Piante geneticamente modificate
E' scoraggiante dover andare sempre controcorrente solo per sostenere le ragioni del più elementare buon senso.Ma come si può accettare il completo rovesciamento della realtà dei fatti?
Con le tecniche di ricombinazione genetica gli alimenti sono più sicuri, e nello stesso tempo si possono tenere sotto controllo i parassiti senza far uso di pesticidi. Inoltre, attraverso i miglioramenti qualitativi e della produttività, se ne possono ricavare grandi benefici economici. E anche l'ipotizzata dipendenza dalle grosse multinazionali è un falso problema: solo se non sapremo valorizzare le nostre varietà tipiche finiremo col dipendere dai brevetti stranieri.
Di fronte alle grandi opportunità offerte dalle nuove tecnologie, l'atteggiamento giusto dovrebbe essere quello dell'entusiasmo: finalmente anche l'agricoltura può svilupparsi oltre i suoi limiti attuali, riducendo nel contempo la pressione sull'ambiente, mentre nei paesi più poveri le piante gm daranno un contributo fondamentale per sconfiggere la povertà. Già oggi diversi paesi del Terzo mondo ne stanno traendo grandi vantaggi. Eppure in Italia molti ecologisti, la quasi totalità della stampa, e anche ambienti politici sia di destra che di sinistra, hanno verso le piante geneticamente modificate un atteggiamento di totale chiusura.
Non è la prima volta che gli ambientalisti contrari all'economia di mercato e allo sviluppo calpestano il buon senso, negano la realtà dei fatti e creano allarme nell'opinione pubblica per costringere i politici a prendere provvedimenti penalizzanti per l'economia. E' già avvenuto diverse volte, e non desta più meraviglia.
Ma in Italia a dar loro manforte sono intervenute alcune associazioni di agricoltori, e anche i Ministri delle politiche agricole. Il motivo? Proteggere l'agricoltura biologica e il made in Italy nel settore alimentare. Ma con questa politica miope si otterranno risultati esattamente contrari a quelli che ci si propone.
Utilità e vantaggi delle piante gm.
Si sente parlare spesso di piante geneticamente modificate. E c'è grande diversità di opinioni tra chi ne sottolinea i molti vantaggi, e chi invece sostiene che comportano rischi inaccettabili per la salute, per la biodiversità, per l'ambiente, e persino per l'economia.
Chi ha ragione? Davvero le piante gm sono innaturali e pericolose?
A dire la verità, a essere poco naturali sono per prime le normali piante coltivate. Esse infatti sono sempre il risultato di incroci e selezioni, e di solito assomigliano ben poco alle piante selvatiche da cui sono derivate. Per esempio le mele in origine erano grandi come le ciliegie, le pannocchie di mais erano più piccole delle attuali spighe di grano, e queste ultime, qualche migliaio di anni fa, erano composte di soli tre chicchi.
Ma anche l'agricoltura in quanto tale è poco naturale: far crescere una sola pianta dove prima viveva una pluralità di specie animali e vegetali, è quasi contro natura (però è necessario per produrre gli alimenti di cui abbiamo bisogno). Inoltre coltivare una pianta significa sovra esporla agli attacchi dei parassiti, dagli insetti ai virus, che hanno la capacità di evolversi e di adattarsi velocemente. Mentre il DNA delle piante coltivate rimane immutato. Adesso per continuare a coltivarle dobbiamo aumentare sempre di più la dose di pesticidi, ma prima o poi i parassiti prenderanno il sopravvento. In realtà sono già decine le piante che abbiamo abbandonato o che stiamo abbandonando perché richiedono un numero sempre più grande di trattamenti. Non possiamo conservare le nostre pregiate varietà ortofrutticole così come sono: se non faremo nulla alla fine sono destinate a scomparire.
Non fa eccezione la cosiddetta "agricoltura biologica". Le piante che possono essere coltivate senza veleni chimici sono poche, e si tratta quasi sempre di varietà che erano state coltivate per poco tempo, o perché poco interessanti, o perché ben presto sostituite da altre ritenute migliori. Riprendere a coltivarle significa quindi, di solito, fare un passo indietro sia in termini di quantità che di qualità, ed esporle da quel momento agli attacchi dei parassiti.
Le coltivazioni biologiche escludono certi veleni, quelli sintetici, ma ne ammettono comunque altri; certe volte possono evitare i soliti trattamenti grazie a trappole sessuali che impediscono la riproduzione degli insetti, un metodo che però può essere usato solo in un numero limitato di casi. L'agricoltura biologica quindi non è una soluzione, ma solo un palliativo.
Ma cosa si può fare per rendere le piante resistenti ai parassiti?
Prima dell'ingegneria genetica le piante venivano incrociate con altre varietà immuni. Ma è sempre più difficile ottenere un ibrido che sia ad un tempo resistente ad un determinato parassita e che abbia delle qualità agronomiche almeno pari a quelle della pianta da cui si è partiti. E comunque, se anche l'operazione dovesse avere successo, il risultato sarà comunque un ibrido, cioè una pianta diversa da quella che si voleva salvare.
Pertanto l’ingegneria genetica è indispensabile sia per diminuire la quantità dei veleni sparsi nell’ambiente (e anche il costo dei trattamenti), sia per salvare le piante che coltiviamo.
Un problema che si può risolvere con le tecniche di manipolazione genetica. Tutto quello che bisogna fare è individuare una specie resistente al parassita, isolare il gene che conferisce l'immunità e trasferirlo nel DNA della pianta coltivata.
Per esempio il pomodoro San Marzano diversi anni fa è stato attaccato da un virus. Ma nel 1999, grazie alla modifica di un singolo gene, è stato reso immune dal virus. Ma non è possibile coltivarlo a causa dei pregiudizi contro gli ogm, e oggi viene sostituito da altre varietà di pomodoro "tipo San Marzano" prodotte con sementi comprate all'estero. Risultato: è scomparso un altro elemento importante dell'Italian food e la pizza non è più quella di prima!
Sono già diverse decine le varietà tipiche italiane (dal riso Carnaroli, al radicchio rosso di Rovigo, alla vite Nero d'Avola ecc.) che non possono più essere coltivate, o che vengono coltivate con sempre maggiori difficoltà a causa della loro crescente debolezza verso i parassiti. Ma, come nel caso del San Marzano, nella generalità dei casi il problema sarebbe risolvibile.
Inoltre con l'ingegneria genetica si potranno ottenere piante più nutrienti e produttive. Del resto è sempre più difficile migliorare delle piante che sono state già ottimizzate da decenni di incroci selettivi. Per andare oltre l’unica strada è l’ingegneria genetica. Così si potranno arricchire le piante di vitamine, proteine e antiossidanti, e le coltivazioni potranno essere adattate ai climi e ai terreni più difficili. Infine le piante gm potranno servire per produrre dei vaccini e dei farmaci. Già adesso l'insulina per i diabetici viene ottenuta in questo modo.
Ma allora, perché le piante geneticamente modificate, specialmente in Italia, hanno tanti oppositori? Sono davvero delle "piante Frankenstein", così innaturali da comportare degli inediti e terribili rischi?
L'ingegneria genetica.
Le tecniche di manipolazione genetica sono una conquista recente, e come tutte le novità possono suscitare timori e sospetti. Ma dopo oltre 20 anni di ricerca, dal 1990 diversi paesi hanno deciso che le piante gm sono sicure e hanno cominciato a coltivarle. Nello stesso tempo però molti ambientalisti mantengono verso queste stesse piante una totale contrarietà.
Le critiche riguardano i possibili danni per la salute, l'ambiente e la biodiversità, ma anche la natura stessa di queste manipolazioni, che sarebbe tale da rendere le piante "ingegnerizzate" qualcosa di anomalo e di profondamente innaturale.
Eppure critiche e timori, sia alla luce della teoria che dell'esperienza, appaiono infondate. Ma riescono ugualmente a generare apprensione in un'opinione pubblica talmente disinformata che la metà di essa (in Italia) è convinta che i geni siano presenti solo nelle piante gm e non nelle altre.
Prima di tutto, quindi, è necessario spiegare che tutti gli esseri viventi, e quindi tutte le piante, hanno DNA, geni e cromosomi. Ogni pianta di geni ne ha circa 30.000, ed essi sono sempre il risultato del rimescolamento dell'eredità dei genitori, anche se bisogna subito aggiungere che la trasmissione dei geni dai genitori ai figli non è l'unico meccanismo con cui opera l'evoluzione naturale.
Durante l'esistenza di un individuo, per effetto sia della radioattività naturale che della possibile presenza di sostanze mutagene, nei geni avvengono delle mutazioni casuali, che possono cioè interessare in pari misura tutti i geni. Altre modifiche casuali avvengono durante la replicazione cellulare. Quando da una cellula ne nasce un'altra, evento che capita milioni di volte nel corso di un'esistenza, la lunga sequenza dei geni viene copiata, e la copia passa in dote alla cellula figlia. Ma durante la trascrizione possono avvenire degli errori di copiatura, sempre del tutto casuali.
Infine è molto frequente in natura il trasferimento e lo scambio di geni esogeni, provenienti cioè da specie diverse, anche molto diverse. Molti virus e batteri sono specializzati nel trasferire alcuni dei propri geni all'interno del DNA delle piante, che in questo modo vengono costrette a produrre delle proteine che vengono utilizzate dall'agente infestante.
Le tecniche con cui l'uomo cerca di migliorare il patrimonio genetico dei vegetali coltivati non fanno che replicare quello che già avviene in natura. Il metodo più antico è la selezione artificiale: le piante vengono fatte incrociare fra di loro, poi si selezionano gli ibridi. Un altro metodo è provocare delle mutazioni casuali con forti dosi di radiazioni o esponendo le piante a sostanze chimiche mutagene. Le piante con il DNA così modificato vengono poi sottoposte a selezione per individuare eventuali mutazioni vantaggiose.
In questo modo sono state ottenute tutte le attuali varietà coltivate. Ma oggi si può andare oltre, si può cioè manipolare un singolo gene replicando quello che fanno in natura molti virus e batteri. Fondamentale è la mappatura del DNA e l'individuazione del gene che svolge quella determinata funzione. Il resto del lavoro, cioè il trasferimento del gene utile nella pianta, è un compito relativamente semplice, e si possono usare diverse tecniche, tra cui far eseguire il lavoro proprio ai batteri oppure usare le ancora più potenti tecniche di editing.
La manipolazione genetica è molto più precisa degli incroci selettivi casuali e della mutagenesi, e consente di ottenere i risultati voluti in minor tempo e in maniera controllata.
Le accuse alle piante gm.
Ma qui sorge una prima domanda: cosa succederà quando i parassiti saranno diventati resistenti anche ai nuovi geni? Non si rischia di rendere il problema insolubile?
La risposta viene dall'esperienza. Dopo oltre trent’anni si può dire che non capita facilmente che una pianta gm venga attaccata da parassiti vecchi o nuovi. Ma se per caso dovesse succedere, sarà sufficiente ripetere l’operazione: individuare in qualche specie affine il gene che conferisce l’immunità e inserirlo nel DNA della pianta. E ci saranno sempre in natura delle piante che hanno selezionato delle proprietà in grado di immunizzarle da quel determinato parassita.
Un'altra critica è che, con il loro polline, le piante gm possono trasferire geni esogeni nella vegetazione circostante, e se si tratta di erbe infestanti, possono renderle resistenti ai parassiti.
In realtà le condizioni perché il polline possa disperdersi fuori dal campo coltivato sono diverse per ogni tipo di pianta e possono essere facilmente controllate. Per fare un esempio, il polline del riso rimane vitale solo per pochi minuti e si diffonde solo alla distanza di poche decine di centimetri, mentre per il mais la contaminazione può avvenire fino alla distanza di qualche decina di metri. In sostanza la situazione non è diversa da come si presenta nell'agricoltura tradizionale, per la quale questo tipo di contaminazione, dalle conseguenze limitatissime, non ha mai costituito un problema. Poi ci sono delle accuse che non sono mai state avanzate da alcuno scienziato, e che costituiscono delle vere e proprie barzellette dal punto di vista scientifico.
La prima è che nei terreni argillosi si possono conservare per molto tempo dei frammenti di DNA e quindi, se dopo una coltivazione gm si pratica una coltivazione "normale", le nuove piante potrebbero incorporare i geni esogeni presenti nel terreno. Ora, se è vero che in certi terreni può conservarsi del materiale genetico, questo però non viene mai assorbito dalle radici delle piante. Se ci fosse anche solo la più piccola probabilità che questo possa accadere, col tempo il patrimonio genetico dei vegetali che crescono in una certa zona tenderebbe ad uniformarsi, e alla fine ci sarebbe un solo tipo di pianta! Non è mai stato osservato nulla del genere.
Ugualmente qualcuno ha ipotizzato che se mangiamo del mais gm, quel particolare gene che gli è stato inserito potrebbe essere assorbito dal nostro stomaco o dal nostro intestino, e alla fine integrarsi nel nostro DNA. Ma, di nuovo, non c'è alcuna probabilità che questo possa avvenire. Se una cosa simile capitasse anche solo raramente, ogni volta che mangiamo dell'insalata rischieremmo di incorporare il gene che sintetizza la clorofilla. E se questo avvenisse, al mare, invece della tintarella, prenderemmo un bel colore verde...
Un'altra obiezione è che, nel momento in cui si inserisce in una pianta il gene che conferisce l'immunità ad un determinato parassita, la si induce a produrre una sostanza chimica velenosa per l'aggressore. E se quella sostanza è un veleno per il parassita, lo sarà in definitiva anche per noi. E così anche noi, mangiando quel frutto o quella verdura, saremmo costretti ad ingurgitare chissà quale veleno!
Ma anche questa obiezione è inconsistente. Infatti, se un vegetale è finito nel nostro piatto, significa che è riuscito a crescere e a maturare senza essere divorato da qualche parassita. E poiché di parassiti ce ne sono sempre molti, vuol dire che la pianta ha incorporato nel suo DNA chissà quanti agenti immunizzanti. Ma di solito le sostanze chimiche che le piante fabbricano per la loro difesa sono per noi innocue, e nel caso di molte piante aromatiche addirittura utili e curative. Questo perché i microorganismi e gli insetti sono molto diversi da noi. Per esempio il sistema respiratorio degli insetti funziona in base a principi diversi, e molte sostanze che lo bloccano sono per noi del tutto inoffensive. Aggiungere un altro gene immunizzante, la cui innocuità viene attentamente verificata, non farà quindi aumentare i rischi, ma piuttosto li farà diminuire, perché non ci sarà più bisogno dei veleni sparsi nel campo dal contadino.
Un’altra obiezione ricorrente è che saremo costretti a comprare le sementi dalle grandi multinazionali. In realtà per rendere le piante resistenti ai parassiti non servono dei grossi laboratori scientifici. Siamo capaci di farlo anche in Italia. Inoltre queste grosse società sono interessate solo alle derrate agricole più vendute sul mercato internazionale, a partire dalle granaglie come il frumento, il mais e la soia che vengono usate anche come mangimi. Non sono invece interessate alle tante varietà di frutta e verdura che coltiviamo, perché esse hanno solo un mercato locale.
Le piante gm, quindi, non comportano rischi né per la salute né per la nostra economia, e sono anche migliori delle piante "biologiche”, se non altro perché queste crescono meno sane e vengono sottoposte a meno controlli.
Infine il fatto che un gene finisca all'interno di una pianta in un modo anziché in un altro, non lo fa diventare per questo pericoloso. Quello che conta è ciò che le piante sanno fare. Infatti da un certo punto di vista tutti i geni sono uguali. Essi sono un testo, un codice, scritto in un alfabeto di quattro lettere, e contengono le ricette per fabbricare le sostanze di cui sono fatti gli esseri viventi.
Assomigliano quindi, in definitiva, ai programmi per computer. E come per i programmi in codice binario, il fatto che nei geni ci siano dei gruppi di istruzioni identiche a quelle presenti nelle altre forme di vita, non costituisce né un problema né una rarità. Tant'è vero che gran parte del nostro DNA di esseri umani è uguale a quello di innumerevoli altre specie viventi, comprese le piante e i lieviti. Per esempio gli scimpanzè hanno in comune con noi il 99% dei loro geni, mentre un minuscolo verme molto studiato, il Cenorabditis elegans, condivide con l'uomo ben 7.000 dei suoi 17.000 geni. Aggiungere ad una pianta un gene preso da una specie affine non la trasforma in un nuovo Frankenstein.
Ma c’è ancora un’altra considerazione da fare. Anche se tutti gli organismi viventi hanno lo stesso codice genetico, ci sono grandi differenze tra le piante e gli animali per quanto riguarda i meccanismi di riproduzione. Infatti, mentre è facile clonare una pianta, cioè far nascere una nuova pianta con l’identico codice genetico della pianta madre, è invece molto difficile clonare degli animali. Con i mammiferi ci si riusciti con la pecora “Dolly” e solo dopo centinaia di tentativi. Viceversa, qualsiasi giardiniere alle prime armi può creare il clone di una pianta con una semplice talea. Volendo, da una foglia si potrebbero ottenere decine di piante figlie tutte identiche. La replicazione tramite cloni vegetali avviene spontaneamente anche in natura, per gemmazione, polloni ecc., in aggiunta alla riproduzione sessuale.
Altrettanto frequente e “naturale” è il trasferimento nel DNA delle piante di geni esogeni, per lo più da parte di batteri. Pertanto, paragonare le piante gm alla creazione di un mostro, è un grave travisamento della realtà.
Ma il problema è che al fondo c’è una opposizione di principio del tutto irrazionale.
Per esempio il pomodoro San Marzano è stato immunizzato non inserendo del DNA esogeno, ma rovesciando la sequenza di un singolo gene. Se prima era ABC, adesso è BCA. Eppure non lo si può coltivare perché è stato “toccato” dall’ingegneria genetica! Un altro esempio sono delle piante da frutto in cui un parassita attacca la radice. Oggi tutte le piante da frutto sono innestate. Modificando il DNA del ceppo su cui si innesta la pianta fruttifera, il codice genetico dei frutti non viene modificato. Eppure nemmeno queste piante possono essere coltivate.
Rendere piante resistenti agli erbicidi.
In realtà c’è un uso dell’ingegneria genetica che giustifica le accuse degli anti ogm. Ed è quello di modificare il DNA di una pianta per renderla resistente agli erbicidi, che così possono essere sparsi nel terreno senza danneggiare il raccolto.
In effetti questo è un modo per aumentare la quantità di veleni sparsi nell’ambiente, non per diminuirla. Questa tecnica è normalmente usata nelle estesissime monoculture di granaglie usate prima di tutto come mangimi, che è già di per sé il tipo peggiore di agricoltura. Inoltre le sementi sono prodotte da grandi multinazionali come la Monsanto, che sono talmente potenti che spesso la loro attività sfugge al controllo delle istituzioni nazionali.
Le grandi monocolture, assenti in Italia, sono il tipo peggiore di agricoltura perché per migliaia di chilometri quadrati viene coltivata una solo pianta, che è quindi particolarmente esposta ai parassiti. Infatti, quando i numeri sono così grandi, anche una mutazione altamente improbabile diventa inevitabile, e allora il nuovo parassita si diffonde nei campi con rapidità devastante. A questo punto bisogna trovare un pesticida per questo nuovo invasore, oppure, se ci si riesce, bisogna rendere le piante immuni con una modifica genetica. Ma, dato il tipo di agricoltura, questi rimedi funzionano al massimo per qualche anno. Per di più i campi vengono anche irrorati con gli erbicidi. E a fornire le sementi, i pesticidi e gli erbicidi, sono delle grandi multinazionali dalle quali i coltivatori sono sempre più dipendenti.
Però il problema sono le grandi monoculture che rendono le piante coltivate particolarmente esposte ai parassiti e alle erbe infestanti. Un’agricoltura che ha anche bisogno di una grande quantità di acqua, di fertilizzanti, di energia e, ovviamente, di suolo agricolo.
Ma è possibile diminuire questo tipo di coltivazioni? In realtà non solo il modo c’è; non solo, ma è qualcosa che dovremmo fare per ragioni di salute.
Già da molti anni gli scienziati hanno scoperto che, per prevenire tutte le malattie più gravi e diffuse, conosciute come “malattie del benessere, la prima cosa che dovremmo fare è diminuire il consumo delle proteine animali (vedi l’articolo: Alimentazione e salute - The China study).
E dato che carne, latte e latticini derivano principalmente dagli allevamenti industriali, dove gli animali vengono alimentati con le granaglie prodotte da queste grandi monocolture, se noi dessimo retta ai medici a cosa si ridurrebbero queste coltivazioni?
Questa quindi è la vera soluzione del problema. Ma poi, se questo uso dell’ingegneria genetica è criticabile perché il suo scopo è di spargere nell’ambiente una grande quantità di erbicidi, perché dovremmo condannare questa stessa tecnologia quanto ci permette di abbattere la quantità di pesticidi sparsi nei campi? Non si può usare lo stesso ragionamento per sostenere tesi opposte!
In Italia non abbiamo le grandi monocolture di granaglie. A questo punto dovremmo proibire l’ingegneria genetica quando aumenta la quantità di veleni sparsi nell’ambiente, e permetterne l’uso quando invece li diminuisce.
Il paese anti-gm più integralista del mondo.
Grazie alla ricombinazione genetica sta nascendo l'agricoltura del futuro, con prodotti sempre più sani, di qualità migliore e più abbondanti, che raramente avranno bisogno di pesticidi e che diminuiranno l’impatto ambientale dell’agricoltura. Ma l'Italia è quasi l'unico paese al mondo che non ne sta approfittando.
Negli altri paesi ci si è resi conto che l'ingegneria genetica riduce i rischi per la salute e per l’ambiente e presenta delle grandi opportunità economiche. Già oggi vengono coltivati su larga scala cotone, mais, soia e colza. E per quanto riguarda il riso, la Cina e l'India stanno anche loro adottando le piante gm. Persino l'Europa, originariamente su posizioni molto prudenti, si sta gradualmente aprendo a questi nuovi prodotti.
Invece nel nostro paese prevale ancora un atteggiamento di totale chiusura. Infatti agli ecologisti contrari all'economia di mercato e allo sviluppo si sono affiancati i coltivatori "biologici", che vorrebbero eliminare la concorrenza dei prodotti migliori e più competitivi. La conseguenza è che l'Italia è diventato il paese anti ogm più integralista del mondo.
Il fatto è che i prodotti biologici, nonostante che non comportino dei vantaggi per la salute ma forse qualche svantaggio, vengono venduti ad un prezzo piuttosto alto, e per questo qualcuno pensa che il futuro dell'agricoltura italiana consista nell'ampliare questo remunerativo mercato. Speranza che però è contraddetta dalla percentuale crescente di frutta e verdura biologica acquistata all'estero dalla grande distribuzione, in quanto più conveniente. Inoltre, se le attuali varietà tipiche italiane non verranno migliorate e difese dai parassiti, saranno gradualmente sostituite da prodotti d’importazione.
Il bando alle piante gm è quindi una politica miope e autolesionista perché, per difendere le coltivazioni biologiche che interessano solo l'1,5% della superficie coltivata, sta spingendo fuori dal mercato tutta la nostra agricoltura. Per non parlare del danno che subiscono i consumatori, che dovrebbero essere convinti a comprare prodotti di qualità inferiore a prezzi più alti, mentre in tutto il resto del mondo sta avvenendo il contrario.
Del resto già oggi le conseguenze sono paradossali. L'Italia è membro del WTO, l'organizzazione internazionale del commercio, e come tale non può impedire l'importazione di prodotti dagli altri paesi senza una adeguata giustificazione. Poiché dal punto di vista scientifico non esiste alcuna giustificazione al bando degli alimenti gm, già adesso gli scaffali dei nostri supermercati sono pieni di prodotti realizzati in tutto o in parte con piante gm. Inoltre anche molto del cotone e quasi tutti i mangimi d'importazione sono gm.
In sostanza queste piante non le possiamo coltivare, ma non possiamo evitare di importarle dall'estero e consumarle.
Il parere degli scienziati e della Chiesa.
Qualcuno però potrebbe ancora pensare che, vista la forte opposizione agli ogm anche da parte di organi istituzionali, la questione della sicurezza sia ancora un problema aperto. Ma così non è. Le diciotto principali società scientifiche italiane e l'Accademia Nazionale delle Scienze, che raggruppano più di 10.000 scienziati, hanno emesso un documento comune, che si può leggere nel sito della Società Italiana di Genetica Agraria (www.siga.unina.it), nel quale tra l'altro si afferma che "spesso si osserva una contrapposizione tra naturale e gli ogm. Questa posizione appare difficilmente sostenibile, a meno di non considerare innaturale l'agricoltura stessa.... Le nuove tecnologie, mimando processi che avvengono già in natura, permettono modifiche mirate del DNA molto più prevedibili e controllabili di quelle fino ad ora accettate perché considerate naturali... La probabilità che esistano effetti a lungo termine diversi da quelli associati alle piante convenzionali non appare sostenibile".
A questo punto rimane ancora un'ultima domanda: "E' lecito modificare le specie viventi, o crearne di nuove, come se volessimo fare concorrenza al Creatore? Non potrebbe essere questo un buon motivo per tenersi alla larga da queste inquietanti tecnologie?
La risposta viene dalla Chiesa.
Secondo quanto è scritto nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che tutti i cattolici sono tenuti ad osservare, "La visione cristiana della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceità degli interventi dell'uomo sulla natura, ivi inclusi gli esseri viventi, e, allo stesso tempo, un forte richiamo alla responsabilità".
In termini più espliciti si è espressa la Pontificia Accademia delle Scienze, della quale fanno parte diversi premi Nobel. Un documento pubblicato il 12 maggio 2003, constatando che non vi è alcun rischio nella modifica genetica delle piante, ricorda che "tutte le piante oggi coltivate sono comunque geneticamente modificate, che lo scambio di geni è molto frequente in natura, e che è parte integrante dell'evoluzione".
Infine per la Chiesa le biotecnologie sono uno strumento fondamentale per combattere la fame del mondo, e gli scienziati devono essere impegnati nella ricerca delle migliori soluzioni per i più gravi e urgenti problemi dell'alimentazione e della salute.
Con le tecniche di ricombinazione genetica gli alimenti sono più sicuri, e nello stesso tempo si possono tenere sotto controllo i parassiti senza far uso di pesticidi. Inoltre, attraverso i miglioramenti qualitativi e della produttività, se ne possono ricavare grandi benefici economici. E anche l'ipotizzata dipendenza dalle grosse multinazionali è un falso problema: solo se non sapremo valorizzare le nostre varietà tipiche finiremo col dipendere dai brevetti stranieri.
Di fronte alle grandi opportunità offerte dalle nuove tecnologie, l'atteggiamento giusto dovrebbe essere quello dell'entusiasmo: finalmente anche l'agricoltura può svilupparsi oltre i suoi limiti attuali, riducendo nel contempo la pressione sull'ambiente, mentre nei paesi più poveri le piante gm daranno un contributo fondamentale per sconfiggere la povertà. Già oggi diversi paesi del Terzo mondo ne stanno traendo grandi vantaggi. Eppure in Italia molti ecologisti, la quasi totalità della stampa, e anche ambienti politici sia di destra che di sinistra, hanno verso le piante geneticamente modificate un atteggiamento di totale chiusura.
Non è la prima volta che gli ambientalisti contrari all'economia di mercato e allo sviluppo calpestano il buon senso, negano la realtà dei fatti e creano allarme nell'opinione pubblica per costringere i politici a prendere provvedimenti penalizzanti per l'economia. E' già avvenuto diverse volte, e non desta più meraviglia.
Ma in Italia a dar loro manforte sono intervenute alcune associazioni di agricoltori, e anche i Ministri delle politiche agricole. Il motivo? Proteggere l'agricoltura biologica e il made in Italy nel settore alimentare. Ma con questa politica miope si otterranno risultati esattamente contrari a quelli che ci si propone.
Utilità e vantaggi delle piante gm.
Si sente parlare spesso di piante geneticamente modificate. E c'è grande diversità di opinioni tra chi ne sottolinea i molti vantaggi, e chi invece sostiene che comportano rischi inaccettabili per la salute, per la biodiversità, per l'ambiente, e persino per l'economia.
Chi ha ragione? Davvero le piante gm sono innaturali e pericolose?
A dire la verità, a essere poco naturali sono per prime le normali piante coltivate. Esse infatti sono sempre il risultato di incroci e selezioni, e di solito assomigliano ben poco alle piante selvatiche da cui sono derivate. Per esempio le mele in origine erano grandi come le ciliegie, le pannocchie di mais erano più piccole delle attuali spighe di grano, e queste ultime, qualche migliaio di anni fa, erano composte di soli tre chicchi.
Ma anche l'agricoltura in quanto tale è poco naturale: far crescere una sola pianta dove prima viveva una pluralità di specie animali e vegetali, è quasi contro natura (però è necessario per produrre gli alimenti di cui abbiamo bisogno). Inoltre coltivare una pianta significa sovra esporla agli attacchi dei parassiti, dagli insetti ai virus, che hanno la capacità di evolversi e di adattarsi velocemente. Mentre il DNA delle piante coltivate rimane immutato. Adesso per continuare a coltivarle dobbiamo aumentare sempre di più la dose di pesticidi, ma prima o poi i parassiti prenderanno il sopravvento. In realtà sono già decine le piante che abbiamo abbandonato o che stiamo abbandonando perché richiedono un numero sempre più grande di trattamenti. Non possiamo conservare le nostre pregiate varietà ortofrutticole così come sono: se non faremo nulla alla fine sono destinate a scomparire.
Non fa eccezione la cosiddetta "agricoltura biologica". Le piante che possono essere coltivate senza veleni chimici sono poche, e si tratta quasi sempre di varietà che erano state coltivate per poco tempo, o perché poco interessanti, o perché ben presto sostituite da altre ritenute migliori. Riprendere a coltivarle significa quindi, di solito, fare un passo indietro sia in termini di quantità che di qualità, ed esporle da quel momento agli attacchi dei parassiti.
Le coltivazioni biologiche escludono certi veleni, quelli sintetici, ma ne ammettono comunque altri; certe volte possono evitare i soliti trattamenti grazie a trappole sessuali che impediscono la riproduzione degli insetti, un metodo che però può essere usato solo in un numero limitato di casi. L'agricoltura biologica quindi non è una soluzione, ma solo un palliativo.
Ma cosa si può fare per rendere le piante resistenti ai parassiti?
Prima dell'ingegneria genetica le piante venivano incrociate con altre varietà immuni. Ma è sempre più difficile ottenere un ibrido che sia ad un tempo resistente ad un determinato parassita e che abbia delle qualità agronomiche almeno pari a quelle della pianta da cui si è partiti. E comunque, se anche l'operazione dovesse avere successo, il risultato sarà comunque un ibrido, cioè una pianta diversa da quella che si voleva salvare.
Pertanto l’ingegneria genetica è indispensabile sia per diminuire la quantità dei veleni sparsi nell’ambiente (e anche il costo dei trattamenti), sia per salvare le piante che coltiviamo.
Un problema che si può risolvere con le tecniche di manipolazione genetica. Tutto quello che bisogna fare è individuare una specie resistente al parassita, isolare il gene che conferisce l'immunità e trasferirlo nel DNA della pianta coltivata.
Per esempio il pomodoro San Marzano diversi anni fa è stato attaccato da un virus. Ma nel 1999, grazie alla modifica di un singolo gene, è stato reso immune dal virus. Ma non è possibile coltivarlo a causa dei pregiudizi contro gli ogm, e oggi viene sostituito da altre varietà di pomodoro "tipo San Marzano" prodotte con sementi comprate all'estero. Risultato: è scomparso un altro elemento importante dell'Italian food e la pizza non è più quella di prima!
Sono già diverse decine le varietà tipiche italiane (dal riso Carnaroli, al radicchio rosso di Rovigo, alla vite Nero d'Avola ecc.) che non possono più essere coltivate, o che vengono coltivate con sempre maggiori difficoltà a causa della loro crescente debolezza verso i parassiti. Ma, come nel caso del San Marzano, nella generalità dei casi il problema sarebbe risolvibile.
Inoltre con l'ingegneria genetica si potranno ottenere piante più nutrienti e produttive. Del resto è sempre più difficile migliorare delle piante che sono state già ottimizzate da decenni di incroci selettivi. Per andare oltre l’unica strada è l’ingegneria genetica. Così si potranno arricchire le piante di vitamine, proteine e antiossidanti, e le coltivazioni potranno essere adattate ai climi e ai terreni più difficili. Infine le piante gm potranno servire per produrre dei vaccini e dei farmaci. Già adesso l'insulina per i diabetici viene ottenuta in questo modo.
Ma allora, perché le piante geneticamente modificate, specialmente in Italia, hanno tanti oppositori? Sono davvero delle "piante Frankenstein", così innaturali da comportare degli inediti e terribili rischi?
L'ingegneria genetica.
Le tecniche di manipolazione genetica sono una conquista recente, e come tutte le novità possono suscitare timori e sospetti. Ma dopo oltre 20 anni di ricerca, dal 1990 diversi paesi hanno deciso che le piante gm sono sicure e hanno cominciato a coltivarle. Nello stesso tempo però molti ambientalisti mantengono verso queste stesse piante una totale contrarietà.
Le critiche riguardano i possibili danni per la salute, l'ambiente e la biodiversità, ma anche la natura stessa di queste manipolazioni, che sarebbe tale da rendere le piante "ingegnerizzate" qualcosa di anomalo e di profondamente innaturale.
Eppure critiche e timori, sia alla luce della teoria che dell'esperienza, appaiono infondate. Ma riescono ugualmente a generare apprensione in un'opinione pubblica talmente disinformata che la metà di essa (in Italia) è convinta che i geni siano presenti solo nelle piante gm e non nelle altre.
Prima di tutto, quindi, è necessario spiegare che tutti gli esseri viventi, e quindi tutte le piante, hanno DNA, geni e cromosomi. Ogni pianta di geni ne ha circa 30.000, ed essi sono sempre il risultato del rimescolamento dell'eredità dei genitori, anche se bisogna subito aggiungere che la trasmissione dei geni dai genitori ai figli non è l'unico meccanismo con cui opera l'evoluzione naturale.
Durante l'esistenza di un individuo, per effetto sia della radioattività naturale che della possibile presenza di sostanze mutagene, nei geni avvengono delle mutazioni casuali, che possono cioè interessare in pari misura tutti i geni. Altre modifiche casuali avvengono durante la replicazione cellulare. Quando da una cellula ne nasce un'altra, evento che capita milioni di volte nel corso di un'esistenza, la lunga sequenza dei geni viene copiata, e la copia passa in dote alla cellula figlia. Ma durante la trascrizione possono avvenire degli errori di copiatura, sempre del tutto casuali.
Infine è molto frequente in natura il trasferimento e lo scambio di geni esogeni, provenienti cioè da specie diverse, anche molto diverse. Molti virus e batteri sono specializzati nel trasferire alcuni dei propri geni all'interno del DNA delle piante, che in questo modo vengono costrette a produrre delle proteine che vengono utilizzate dall'agente infestante.
Le tecniche con cui l'uomo cerca di migliorare il patrimonio genetico dei vegetali coltivati non fanno che replicare quello che già avviene in natura. Il metodo più antico è la selezione artificiale: le piante vengono fatte incrociare fra di loro, poi si selezionano gli ibridi. Un altro metodo è provocare delle mutazioni casuali con forti dosi di radiazioni o esponendo le piante a sostanze chimiche mutagene. Le piante con il DNA così modificato vengono poi sottoposte a selezione per individuare eventuali mutazioni vantaggiose.
In questo modo sono state ottenute tutte le attuali varietà coltivate. Ma oggi si può andare oltre, si può cioè manipolare un singolo gene replicando quello che fanno in natura molti virus e batteri. Fondamentale è la mappatura del DNA e l'individuazione del gene che svolge quella determinata funzione. Il resto del lavoro, cioè il trasferimento del gene utile nella pianta, è un compito relativamente semplice, e si possono usare diverse tecniche, tra cui far eseguire il lavoro proprio ai batteri oppure usare le ancora più potenti tecniche di editing.
La manipolazione genetica è molto più precisa degli incroci selettivi casuali e della mutagenesi, e consente di ottenere i risultati voluti in minor tempo e in maniera controllata.
Le accuse alle piante gm.
Ma qui sorge una prima domanda: cosa succederà quando i parassiti saranno diventati resistenti anche ai nuovi geni? Non si rischia di rendere il problema insolubile?
La risposta viene dall'esperienza. Dopo oltre trent’anni si può dire che non capita facilmente che una pianta gm venga attaccata da parassiti vecchi o nuovi. Ma se per caso dovesse succedere, sarà sufficiente ripetere l’operazione: individuare in qualche specie affine il gene che conferisce l’immunità e inserirlo nel DNA della pianta. E ci saranno sempre in natura delle piante che hanno selezionato delle proprietà in grado di immunizzarle da quel determinato parassita.
Un'altra critica è che, con il loro polline, le piante gm possono trasferire geni esogeni nella vegetazione circostante, e se si tratta di erbe infestanti, possono renderle resistenti ai parassiti.
In realtà le condizioni perché il polline possa disperdersi fuori dal campo coltivato sono diverse per ogni tipo di pianta e possono essere facilmente controllate. Per fare un esempio, il polline del riso rimane vitale solo per pochi minuti e si diffonde solo alla distanza di poche decine di centimetri, mentre per il mais la contaminazione può avvenire fino alla distanza di qualche decina di metri. In sostanza la situazione non è diversa da come si presenta nell'agricoltura tradizionale, per la quale questo tipo di contaminazione, dalle conseguenze limitatissime, non ha mai costituito un problema. Poi ci sono delle accuse che non sono mai state avanzate da alcuno scienziato, e che costituiscono delle vere e proprie barzellette dal punto di vista scientifico.
La prima è che nei terreni argillosi si possono conservare per molto tempo dei frammenti di DNA e quindi, se dopo una coltivazione gm si pratica una coltivazione "normale", le nuove piante potrebbero incorporare i geni esogeni presenti nel terreno. Ora, se è vero che in certi terreni può conservarsi del materiale genetico, questo però non viene mai assorbito dalle radici delle piante. Se ci fosse anche solo la più piccola probabilità che questo possa accadere, col tempo il patrimonio genetico dei vegetali che crescono in una certa zona tenderebbe ad uniformarsi, e alla fine ci sarebbe un solo tipo di pianta! Non è mai stato osservato nulla del genere.
Ugualmente qualcuno ha ipotizzato che se mangiamo del mais gm, quel particolare gene che gli è stato inserito potrebbe essere assorbito dal nostro stomaco o dal nostro intestino, e alla fine integrarsi nel nostro DNA. Ma, di nuovo, non c'è alcuna probabilità che questo possa avvenire. Se una cosa simile capitasse anche solo raramente, ogni volta che mangiamo dell'insalata rischieremmo di incorporare il gene che sintetizza la clorofilla. E se questo avvenisse, al mare, invece della tintarella, prenderemmo un bel colore verde...
Un'altra obiezione è che, nel momento in cui si inserisce in una pianta il gene che conferisce l'immunità ad un determinato parassita, la si induce a produrre una sostanza chimica velenosa per l'aggressore. E se quella sostanza è un veleno per il parassita, lo sarà in definitiva anche per noi. E così anche noi, mangiando quel frutto o quella verdura, saremmo costretti ad ingurgitare chissà quale veleno!
Ma anche questa obiezione è inconsistente. Infatti, se un vegetale è finito nel nostro piatto, significa che è riuscito a crescere e a maturare senza essere divorato da qualche parassita. E poiché di parassiti ce ne sono sempre molti, vuol dire che la pianta ha incorporato nel suo DNA chissà quanti agenti immunizzanti. Ma di solito le sostanze chimiche che le piante fabbricano per la loro difesa sono per noi innocue, e nel caso di molte piante aromatiche addirittura utili e curative. Questo perché i microorganismi e gli insetti sono molto diversi da noi. Per esempio il sistema respiratorio degli insetti funziona in base a principi diversi, e molte sostanze che lo bloccano sono per noi del tutto inoffensive. Aggiungere un altro gene immunizzante, la cui innocuità viene attentamente verificata, non farà quindi aumentare i rischi, ma piuttosto li farà diminuire, perché non ci sarà più bisogno dei veleni sparsi nel campo dal contadino.
Un’altra obiezione ricorrente è che saremo costretti a comprare le sementi dalle grandi multinazionali. In realtà per rendere le piante resistenti ai parassiti non servono dei grossi laboratori scientifici. Siamo capaci di farlo anche in Italia. Inoltre queste grosse società sono interessate solo alle derrate agricole più vendute sul mercato internazionale, a partire dalle granaglie come il frumento, il mais e la soia che vengono usate anche come mangimi. Non sono invece interessate alle tante varietà di frutta e verdura che coltiviamo, perché esse hanno solo un mercato locale.
Le piante gm, quindi, non comportano rischi né per la salute né per la nostra economia, e sono anche migliori delle piante "biologiche”, se non altro perché queste crescono meno sane e vengono sottoposte a meno controlli.
Infine il fatto che un gene finisca all'interno di una pianta in un modo anziché in un altro, non lo fa diventare per questo pericoloso. Quello che conta è ciò che le piante sanno fare. Infatti da un certo punto di vista tutti i geni sono uguali. Essi sono un testo, un codice, scritto in un alfabeto di quattro lettere, e contengono le ricette per fabbricare le sostanze di cui sono fatti gli esseri viventi.
Assomigliano quindi, in definitiva, ai programmi per computer. E come per i programmi in codice binario, il fatto che nei geni ci siano dei gruppi di istruzioni identiche a quelle presenti nelle altre forme di vita, non costituisce né un problema né una rarità. Tant'è vero che gran parte del nostro DNA di esseri umani è uguale a quello di innumerevoli altre specie viventi, comprese le piante e i lieviti. Per esempio gli scimpanzè hanno in comune con noi il 99% dei loro geni, mentre un minuscolo verme molto studiato, il Cenorabditis elegans, condivide con l'uomo ben 7.000 dei suoi 17.000 geni. Aggiungere ad una pianta un gene preso da una specie affine non la trasforma in un nuovo Frankenstein.
Ma c’è ancora un’altra considerazione da fare. Anche se tutti gli organismi viventi hanno lo stesso codice genetico, ci sono grandi differenze tra le piante e gli animali per quanto riguarda i meccanismi di riproduzione. Infatti, mentre è facile clonare una pianta, cioè far nascere una nuova pianta con l’identico codice genetico della pianta madre, è invece molto difficile clonare degli animali. Con i mammiferi ci si riusciti con la pecora “Dolly” e solo dopo centinaia di tentativi. Viceversa, qualsiasi giardiniere alle prime armi può creare il clone di una pianta con una semplice talea. Volendo, da una foglia si potrebbero ottenere decine di piante figlie tutte identiche. La replicazione tramite cloni vegetali avviene spontaneamente anche in natura, per gemmazione, polloni ecc., in aggiunta alla riproduzione sessuale.
Altrettanto frequente e “naturale” è il trasferimento nel DNA delle piante di geni esogeni, per lo più da parte di batteri. Pertanto, paragonare le piante gm alla creazione di un mostro, è un grave travisamento della realtà.
Ma il problema è che al fondo c’è una opposizione di principio del tutto irrazionale.
Per esempio il pomodoro San Marzano è stato immunizzato non inserendo del DNA esogeno, ma rovesciando la sequenza di un singolo gene. Se prima era ABC, adesso è BCA. Eppure non lo si può coltivare perché è stato “toccato” dall’ingegneria genetica! Un altro esempio sono delle piante da frutto in cui un parassita attacca la radice. Oggi tutte le piante da frutto sono innestate. Modificando il DNA del ceppo su cui si innesta la pianta fruttifera, il codice genetico dei frutti non viene modificato. Eppure nemmeno queste piante possono essere coltivate.
Rendere piante resistenti agli erbicidi.
In realtà c’è un uso dell’ingegneria genetica che giustifica le accuse degli anti ogm. Ed è quello di modificare il DNA di una pianta per renderla resistente agli erbicidi, che così possono essere sparsi nel terreno senza danneggiare il raccolto.
In effetti questo è un modo per aumentare la quantità di veleni sparsi nell’ambiente, non per diminuirla. Questa tecnica è normalmente usata nelle estesissime monoculture di granaglie usate prima di tutto come mangimi, che è già di per sé il tipo peggiore di agricoltura. Inoltre le sementi sono prodotte da grandi multinazionali come la Monsanto, che sono talmente potenti che spesso la loro attività sfugge al controllo delle istituzioni nazionali.
Le grandi monocolture, assenti in Italia, sono il tipo peggiore di agricoltura perché per migliaia di chilometri quadrati viene coltivata una solo pianta, che è quindi particolarmente esposta ai parassiti. Infatti, quando i numeri sono così grandi, anche una mutazione altamente improbabile diventa inevitabile, e allora il nuovo parassita si diffonde nei campi con rapidità devastante. A questo punto bisogna trovare un pesticida per questo nuovo invasore, oppure, se ci si riesce, bisogna rendere le piante immuni con una modifica genetica. Ma, dato il tipo di agricoltura, questi rimedi funzionano al massimo per qualche anno. Per di più i campi vengono anche irrorati con gli erbicidi. E a fornire le sementi, i pesticidi e gli erbicidi, sono delle grandi multinazionali dalle quali i coltivatori sono sempre più dipendenti.
Però il problema sono le grandi monoculture che rendono le piante coltivate particolarmente esposte ai parassiti e alle erbe infestanti. Un’agricoltura che ha anche bisogno di una grande quantità di acqua, di fertilizzanti, di energia e, ovviamente, di suolo agricolo.
Ma è possibile diminuire questo tipo di coltivazioni? In realtà non solo il modo c’è; non solo, ma è qualcosa che dovremmo fare per ragioni di salute.
Già da molti anni gli scienziati hanno scoperto che, per prevenire tutte le malattie più gravi e diffuse, conosciute come “malattie del benessere, la prima cosa che dovremmo fare è diminuire il consumo delle proteine animali (vedi l’articolo: Alimentazione e salute - The China study).
E dato che carne, latte e latticini derivano principalmente dagli allevamenti industriali, dove gli animali vengono alimentati con le granaglie prodotte da queste grandi monocolture, se noi dessimo retta ai medici a cosa si ridurrebbero queste coltivazioni?
Questa quindi è la vera soluzione del problema. Ma poi, se questo uso dell’ingegneria genetica è criticabile perché il suo scopo è di spargere nell’ambiente una grande quantità di erbicidi, perché dovremmo condannare questa stessa tecnologia quanto ci permette di abbattere la quantità di pesticidi sparsi nei campi? Non si può usare lo stesso ragionamento per sostenere tesi opposte!
In Italia non abbiamo le grandi monocolture di granaglie. A questo punto dovremmo proibire l’ingegneria genetica quando aumenta la quantità di veleni sparsi nell’ambiente, e permetterne l’uso quando invece li diminuisce.
Il paese anti-gm più integralista del mondo.
Grazie alla ricombinazione genetica sta nascendo l'agricoltura del futuro, con prodotti sempre più sani, di qualità migliore e più abbondanti, che raramente avranno bisogno di pesticidi e che diminuiranno l’impatto ambientale dell’agricoltura. Ma l'Italia è quasi l'unico paese al mondo che non ne sta approfittando.
Negli altri paesi ci si è resi conto che l'ingegneria genetica riduce i rischi per la salute e per l’ambiente e presenta delle grandi opportunità economiche. Già oggi vengono coltivati su larga scala cotone, mais, soia e colza. E per quanto riguarda il riso, la Cina e l'India stanno anche loro adottando le piante gm. Persino l'Europa, originariamente su posizioni molto prudenti, si sta gradualmente aprendo a questi nuovi prodotti.
Invece nel nostro paese prevale ancora un atteggiamento di totale chiusura. Infatti agli ecologisti contrari all'economia di mercato e allo sviluppo si sono affiancati i coltivatori "biologici", che vorrebbero eliminare la concorrenza dei prodotti migliori e più competitivi. La conseguenza è che l'Italia è diventato il paese anti ogm più integralista del mondo.
Il fatto è che i prodotti biologici, nonostante che non comportino dei vantaggi per la salute ma forse qualche svantaggio, vengono venduti ad un prezzo piuttosto alto, e per questo qualcuno pensa che il futuro dell'agricoltura italiana consista nell'ampliare questo remunerativo mercato. Speranza che però è contraddetta dalla percentuale crescente di frutta e verdura biologica acquistata all'estero dalla grande distribuzione, in quanto più conveniente. Inoltre, se le attuali varietà tipiche italiane non verranno migliorate e difese dai parassiti, saranno gradualmente sostituite da prodotti d’importazione.
Il bando alle piante gm è quindi una politica miope e autolesionista perché, per difendere le coltivazioni biologiche che interessano solo l'1,5% della superficie coltivata, sta spingendo fuori dal mercato tutta la nostra agricoltura. Per non parlare del danno che subiscono i consumatori, che dovrebbero essere convinti a comprare prodotti di qualità inferiore a prezzi più alti, mentre in tutto il resto del mondo sta avvenendo il contrario.
Del resto già oggi le conseguenze sono paradossali. L'Italia è membro del WTO, l'organizzazione internazionale del commercio, e come tale non può impedire l'importazione di prodotti dagli altri paesi senza una adeguata giustificazione. Poiché dal punto di vista scientifico non esiste alcuna giustificazione al bando degli alimenti gm, già adesso gli scaffali dei nostri supermercati sono pieni di prodotti realizzati in tutto o in parte con piante gm. Inoltre anche molto del cotone e quasi tutti i mangimi d'importazione sono gm.
In sostanza queste piante non le possiamo coltivare, ma non possiamo evitare di importarle dall'estero e consumarle.
Il parere degli scienziati e della Chiesa.
Qualcuno però potrebbe ancora pensare che, vista la forte opposizione agli ogm anche da parte di organi istituzionali, la questione della sicurezza sia ancora un problema aperto. Ma così non è. Le diciotto principali società scientifiche italiane e l'Accademia Nazionale delle Scienze, che raggruppano più di 10.000 scienziati, hanno emesso un documento comune, che si può leggere nel sito della Società Italiana di Genetica Agraria (www.siga.unina.it), nel quale tra l'altro si afferma che "spesso si osserva una contrapposizione tra naturale e gli ogm. Questa posizione appare difficilmente sostenibile, a meno di non considerare innaturale l'agricoltura stessa.... Le nuove tecnologie, mimando processi che avvengono già in natura, permettono modifiche mirate del DNA molto più prevedibili e controllabili di quelle fino ad ora accettate perché considerate naturali... La probabilità che esistano effetti a lungo termine diversi da quelli associati alle piante convenzionali non appare sostenibile".
A questo punto rimane ancora un'ultima domanda: "E' lecito modificare le specie viventi, o crearne di nuove, come se volessimo fare concorrenza al Creatore? Non potrebbe essere questo un buon motivo per tenersi alla larga da queste inquietanti tecnologie?
La risposta viene dalla Chiesa.
Secondo quanto è scritto nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che tutti i cattolici sono tenuti ad osservare, "La visione cristiana della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceità degli interventi dell'uomo sulla natura, ivi inclusi gli esseri viventi, e, allo stesso tempo, un forte richiamo alla responsabilità".
In termini più espliciti si è espressa la Pontificia Accademia delle Scienze, della quale fanno parte diversi premi Nobel. Un documento pubblicato il 12 maggio 2003, constatando che non vi è alcun rischio nella modifica genetica delle piante, ricorda che "tutte le piante oggi coltivate sono comunque geneticamente modificate, che lo scambio di geni è molto frequente in natura, e che è parte integrante dell'evoluzione".
Infine per la Chiesa le biotecnologie sono uno strumento fondamentale per combattere la fame del mondo, e gli scienziati devono essere impegnati nella ricerca delle migliori soluzioni per i più gravi e urgenti problemi dell'alimentazione e della salute.