era talmente povera che di carne ne mangiavano ben poca. E i nobili, per distinguersi socialmente dai loro contadini poveri, di carne ne mangiavano il più possibile. Per esempio il loro hobby era la caccia.
In compenso essi mangiavano pochi vegetali e, pur vivendo meglio e più a lungo, nemmeno loro godevano di uno stato di salute decente rispetto agli standard di oggi. Quando poi la rivoluzione industriale migliorò le condizioni economiche di strati sempre più vasti della popolazione, i nuovi ricchi imitarono lo stile di vita di chi benestante lo era stato prima di loro. Col tempo il benessere si è diffuso a tutta la popolazione e con esso l’abitudine a consumare troppa carne. Infine oggi stanno diventando benestanti anche i paesi emergenti, e anche lì, man mano che cresce il reddito, la gente si abitua a mangiare troppe proteine animali.
Ancora oggi è vivo il pregiudizio, anche in molti esperti di salute e alimentazione, che le proteine della carne siano la più importante fonte di nutrimento. Però se questo era in qualche modo vero quando la grande maggioranza della popolazione non mangiava abbastanza proteine (animali o vegetali che fossero), oggi grazie allo Studio Cina possiamo dire che la causa delle malattie del benessere è proprio l’eccesso di proteine animali.
Le prime ricerche
La ricerca basilare è stata fatta in India. Alcuni ricercatori avevano somministrato la stessa alta dose di aflatossina, un potente carcinogeno, a due gruppi di cavie di laboratorio. Poi il primo era stato alimentato con una dieta contenente il 20% di proteine animali (la caseina del latte), e il secondo con solo il 5%. Dopo un po’ di tempo tutti gli animali nutriti con il 20% di caseina si erano ammalati di cancro, mentre tutti gli altri erano in perfetta salute, nonostante l’aflatossina.
E’ stata la prima ricerca che contraddiceva la convinzione generale che le proteine animali fossero il cibo migliore. Da notare che la dose del 20% di proteine animali somministrata alle cavie è frequente nei paesi ricchi.
Spesso l’opinione pubblica è stata allarmata da ricerche riguardanti degli additivi alimentari potenzialmente carcinogeni, che però erano stati somministrati alle cavie di laboratorio in dosi talmente alte da essere irrealistiche. Un esempio è il nitrato di sodio usato come conservante della carne. Però per raggiungere una mortalità del 50% (non del 100%!) dovremmo mangiare per trent’anni 270.000 panini al giorno, ognuno dei quali imbottito con mezzo chilo di mortadella contenente questo conservante!
Tornando alle proteine, altri scienziati hanno voluto verificare i dati sconcertanti ottenuti dai ricercatori indiani, che però sono stati sempre confermati. Ma adesso, dopo le cavie di laboratorio, era necessario studiare sugli esseri umani gli effetti sulla salute di una dieta ad alto contenuto di proteine animali. E la ricerca scientifica più importante è stata fatta in Cina.
Lo Studio Cina
Poco dopo la fine del maoismo (anno 1976) ci fu il disgelo tra Cina e USA, a cui seguirono i primi contatti tra gli scienziati dei due paesi. E il primo grande progetto portato avanti congiuntamente fu proprio lo Studio Cina che iniziò nel 1983.
Nei paesi ricchi erano già state fatte diverse indagini sul rapporto alimentazione – salute. Però in questi paesi i consumi di proteine animali erano sempre molto alti. Era necessaria un’indagine che mettesse a confronto una più ampia varietà di abitudini alimentari, che comprendessero anche un apporto ridotto di questo nutriente. E la Cina era proprio il paese giusto; inoltre essa possedeva già i dati sulla diffusione di una cinquantina di patologie tra cui i 12 principali tipi di tumore, le cardiopatie e le principali malattie infettive.
Con questa indagine sono stati raccolti i dati sulla mortalità di 48 tipi di patologie, di 109 fattori nutrizionali contenuti nel sangue e 24 nelle urine, di 36 sostanze nutritive, pesticidi e metalli pesanti, di più di 36 apporti specifici di cibo nell’indagine presso le famiglie, di 60 fattori collegati a diversi stili di vita ottenuti dai questionari e 17 fattori geografici e climatici.
Sono stati studiati 6.500 soggetti attentamente selezionati e le loro famiglie; sono stati raccolti molti campioni biologici, che sono stati analizzati nei principali laboratori del mondo. Tra tutti i dati raccolti sono state individuate oltre 8.000 relazioni statistiche significative.
In America il 15 / 16% dell’apporto calorico totale proviene dalle proteine, l’81% delle quali sono di origine animale. Nella Cina rurale, invece, solo il 9 / 10% dell’apporto calorico proveniva dalle proteine, di cui solo il 10% erano di origine animale. In Cina il consumo di calorie era più alto che in America, mentre era più basso il consumo di cibi di origine animale e più alto quello delle fibre.
Dai controlli incrociati tra la diffusione delle malattie e i dati dell’indagine sono emersi due gruppi d patologie: quelle tipiche delle aree economicamente più sviluppate (vari tipi di cancro, diabete e cardiopatia coronarica) e quelle spesso riscontrate nelle aree rurali (polmonite, tubercolosi, malattie parassitarie, cardiopatie reumatiche, e molte altre). Malattie che sono state a volte definite “malattie del benessere” e “malattie della povertà”. Infine è emerso che uno dei fattori maggiormente in grado di prevedere le malattie del benessere è il livello del colesterolo nel sangue.
Il fegato produce del colesterolo per le sue necessità, e il resto lo introduciamo con il cibo. Però il colesterolo esogeno può provenire solo da prodotti di origine animale, perché i vegetali non ne contengono.
In Cina, e specialmente nelle sue regioni rurali, il livello del colesterolo è sempre molto più basso di quello riscontrato in America. E i livelli più bassi di colesterolo sono sempre correlati con livelli più bassi di cardiopatie, cancro e altre malattie occidentali. E questo è vero anche quando i livelli del colesterolo sono molto più bassi di quelli considerati “sani” nei paesi ricchi.
Inoltre la quantità del colesterolo nel sangue è correlata non solo alle malattie cardiache, ma anche al cancro al fegato, al retto, al colon, al polmone, al seno, alla leucemia, al tumore al cervello sia in età pediatrica che adulta, al tumore allo stomaco e all’esofago.
Nella Cina rurale l’apporto medio di proteine animali era solo di 7,1 gr al giorno, mentre in America arriva spesso alla quota esorbitante di 70 gr al giorno. Per questo in Cina tutte le malattie del benessere sono risultate molto meno diffuse. Per esempio il tasso di mortalità per cardiopatia coronarica era 17 volte più basso. Inoltre diverse ricerche scientifiche condotte sia su animali da laboratorio che su soggetti umani hanno dimostrato che il consumo di proteine animali causa l’aumento del colesterolo nel sangue, mentre i cibi vegetali lo fanno diminuire.
Infine da questa ampia ricerca è emerso anche il ruolo importante giocato dalle fibre e dagli antiossidanti, che sono presenti solo nei vegetali. Le fibre si trovano nella frutta, nella verdura e nei cereali integrali mentre gli antiossidanti, che neutralizzano i pericolosi radicali liberi, sono presenti nella frutta e nella verdura colorata.
Le malattie del benessere
I due autori del libro The China Study, il primo dei quali ha diretto lo Studio Cina insieme ai colleghi cinesi, sono americani. E quindi hanno sempre presente la situazione sanitaria del loro paese, che è davvero preoccupante. E questo nonostante che il costo pro capite della sanità in America sia di gran lunga il più alto del mondo (il triplo dell’Italia) e in continua crescita. Non solo: sono proprio i farmaci e gli ospedali la terza causa di morte dopo le cardiopatie e il cancro.
Il dato che riassume meglio la situazione è quello della speranza di vita media, che è più corta di quattro anni e mezzo rispetto ad altri paesi tra cui il Nostro.
Entrando più nel dettaglio in America c’è un’epidemia di obesità che salta agli occhi:
due terzi degli adulti americani sono in sovrappeso e un terzo obesi. Inoltre, dato ancora più preoccupante, l’obesità è in continuo aumento in tutte le classi di età comprese quelle più giovani: un giovane americano su tre di età compresa tra i 6 e i 16 anni è già sovrappeso o a rischio di diventarlo. Così come è già molto diffuso e in veloce crescita il diabete, di nuovo non solo tra gli adulti ma anche tra i giovani.
Anche il cancro al seno è su livelli che sono tra i più alti del mondo. E anche qui la causa, come dimostrano gli studi che sono andati ad aggiungersi negli anni allo Studio Cina, è sempre un eccesso di proteine animali e una carenza di cibi vegetali, naturali e integri.
Ma questo discorso dovrebbe essere ripetuto per tutte le altre malattie degenerative. Oltre all’obesità, al diabete e al cancro al seno, gli autori hanno dedicato appositi capitoli alle malattie cardiache, al cancro alla prostata, alle malattie autoimmuni tra le quali il diabete di tipo 1 e la sclerosi multipla, all’osteoporosi, ai calcoli renali, alla degenerazione maculare e alla salute degli occhi, all’ictus, alla demenza senile e al morbo di Alzheimer.
Per quanto riguarda l’osteoporosi, tutti dovrebbero sapere che latte e latticini non rafforzano le ossa come ci hanno sempre fatto credere, ma al contrario aumentano la perdita di calcio tramite le urine e sono quindi la principale causa delle diminuzione della sostanza ossea.
Tutte queste malattie possono essere prevenute e alcune di esse fatte regredire (cardiopatie, obesità, diabete e osteoporosi) semplicemente con la dieta.
Cambiare le proprie abitudini
Innanzi tutto i due autori hanno voluto fissare alcuni punti.
- L’alimentazione rappresenta le attività combinate di numerosissime sostanze nutritive. L’intero è più grande della somma delle sue parti.
- Gli integratori vitaminici non sono una panacea per la salute.
- Nei cibi di origine animale non c’è praticamente sostanza nutritiva che non sia più abbondante nelle piante.
- Di per sé i geni non determinano la malattia: funzionano solo se vengono attivati o espressi, e la nutrizione riveste un ruolo decisivo nel determinare quali geni, buoni o cattivi, debbano essere espressi.
- L’alimentazione può controllare in modo sostanziale gli effetti avversi delle sostanze chimiche nocive.
- La stessa alimentazione che previene la malattia negli stadi iniziali (prima della diagnosi) può anche arrestarla o farla regredire negli stadi successivi (dopo la diagnosi).
- Un’alimentazione che sia davvero benefica per una particolare malattia cronica sarà di vantaggio alla salute su tutta la linea.
- Una buona alimentazione crea salute in tutti gli ambiti della nostra esistenza. Tutte le parti sono interconnesse.
Consideriamo per esempio lo zucchero. E’ fondamentale per il nostro organismo. Tutti i carboidrati, prima di essere assimilati, vengono trasformati in zuccheri semplici. Però lo zucchero allo stato puro prodotto in uno zuccherificio è considerato dai dietologi quasi alla stregua di un veleno, mentre il miele che, oltre ad alcuni zuccheri, contiene almeno altre 500 sostanze chimiche, non solo non fa male alla salute ma è considerato un alimento – farmaco.
Ma questo discorso è generale. Le vitamine per esempio funzionano bene solo se sono accompagnate da tutte le altre sostanze chimiche di cui è fatta una mela, una banana o una ciliegia!
Lo Studio Cina e innumerevoli altre ricerche sul rapporto alimentazione – salute, hanno dimostrato in maniera convincente e definitiva che per prevenire tutte le malattie più gravi e diffuse bisogna diminuire il più possibile i cibi di origine animale e sostituirli con alimenti vegetali sani e integri, cucinati in maniera corretta e privi di sale e zuccheri aggiunti.
Questa nel campo della salute è una scoperta importante quanto quella dei vaccini e degli antibiotici. Ed è anche una ricetta semplice e facile da adottare, anche se richiede qualche cambiamento delle nostre abitudini.
Per spostare i consumi dai prodotti animali a quelli vegetali bisogna sostituire qualche piatto di carne, pesce e formaggio con ricette vegetariane o vegane a base per esempio di fagioli, piselli, lenticchie o soia. Bisogna quindi imparare a cucinare qualche piatto di legumi, ma si possono trovare facilmente nei supermercati dei prodotti di questo tipo precucinati. Poi bisogna sostituire pane e pasta con pane integrale e pasta integrale, che pure si trovano facilmente nei supermercati. Infatti anche le fibre sono importanti, come è stato dimostrato da molti studi. E nelle informazioni nutrizionali che accompagnano i prodotti confezionati le fibre e il sale aggiunto sono sempre indicati, mentre i prodotti senza zuccheri aggiunti vengono sempre segnalati con grande evidenza dal produttore.
Infine bisogna aumentare il consumo di frutta e verdura, senza dimenticare che i loro colori segnalano la presenza dei preziosi antiossidanti. Per esempio le verdure a foglia di colore verde scuro, come per esempio gli spinaci, contengono degli antiossidanti indispensabili per la salute degli occhi.
E’ tutto qui quello che bisogna sapere per prevenire le malattie più gravi e diffuse e per tenere lontani farmaci e ospedali.
La difficoltà principale è far conoscere a tutti, e specialmente a quelli che ne hanno più bisogno, questa importante scoperta scientifica.
Far conoscere a tutti la ricetta per la salute
Ma perché una scoperta così importante è ancora pressoché sconosciuta? Perché così pochi sanno che con la dieta si possono prevenire, e in diversi casi far regredire, tutte le malattie più gravi e diffuse?
Perché dietro la produzione del cibo ci sono dei pezzi importanti dell’economia, e quindi degli interessi consolidati che verrebbero toccati. Molte aziende dovrebbero cambiare i propri prodotti o diminuirne la produzione. Qualcuno perderebbe il proprio lavoro e sarebbe costretto a cercarsene un altro. Però la salute dovrebbe venire prima di tutto.
C’è già un precedente. Negli anni Sessanta alcune ricerche stavano dimostrando che a causare il cancro ai polmoni era prima di tutto il fumo delle sigarette. E anche qui c’erano degli interessi che venivano toccati. I produttori di tabacco e sigarette misero in discussione queste ricerche e fecero ogni possibile opposizione. Ma alla fine il buon senso e l’interesse generale prevalsero, perché furono i governi ad avvertire il pubblico dei danni del fumo.
Oggi abbiamo di fronte un problema di salute molto più grande e sono più grandi anche gli interessi economici in gioco. Ma dovrebbe sempre prevalere l’interesse generale.
Del resto, se è vero che dovremo mangiare meno proteine animali e cibi spazzatura, in compenso dovremo aumentare la quantità di frutta e verdura e nel complesso la spesa per il cibo rimarrebbe circa la stessa.
Inoltre, se è vero che dovremo diminuire la quantità dei prodotti animali, avremo però la possibilità di spendere di più per comprare carne di qualità migliore. In fin dei conti la ricerca non dice che dovremo eliminare del tutto i prodotti animali, ma diminuirli almeno fino al 5 / 6% del loro contenuto calorico. Siamo davvero onnivori, perché da due milioni di anni mangiamo carne con una certa continuità, seppure in misura ridotta rispetto ai vegetali.
Dal punto di vista della salute pubblica altri paesi sono messi peggio dell’Italia, a partire proprio dagli Stati Uniti. Lì la tradizione degli allevamenti di bovini è molto radicata, così come sono forti gli interessi che spingono ad aumentare ancora di più il consumo, già molto alto, dei relativi prodotti. Inoltre le associazioni dei produttori di carne, latte e formaggi dispongono di grandi risorse economiche con le quali finanziano le università e la ricerca per orientarla verso i loro interessi. Per questo al pubblico arriva un’informazione distorta.
Contribuiscono a disinformare il pubblico anche le diete alla moda low carb, sicuramente sostenute anche da questi stessi interessi economici. Infatti se dovessimo mangiare meno carboidrati “ingrassanti”, dovremmo per forza aumentare il consumo dei prodotti animali.
Però il risultato di tutta questa disinformazione è una combinazione devastante di spesa sanitaria altissima e di una aspettativa di vita 3 o 4 anni più breve degli altri paesi più sviluppati. Che a loro volta potrebbero ancora migliorare moltissimo. Infatti grazie a quello che la scienza ha scoperto finora, i bambini di oggi potrebbero vivere in media almeno fino a 90 anni.
Infine la ricetta dello Studio Cina non fa bene solo alla salute, ma anche all’ambiente.
Infatti per produrre carne latte e latticini bisogna esercitare un impatto ambientale da cinque a dieci volte superiore rispetto ai vegetali. Ma anche la pesca sta esercitando una pressione insostenibile sugli ecosistemi marini. Se dessimo retta agli scienziati, di quanto si ridurrebbe l’impatto ambientale dell’agricoltura (per produrre i mangimi), dell’allevamento e della pesca?
Questo non è l’unico caso in cui l’opinione pubblica è stata ingannata da grandi campagne mediatiche su questioni della massima importanza.
Prima di tutto la convinzione ideologica che la società moderna, definita “capitalista”, sia la causa della povertà e delle ingiustizie sociali. Quando invece storicamente è vero l’esatto contrario. Vedi per esempio la Presentazione dell’analisi generale del tema ambiente e sviluppo sviluppata da questo sito.
Poi le accuse all’energia nucleare, che invece è la fonte di energia ideale da ogni punto di vista (vedi l’articolo Energia nucleare pulita e sicura). E poi ancora l’assurda convinzione che le “energie alternative” possano davvero sostituire le centrali elettriche e i combustibili fossili! (vedi l’articolo La costosa follia delle energie alternative). E si potrebbero fare ancora altri esempi.
Tutte queste convinzioni sbagliate su questioni della massima importanza sono un grosso problema con cui i paesi occidentali prima o poi dovranno fare i conti.
Ma adesso cosa possiamo fare per far prevalere l’interesse generale su un tema che riguarda la salute di tutti?
Possiamo usare gli strumenti della democrazia. Alla fin dei conti non abbiamo bisogno di un certificato del Governo per sostituire la bistecca con uno stufato di fagioli. Così come non abbiamo bisogno di permessi per far conoscere ad amici e parenti l’importanza dell’alimentazione per la salute. E forse alla fine la verità e l’interesse generale finiranno col prevalere.