UN PROGRAMMA PER QUALSIASI GOVERNO
La crisi economica che dura dal 2008 ha fatto danni immensi alla nostra economia e ha gravemente impoverito tutto il sistema paese. Oltre ai disoccupati, ci sono oltre sette milioni di lavoratori gravemente sottopagati o che fanno dei lavori precari che non consentono di mettere su famiglia. E questo spiega il crollo della natalità. Questa purtroppo è la conseguenza dell’impoverimento generale dovuto alla politica energetica folle di questi anni. I governi degli ultimi decenni hanno fatto di tutto e di più per impoverire la nostra economia, prima di tutto con una politica energetica che ha aumentato il più possibile le nostre importazioni di energia. Pertanto per rilanciare la nostra economia dobbiamo fare l’esatto contrario: puntare sull’autonomia energetica allo scopo di diminuire l’impoverimento del sistema paese dovuto alle importazioni di energia. E la prima cosa da fare è riattivare gli impianti di estrazione del gas sul suolo nazionale. Poi dovremmo dare una spinta alle auto elettriche che diminuirebbero in modo sostanziale le nostre importazioni di petrolio. Infine dovremmo fare un piano nazionale per il teleriscaldamento che, sfruttando una risorsa già esistente, diminuirebbe anche il nostro fabbisogno di gas naturale.
Dato che quella delle energie alternative è la politica della sinistra, da un governo di destra ci saremmo aspettati qualcosa di diverso. Invece, nel capitolo 2° del PNRR appena approvato, anche il nuovo governo ha fatto propria la politica fallimentare di eolico, fotovoltaico, biocombustibili e addirittura auto a idrogeno. Abbiamo raschiato il fondo del barile per poi distruggere le poche risorse rimaste, 60 miliardi, per le energie alternative. Quando invece la prima condizione per rilanciare l’economia è proprio l’abbandono di questa politica energetica che è stata inventata proprio per colpire l’economia.
Quelle che seguono sono alcune proposte per diminuire l’impoverimento del paese e per rilanciare l’economia sfruttando le possibilità che abbiamo, che non sono poche.
Energia. La prima cosa da fare è puntare sull’autonomia energetica, allo scopo di diminuire le nostre importazioni di energia e il conseguente impoverimento del sistema paese. Impoverimento che in tempi normali vale diversi punti di PIL e che raddoppia o triplica durante le crisi energetiche.
Bisogna anche riaprire gli impianti di estrazione del gas, costruire i rigassificatori (già fatto dal governo di destra) e sfruttare il calore di scarto delle centrali elettriche per scaldare case e uffici in inverno. A questo punto si potranno togliere gli incentivi agli inutili impianti eolici e fotovoltaici, in modo da risparmiare altri 10 miliardi all’anno. Infine bisognerebbe dare una spinta alle auto elettriche. Sono le auto elettriche a meritare degli incentivi, perché farebbero crollare i consumi e le importazioni di petrolio, e quindi anche le emissioni di anidride carbonica (vedi l’articolo “I vantaggi della trazione elettrica”).
E poi c’è l’energia nucleare, che è la fonte di energia ideale, in grado di produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno in maniera economica, sicurissima e senza emissioni inquinanti o di gas serra. Purtroppo però non la possiamo usare perché interminabili campagne di stampa hanno convinto l’opinione pubblica che essa comporta dei rischi inaccettabili. Quando invece, proprio sulla base di quello che è successo a Cernobyl e a Fukushima, si può affermare che questa è di gran lunga la fonte di energia più sicura che esista (vedi l’articolo: Energia nucleare pulita e sicura).
Immigrazione. L’immigrazione irregolare è un grosso problema per l’Italia e per gli altri paesi mediterranei. Ma è un problema anche per l’Europa, perché molti immigrati cercano di raggiungere paesi come la Francia, la Germania o l’Inghilterra. Quindi è un problema che l’Europa non può più eludere come ha sempre fatto finora.
Però l’unica soluzione è rovesciare la politica antisviluppo di questi anni, offrendo in cambio ai paesi da cui partono gli immigrati quello che desiderano di più: un po’ del nostro sviluppo.
Gli aiuti potrebbero consistere nel finanziamento di alcune infrastrutture importanti, e anche del progetto “Grande muraglia verde del Sahel”, che è la regione da cui partono le carovane di immigrati.
Questi costi sarebbero anche un buon investimento, perché sono proprio i paesi più poveri quelli che hanno le maggiori prospettive di crescita (vedi l’articolo: Paesi poveri: problema o opportunità?).
Centri di servizi. Nelle città, dove si svolge l’80% di tutto il traffico auto, la circolazione è spesso rallentata e convulsa, con la conseguenza di grandi perdite di tempo, di denaro e di un maggiore inquinamento. Ma come si fa a rendere il traffico più scorrevole? La ricetta è semplice e ampiamente praticata nel resto dell’Europa: bisogna concentrare in uno o più luoghi opportuni uffici, negozi, studi professionali e altre attività terziarie che sono quelle che richiamano pubblico e generano i principali flussi del traffico. In questo modo diminuirà il numero degli spostamenti, e una percentuale maggiore di essi avverrà con i mezzi del trasporto pubblico.
I centri di servizi verrebbero realizzati dai privati con capitali privati, mentre la mano pubblica dovrebbe acquisire e mettere a disposizione le aree ed assicurare gli indispensabili collegamenti. Dato che molte di queste spese esulano dalla normale amministrazione, esse potrebbero essere sostenute dal Governo nell’ambito di un piano nazionale per i trasporti urbani, che sarebbe almeno altrettanto giustificato di quello per le grandi opere, ma costerebbe molto di meno.
Questo sito ha elaborato una proposta specifica per la città di Ferrara, che purtroppo finora non è stata realizzata, ma che può servire come esempio (vedi la “Proposta per i problemi del traffico di una città italiana”).
Ricostruzione post terremoto: la casa a graticci. Questa tipologia edilizia, molto diffusa in Europa ma assente in Italia, è la più anti sismica che si possa immaginare. Nei centri storici della Francia e della Germania si vedono spesso queste abitazioni con le travi di sostegno ben visibili, che a volte sono vecchie quanto le grandi cattedrali gotiche.
La struttura portante, in grado di resistere a qualsiasi terremoto, è costituita da travi della sezione di circa 15 X 20 cm ben connesse tra di loro, posata su una base di pietre o di mattoni.
Una volta realizzata l’intelaiatura, rimangono da riempire gli spazi vuoti che formeranno le pareti. La tecnica è semplice (è più difficile da dire che da fare) e i materiali sono poco costosi e facilmente reperibili.
Innanzi tutto bisogna inserire delle assicelle verticali spesse 3 cm e larghe il doppio nelle scanalature predisposte nelle travi, distanziandole di circa 15 cm. Poi bisogna intrecciare intorno ad esse, in senso orizzontale, dei rametti flessibili lasciando tra di loro un po’ di spazio. Questo è il sostegno. Adesso bisogna mescolare i tre ingredienti che riempiranno le pareti, cioè paglia, sabbia e argilla.
Si stende per terra un telo grande come un asciugamano da spiaggia. Si dispone sopra di esso uno strato di paglia di 5 o 6 cm e lo si cosparge con sabbia e argilla un po’ liquida. Si prendono i due capi del telo e li si tirano verso gli altri due. Poi si prendono gli altri due capi e si tira nella direzione opposta, e si ripete questa operazione alcune volte. Si forma un rotolo nel quale i tre ingredienti si mescolano. Con questo composto bisogna riempire tutti gli spazi tra le assicelle e i rametti, avendo cura di spingerlo bene con le dita negli interstizi. Si compatta il tutto dall’interno e dall’esterno fino ad ottenere una superficie piana e uno spessore di circa 15 cm. A questo punto bisogna lasciare riposare il tutto per due mesi e poi si può applicare l’intonaco, all’interno e all’esterno. Queste pareti sono resistenti nel tempo e sono anche isolanti e traspiranti.
Riscoprire la grande musica dimenticata. La musica classica porta questo nome anche se è stata sviluppata in epoca barocca. Essa comunque ha delle radici antiche, che si estendono in profondità fino all’epoca greco - romana. Sono la musica gregoriana, la tradizione di registrare per iscritto i motivi musicali e l’organo a canne. Partendo dalla musica monodica gregoriana, col tempo la tecnica musicale si è evoluta fino ai massimi risultati raggiunti nella seconda metà del Settecento.
Allora l’Italia era all’avanguardia in tutti i settori della musica. Le capitali musicali dell’Europa erano Venezia, Roma e Napoli. Però proprio questa tradizione straordinaria è stata stravolta da un’operazione sciagurata che aveva lo scopo di esaltare i musicisti germanici a spese di tutti gli altri.
E’ uscita qualche anno fa l’opera in due grossi volumi intitolata “Mozart - la caduta degli dei” di Luca Bianchini e Anna Trombetta, stampata da Youcanprint. Questi due studiosi, sulla scorta di una conoscenza profonda della documentazione e della saggistica in materia, hanno ricostruito la biografia del salisburghese e ne hanno analizzato la produzione musicale. M non ha mai frequentato scuole di alcun tipo, nemmeno di musica. L’unico suo insegnante in tutto è stato suo padre, che però nel campo della musica era un autodidatta. I documenti riguardanti l’esame sostenuto a Bologna presso la scuola di Padre Martini dimostrano che a 14 anni M non sapeva nulla di composizione, perché suo padre non era stato capace di insegnargliela. Ma anche dopo di allora M non ha mai avuto insegnanti di musica. Ma allora come avrebbe fatto a comporre le straordinarie sinfonie che gli sono state attribuite? Se anche fosse stato il più grande genio musicale dell’universo, ma non lo era, come avrebbe fatto ad inventarsi tutti i progressi di quest’arte dall’anno zero della civiltà fino al 1770?
Del resto quando era in vita M non è mai stato considerato un musicista importante. In realtà era un plagiario sistematico. Ha legato il suo nome a 155 composizioni. Per molte di esse ci sono le copie di lavoro, ne parla nelle sue lettere e siamo sicuri che sono sue. Ma si tratta di cose di scarso valore, portate avanti con fatica e a volte lasciate incompiute. Il resto sono dei plagi. Alcuni decenni dopo la sua morte è stato creato il mito del genio e, prima per ragioni commerciali e poi nazionalistiche, gli sono state attribuite molte altre composizioni rubate ad altri autori, quasi tutti italiani, fino a superare il migliaio. Oggi questo numero si è ridotto a 600, e questo significa che oltre 400 sono già state riconosciute dalla critica come non sue. Ma anche quelle che restano non sono state composte da lui.
Per esempio chi scrive, che non è un esperto di musica, si trova in casa un CD con le sinfonie n. 40 e 41“Jupiter”. Lo spartito della Jupiter è stato rinvenuto senza nome nel fondo Luchesi, proveniente da Bonn e conservato a Modena. Andrea Luchesi è stato uno dei musicisti più importanti della sua epoca e ha lavorato per vent’anni a Bonn dove è stato il maestro di Beethoven. Le annotazioni sulla copia manoscritta dimostrano che la Jupiter è stata composta da un musicista di questa città. Inoltre essa ha molti punti di contatto con la n. 40 e la n. 39, e questo significa che tutte e tre sono state composte dalla stessa mano.
Di chi era questa mano? Data la straordinaria qualità di queste composizioni, che M con la sua formazione approssimativa non poteva nemmeno avvicinare, esse devono essere state composte da uno dei musicisti più importanti dell’epoca. E poiché il manoscritto si trova nel fondo che porta il suo nome, l’unica attribuzione ragionevole è ad Andrea Luchesi. Infine lo stile di queste sinfonie è riconoscibilmente simile a quello dell’ouverture dell’Ademira. Un’Opera scritta da Luchesi e che non poteva essergli rubata perché non si può sottrarre al suo autore una composizione così complessa per attribuirla a qualcun altro.
La sottrazione di una composizione musicale al suo autore per attribuirla a qualche musicista germanico, non solo a M ma anche ad Haydn (incolpevole) e ad altri, è stata ripetuta molte centinaia di volte, forse migliaia. L’esaltazione della musica germanica è stata anche uno dei pilastri della propaganda nazista. Il risultato di questa operazione sciagurata non è solo che un musicista di quart’ordine è stato trasformato in un grande genio musicale, ma che la storia del periodo più alto della musica di ogni tempo è stata devastata. Quasi tutti i principali musicisti dell’epoca sono stati oscurati. I più penalizzati sono stati i maestri italiani, dato che quella italiana era allora la tradizione musicale di gran lunga più importante. Ne rimane un ricordo nelle parole presenti sugli spartiti, che sono ancora in italiano.
Nel ‘700 e fino alla prima metà dell’800 i musicisti italiani ricoprivano quasi tutti i principali incarichi nelle più importanti città o corti europee. Lì hanno creato delle scuole e hanno diffuso la loro arte nel resto dell’Europa. Ma adesso sono quasi tutti dimenticati e le loro composizioni sono state attribuite a chi non le ha scritte.
Per esempio quello che era considerato il principale musicista della sua epoca, Muzio Clementi, ha scritto almeno 21 tra Sinfonie e Ouverture (molto meno di quelle attribuite a M e Haydn!), ma se ne conoscono solo otto. E persino queste, almeno in Italia, non vengono mai eseguite. Così come non viene quasi mai eseguita la musica di Viotti, Salieri, Cherubini, Porpora e tanti altri (fa eccezione Boccherini, che lavorava a Madrid e che è sfuggito a questa operazione scellerata).
Prima che comparisse la società moderna gli Stati europei intraprendevano delle guerre per conquistare altri paesi e ridurli a colonie. E quando potevano facevano incetta di opere d’arte (e anche qui il paese più derubato è stato l’Italia, data la ricchezza del suo patrimonio). E’ stata proprio questa mentalità, nazionalista, razzista e predatoria, che ha portato alle due guerre mondiali. Ma questa è anche la mentalità che ha portato all’esaltazione dei musicisti germanici a scapito di tutti gli altri. Un’operazione predatoria che non è diversa dal furto di opere d’arte.
Nella società di oggi, però, questi comportamenti non dovrebbero più avere cittadinanza. E quindi tutti dovrebbero collaborare per riscrivere la storia della musica europea e recuperare quella dimenticata. Anche gli studiosi tedeschi, che del resto hanno già il merito di avere dato il contributo più importante alla revisione critica delle opere di M.
Molti manoscritti sono andati perduti e molti altri non potranno più essere attribuiti ai loro veri autori; ce ne sono però ancora molti altri negli archivi che possono essere recuperati. Inoltre si potrebbe iniziare istituendo una nuova categoria musicale intitolata: “Brano di autore ignoto, già attribuito a …”, partendo dalle oltre 400 composizioni che non sono più attribuibili a M.
Tra gli archivi storici da digitalizzare ci sono quindi anche quelli musicali (vedi più avanti). Ma bisogna evitare di ricadere nei nazionalismi, perché le tradizioni musicali dei diversi paesi non possono più essere separate: oggi si può parlare solo di musica europea.
Questa importante operazione culturale potrebbe sfociare nella compilazione di un pacchetto di qualche centinaio di CD da pubblicare con il titolo “La musica più bella del mondo da tempo dimenticata”. Questa iniziativa dovrebbe essere sostenuta dai Governi del nostro Paese, perché potrebbe migliorare la nostra immagine all’estero con positivi riflessi sull’economia.
Possiamo invadere il mondo con la musica più bella del mondo, quasi tutta italiana, da tanto tempo dimenticata. Perché non lo facciamo?
Digitalizzare gli archivi storici. Ci sono però ancora altre cose che potremmo fare per recuperare delle opere dell’ingegno considerate perdute. Infatti il nostro paese possiede anche il più importante patrimonio archivistico del mondo.
Però i documenti d’archivio non sono facilmente accessibili. Oggi per trovarne uno bisogna sapere che esiste e conoscere il suo indirizzo di catalogo. Ma per quanto riguarda i manoscritti, non sempre la voce di catalogo è rappresentativa del contenuto. E così molti documenti importanti potrebbero rimanere sconosciuti. E poi c’è l’esigenza di mettere al sicuro una volta per tutte questi preziosi documenti. Dato che si tratta di oggetti unici, se il supporto fisico di carta o pergamena viene distrutto, da incendi, furti, umidità, insetti ecc., viene perduto per sempre anche il suo contenuto.
La soluzione è digitalizzarli. Molti lo stanno già facendo, ma manca un piano nazionale per digitalizzare in maniera sistematica tutti i nostri archivi storici più antichi e importanti a partire da quelli pergamenacei, e per metterli su internet in un portale unico a disposizione degli studiosi di tutto il mondo (e tra gli archivi da digitalizzare ci sono anche quelli musicali).
Poi si potrebbe allargare il discorso. L’Italia potrebbe farsi capofila di un progetto internazionale per aiutare gli altri paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente a digitalizzare e mettere in salvo i loro archivi storici.
Purtroppo le guerre recenti o in corso in Iraq e in Siria hanno già fatto molti danni. Ma proprio questi eventi tragici dimostrano quanto sia urgente mettere in salvo le biblioteche e gli archivi storici di questi paesi.
In epoca ellenistica la Siria e l’Iraq facevano parte del regno dei Seleucidi, altrettanto importante di quello egiziano dei Tolomei, ma molto meno conosciuto. In compenso al posto dei papiri venivano usate come materiale scrittorio le tavolette d’argilla che si conservano molto meglio. Tanto che gli archeologi hanno trovato numerose biblioteche, che datano dalle più antiche civiltà mesopotamiche all’epoca ellenistica. Anche lì potrebbero essersi conservate molte opere importanti di carattere storico, letterario o scientifico. E con la guerra in corso molti di questi documenti rischiano di andare perduti. Il salvataggio di parti importanti del nostro patrimonio di arte e di cultura non è altro che il recupero delle nostre tradizioni, della nostra storia e della nostra stessa identità, e per questo troverà sempre nel Paese un ampio consenso.
Infrastrutture nei paesi più poveri. Però un paese come il Nostro non dovrebbe fermarsi qui. Certo, dobbiamo imparare a fare i nostri interessi, invece di fare l’esatto contrario come i governi degli ultimi anni, che hanno fatto di tutto per danneggiare l’economia e trasformare il nostro Paese in una terra di conquista. Però non dovremmo nemmeno perseguire in maniera egoistica il nostro solo interesse. Sarebbe un comportamento miope e poco lungimirante.
Le ONG anti capitaliste, non solo aiutano i trafficanti di carne umana a trasferire in Italia milioni di disperati per mettere in difficoltà un paese capitalista e peggio ancora mediterraneo, ma hanno anche convinto la Banca Mondiale (dell’ONU) e la Banca Europea per gli Investimenti ad interrompere i finanziamenti alle infrastrutture di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita. Per esempio da anni tengono bloccato il progetto Grande Inga, che prevede la costruzioni di una serie di dighe sugli affluenti del fiume Congo che potrebbero soddisfare il fabbisogno energetico di tutta l’Africa centrale.
Questi impianti sarebbero molto più sostenibili della legna da ardere ottenuta con il taglio degli alberi della foresta e si ripagherebbero da soli con il valore dell’energia elettrica prodotta. L’Italia, oltre a costringere le ONG a portare nel loro paese i migranti dei barconi (perché altrimenti la loro è solo ipocrisia allo stato puro), dovrebbe anche sostenere gli investimenti infrastrutturali.
Solo una politica europea di promozione dello sviluppo può risolvere il problema dell’immigrazione irregolare. Aiutare questi paesi ad uscire dalla povertà è anche un buon investimento, sia perché questa è la condizione per la pace e la sicurezza, sia perché l’Africa centrale, proprio perché è così povera, ha davanti a sé un lungo periodo di robusta crescita economica. E quindi è anche la regione del mondo in cui è più conveniente investire (vedi l’articolo “Paesi poveri: problema o opportunità?”).
La distruzione creatrice di posti di lavoro. La crisi economica del 2008 diventata endemica ha abbassato il livello di vita della gente, ha distrutto milioni di posti di lavoro e molti altri li ha sostituiti con lavori sottopagati o precari che non consentono ai giovani di mettere su famiglia. Inoltre ci sono 50.000 scienziati italiani che lavorano all’estero perché nel loro paese non troverebbero lavoro o lo troverebbero a condizioni molto peggiori. Infine dopo aver costretto ad andarsene i giovani migliori che escono dalle nostre università, abbiamo spalancato le porte all’immigrazione selvaggia di milioni di disperati provenienti da ogni parte del mondo. Abbiamo anche importato tutte le organizzazioni criminali del mondo.
Però la “distruzione creatrice” dell’economista austriaco Joseph Schumpeter funziona tanto meglio quanto più l’economia è prospera. Infatti, senza delle risorse economiche da investire, le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale causeranno la perdita di posti di lavoro qualificati senza riuscire a crearne di nuovi. Questo perché un’economia impoverita non è in grado di finanziare i grandi progetti necessari per sfruttarne le potenzialità.
Ma in cosa consistono questi progetti? Innanzi tutto la digitalizzazione dei nostri archivi storici più antichi e importanti. Poi la trasformazione in realtà virtuale dei monumenti e delle opere d’arte conservate nei musei. Dato che abbiamo il più grande patrimonio culturale e di arte classica del mondo, la sua digitalizzazione darebbe lavoro a un mucchio di persone e attirerebbe l’interesse del mondo verso il nostro Paese, cosa che ci farebbe vendere meglio sia il turismo che i nostri prodotti di qualità.
Altri grandi progetti potrebbero sfruttare i sensazionali progressi nel campo dell’ingegneria genetica e delle capacità computazionali.
Nel mondo ci sono miliardi di miliardi di batteri e le proteine di cui sono fatti sono decine di milioni. Le proteine, i mattoni della vita, sono strutture molto complesse che svolgono tutti i compiti chimici possibili immaginabili e in maniera molto specifica. Se avessimo dei soldi da investire potremmo creare molti posti di lavoro qualificati che compenserebbero quelli che andranno perduti nel processo di distruzione creatrice. E il mondo vivente è talmente vasto e complesso che qui c’è lavoro non per qualche secolo, ma per migliaia di anni.
Inoltre questi progetti avrebbero delle ricadute economiche molto importanti. Una conoscenza sempre più vasta e profonda della biologia, degli esseri viventi, delle singole proteine e delle loro complesse interazioni, farebbe progredire la medicina, l’agricoltura, l’industria e le tecnologie ambientali, con la conseguente creazione di molti altri posti di lavoro nei settori più disparati.
Ma per sfruttarne queste potenzialità sono necessarie delle risorse economiche e quindi un’economia prospera, non il contrario. Se proseguiremo sulla strada della sola distruzione senza creazione, diventeremo sempre più poveri e arretrati, sia economicamente che culturalmente. E sì che avremmo potuto essere il paese più prospero e sviluppato del mondo!
Dato che quella delle energie alternative è la politica della sinistra, da un governo di destra ci saremmo aspettati qualcosa di diverso. Invece, nel capitolo 2° del PNRR appena approvato, anche il nuovo governo ha fatto propria la politica fallimentare di eolico, fotovoltaico, biocombustibili e addirittura auto a idrogeno. Abbiamo raschiato il fondo del barile per poi distruggere le poche risorse rimaste, 60 miliardi, per le energie alternative. Quando invece la prima condizione per rilanciare l’economia è proprio l’abbandono di questa politica energetica che è stata inventata proprio per colpire l’economia.
Quelle che seguono sono alcune proposte per diminuire l’impoverimento del paese e per rilanciare l’economia sfruttando le possibilità che abbiamo, che non sono poche.
Energia. La prima cosa da fare è puntare sull’autonomia energetica, allo scopo di diminuire le nostre importazioni di energia e il conseguente impoverimento del sistema paese. Impoverimento che in tempi normali vale diversi punti di PIL e che raddoppia o triplica durante le crisi energetiche.
Bisogna anche riaprire gli impianti di estrazione del gas, costruire i rigassificatori (già fatto dal governo di destra) e sfruttare il calore di scarto delle centrali elettriche per scaldare case e uffici in inverno. A questo punto si potranno togliere gli incentivi agli inutili impianti eolici e fotovoltaici, in modo da risparmiare altri 10 miliardi all’anno. Infine bisognerebbe dare una spinta alle auto elettriche. Sono le auto elettriche a meritare degli incentivi, perché farebbero crollare i consumi e le importazioni di petrolio, e quindi anche le emissioni di anidride carbonica (vedi l’articolo “I vantaggi della trazione elettrica”).
E poi c’è l’energia nucleare, che è la fonte di energia ideale, in grado di produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno in maniera economica, sicurissima e senza emissioni inquinanti o di gas serra. Purtroppo però non la possiamo usare perché interminabili campagne di stampa hanno convinto l’opinione pubblica che essa comporta dei rischi inaccettabili. Quando invece, proprio sulla base di quello che è successo a Cernobyl e a Fukushima, si può affermare che questa è di gran lunga la fonte di energia più sicura che esista (vedi l’articolo: Energia nucleare pulita e sicura).
Immigrazione. L’immigrazione irregolare è un grosso problema per l’Italia e per gli altri paesi mediterranei. Ma è un problema anche per l’Europa, perché molti immigrati cercano di raggiungere paesi come la Francia, la Germania o l’Inghilterra. Quindi è un problema che l’Europa non può più eludere come ha sempre fatto finora.
Però l’unica soluzione è rovesciare la politica antisviluppo di questi anni, offrendo in cambio ai paesi da cui partono gli immigrati quello che desiderano di più: un po’ del nostro sviluppo.
Gli aiuti potrebbero consistere nel finanziamento di alcune infrastrutture importanti, e anche del progetto “Grande muraglia verde del Sahel”, che è la regione da cui partono le carovane di immigrati.
Questi costi sarebbero anche un buon investimento, perché sono proprio i paesi più poveri quelli che hanno le maggiori prospettive di crescita (vedi l’articolo: Paesi poveri: problema o opportunità?).
Centri di servizi. Nelle città, dove si svolge l’80% di tutto il traffico auto, la circolazione è spesso rallentata e convulsa, con la conseguenza di grandi perdite di tempo, di denaro e di un maggiore inquinamento. Ma come si fa a rendere il traffico più scorrevole? La ricetta è semplice e ampiamente praticata nel resto dell’Europa: bisogna concentrare in uno o più luoghi opportuni uffici, negozi, studi professionali e altre attività terziarie che sono quelle che richiamano pubblico e generano i principali flussi del traffico. In questo modo diminuirà il numero degli spostamenti, e una percentuale maggiore di essi avverrà con i mezzi del trasporto pubblico.
I centri di servizi verrebbero realizzati dai privati con capitali privati, mentre la mano pubblica dovrebbe acquisire e mettere a disposizione le aree ed assicurare gli indispensabili collegamenti. Dato che molte di queste spese esulano dalla normale amministrazione, esse potrebbero essere sostenute dal Governo nell’ambito di un piano nazionale per i trasporti urbani, che sarebbe almeno altrettanto giustificato di quello per le grandi opere, ma costerebbe molto di meno.
Questo sito ha elaborato una proposta specifica per la città di Ferrara, che purtroppo finora non è stata realizzata, ma che può servire come esempio (vedi la “Proposta per i problemi del traffico di una città italiana”).
Ricostruzione post terremoto: la casa a graticci. Questa tipologia edilizia, molto diffusa in Europa ma assente in Italia, è la più anti sismica che si possa immaginare. Nei centri storici della Francia e della Germania si vedono spesso queste abitazioni con le travi di sostegno ben visibili, che a volte sono vecchie quanto le grandi cattedrali gotiche.
La struttura portante, in grado di resistere a qualsiasi terremoto, è costituita da travi della sezione di circa 15 X 20 cm ben connesse tra di loro, posata su una base di pietre o di mattoni.
Una volta realizzata l’intelaiatura, rimangono da riempire gli spazi vuoti che formeranno le pareti. La tecnica è semplice (è più difficile da dire che da fare) e i materiali sono poco costosi e facilmente reperibili.
Innanzi tutto bisogna inserire delle assicelle verticali spesse 3 cm e larghe il doppio nelle scanalature predisposte nelle travi, distanziandole di circa 15 cm. Poi bisogna intrecciare intorno ad esse, in senso orizzontale, dei rametti flessibili lasciando tra di loro un po’ di spazio. Questo è il sostegno. Adesso bisogna mescolare i tre ingredienti che riempiranno le pareti, cioè paglia, sabbia e argilla.
Si stende per terra un telo grande come un asciugamano da spiaggia. Si dispone sopra di esso uno strato di paglia di 5 o 6 cm e lo si cosparge con sabbia e argilla un po’ liquida. Si prendono i due capi del telo e li si tirano verso gli altri due. Poi si prendono gli altri due capi e si tira nella direzione opposta, e si ripete questa operazione alcune volte. Si forma un rotolo nel quale i tre ingredienti si mescolano. Con questo composto bisogna riempire tutti gli spazi tra le assicelle e i rametti, avendo cura di spingerlo bene con le dita negli interstizi. Si compatta il tutto dall’interno e dall’esterno fino ad ottenere una superficie piana e uno spessore di circa 15 cm. A questo punto bisogna lasciare riposare il tutto per due mesi e poi si può applicare l’intonaco, all’interno e all’esterno. Queste pareti sono resistenti nel tempo e sono anche isolanti e traspiranti.
Riscoprire la grande musica dimenticata. La musica classica porta questo nome anche se è stata sviluppata in epoca barocca. Essa comunque ha delle radici antiche, che si estendono in profondità fino all’epoca greco - romana. Sono la musica gregoriana, la tradizione di registrare per iscritto i motivi musicali e l’organo a canne. Partendo dalla musica monodica gregoriana, col tempo la tecnica musicale si è evoluta fino ai massimi risultati raggiunti nella seconda metà del Settecento.
Allora l’Italia era all’avanguardia in tutti i settori della musica. Le capitali musicali dell’Europa erano Venezia, Roma e Napoli. Però proprio questa tradizione straordinaria è stata stravolta da un’operazione sciagurata che aveva lo scopo di esaltare i musicisti germanici a spese di tutti gli altri.
E’ uscita qualche anno fa l’opera in due grossi volumi intitolata “Mozart - la caduta degli dei” di Luca Bianchini e Anna Trombetta, stampata da Youcanprint. Questi due studiosi, sulla scorta di una conoscenza profonda della documentazione e della saggistica in materia, hanno ricostruito la biografia del salisburghese e ne hanno analizzato la produzione musicale. M non ha mai frequentato scuole di alcun tipo, nemmeno di musica. L’unico suo insegnante in tutto è stato suo padre, che però nel campo della musica era un autodidatta. I documenti riguardanti l’esame sostenuto a Bologna presso la scuola di Padre Martini dimostrano che a 14 anni M non sapeva nulla di composizione, perché suo padre non era stato capace di insegnargliela. Ma anche dopo di allora M non ha mai avuto insegnanti di musica. Ma allora come avrebbe fatto a comporre le straordinarie sinfonie che gli sono state attribuite? Se anche fosse stato il più grande genio musicale dell’universo, ma non lo era, come avrebbe fatto ad inventarsi tutti i progressi di quest’arte dall’anno zero della civiltà fino al 1770?
Del resto quando era in vita M non è mai stato considerato un musicista importante. In realtà era un plagiario sistematico. Ha legato il suo nome a 155 composizioni. Per molte di esse ci sono le copie di lavoro, ne parla nelle sue lettere e siamo sicuri che sono sue. Ma si tratta di cose di scarso valore, portate avanti con fatica e a volte lasciate incompiute. Il resto sono dei plagi. Alcuni decenni dopo la sua morte è stato creato il mito del genio e, prima per ragioni commerciali e poi nazionalistiche, gli sono state attribuite molte altre composizioni rubate ad altri autori, quasi tutti italiani, fino a superare il migliaio. Oggi questo numero si è ridotto a 600, e questo significa che oltre 400 sono già state riconosciute dalla critica come non sue. Ma anche quelle che restano non sono state composte da lui.
Per esempio chi scrive, che non è un esperto di musica, si trova in casa un CD con le sinfonie n. 40 e 41“Jupiter”. Lo spartito della Jupiter è stato rinvenuto senza nome nel fondo Luchesi, proveniente da Bonn e conservato a Modena. Andrea Luchesi è stato uno dei musicisti più importanti della sua epoca e ha lavorato per vent’anni a Bonn dove è stato il maestro di Beethoven. Le annotazioni sulla copia manoscritta dimostrano che la Jupiter è stata composta da un musicista di questa città. Inoltre essa ha molti punti di contatto con la n. 40 e la n. 39, e questo significa che tutte e tre sono state composte dalla stessa mano.
Di chi era questa mano? Data la straordinaria qualità di queste composizioni, che M con la sua formazione approssimativa non poteva nemmeno avvicinare, esse devono essere state composte da uno dei musicisti più importanti dell’epoca. E poiché il manoscritto si trova nel fondo che porta il suo nome, l’unica attribuzione ragionevole è ad Andrea Luchesi. Infine lo stile di queste sinfonie è riconoscibilmente simile a quello dell’ouverture dell’Ademira. Un’Opera scritta da Luchesi e che non poteva essergli rubata perché non si può sottrarre al suo autore una composizione così complessa per attribuirla a qualcun altro.
La sottrazione di una composizione musicale al suo autore per attribuirla a qualche musicista germanico, non solo a M ma anche ad Haydn (incolpevole) e ad altri, è stata ripetuta molte centinaia di volte, forse migliaia. L’esaltazione della musica germanica è stata anche uno dei pilastri della propaganda nazista. Il risultato di questa operazione sciagurata non è solo che un musicista di quart’ordine è stato trasformato in un grande genio musicale, ma che la storia del periodo più alto della musica di ogni tempo è stata devastata. Quasi tutti i principali musicisti dell’epoca sono stati oscurati. I più penalizzati sono stati i maestri italiani, dato che quella italiana era allora la tradizione musicale di gran lunga più importante. Ne rimane un ricordo nelle parole presenti sugli spartiti, che sono ancora in italiano.
Nel ‘700 e fino alla prima metà dell’800 i musicisti italiani ricoprivano quasi tutti i principali incarichi nelle più importanti città o corti europee. Lì hanno creato delle scuole e hanno diffuso la loro arte nel resto dell’Europa. Ma adesso sono quasi tutti dimenticati e le loro composizioni sono state attribuite a chi non le ha scritte.
Per esempio quello che era considerato il principale musicista della sua epoca, Muzio Clementi, ha scritto almeno 21 tra Sinfonie e Ouverture (molto meno di quelle attribuite a M e Haydn!), ma se ne conoscono solo otto. E persino queste, almeno in Italia, non vengono mai eseguite. Così come non viene quasi mai eseguita la musica di Viotti, Salieri, Cherubini, Porpora e tanti altri (fa eccezione Boccherini, che lavorava a Madrid e che è sfuggito a questa operazione scellerata).
Prima che comparisse la società moderna gli Stati europei intraprendevano delle guerre per conquistare altri paesi e ridurli a colonie. E quando potevano facevano incetta di opere d’arte (e anche qui il paese più derubato è stato l’Italia, data la ricchezza del suo patrimonio). E’ stata proprio questa mentalità, nazionalista, razzista e predatoria, che ha portato alle due guerre mondiali. Ma questa è anche la mentalità che ha portato all’esaltazione dei musicisti germanici a scapito di tutti gli altri. Un’operazione predatoria che non è diversa dal furto di opere d’arte.
Nella società di oggi, però, questi comportamenti non dovrebbero più avere cittadinanza. E quindi tutti dovrebbero collaborare per riscrivere la storia della musica europea e recuperare quella dimenticata. Anche gli studiosi tedeschi, che del resto hanno già il merito di avere dato il contributo più importante alla revisione critica delle opere di M.
Molti manoscritti sono andati perduti e molti altri non potranno più essere attribuiti ai loro veri autori; ce ne sono però ancora molti altri negli archivi che possono essere recuperati. Inoltre si potrebbe iniziare istituendo una nuova categoria musicale intitolata: “Brano di autore ignoto, già attribuito a …”, partendo dalle oltre 400 composizioni che non sono più attribuibili a M.
Tra gli archivi storici da digitalizzare ci sono quindi anche quelli musicali (vedi più avanti). Ma bisogna evitare di ricadere nei nazionalismi, perché le tradizioni musicali dei diversi paesi non possono più essere separate: oggi si può parlare solo di musica europea.
Questa importante operazione culturale potrebbe sfociare nella compilazione di un pacchetto di qualche centinaio di CD da pubblicare con il titolo “La musica più bella del mondo da tempo dimenticata”. Questa iniziativa dovrebbe essere sostenuta dai Governi del nostro Paese, perché potrebbe migliorare la nostra immagine all’estero con positivi riflessi sull’economia.
Possiamo invadere il mondo con la musica più bella del mondo, quasi tutta italiana, da tanto tempo dimenticata. Perché non lo facciamo?
Digitalizzare gli archivi storici. Ci sono però ancora altre cose che potremmo fare per recuperare delle opere dell’ingegno considerate perdute. Infatti il nostro paese possiede anche il più importante patrimonio archivistico del mondo.
Però i documenti d’archivio non sono facilmente accessibili. Oggi per trovarne uno bisogna sapere che esiste e conoscere il suo indirizzo di catalogo. Ma per quanto riguarda i manoscritti, non sempre la voce di catalogo è rappresentativa del contenuto. E così molti documenti importanti potrebbero rimanere sconosciuti. E poi c’è l’esigenza di mettere al sicuro una volta per tutte questi preziosi documenti. Dato che si tratta di oggetti unici, se il supporto fisico di carta o pergamena viene distrutto, da incendi, furti, umidità, insetti ecc., viene perduto per sempre anche il suo contenuto.
La soluzione è digitalizzarli. Molti lo stanno già facendo, ma manca un piano nazionale per digitalizzare in maniera sistematica tutti i nostri archivi storici più antichi e importanti a partire da quelli pergamenacei, e per metterli su internet in un portale unico a disposizione degli studiosi di tutto il mondo (e tra gli archivi da digitalizzare ci sono anche quelli musicali).
Poi si potrebbe allargare il discorso. L’Italia potrebbe farsi capofila di un progetto internazionale per aiutare gli altri paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente a digitalizzare e mettere in salvo i loro archivi storici.
Purtroppo le guerre recenti o in corso in Iraq e in Siria hanno già fatto molti danni. Ma proprio questi eventi tragici dimostrano quanto sia urgente mettere in salvo le biblioteche e gli archivi storici di questi paesi.
In epoca ellenistica la Siria e l’Iraq facevano parte del regno dei Seleucidi, altrettanto importante di quello egiziano dei Tolomei, ma molto meno conosciuto. In compenso al posto dei papiri venivano usate come materiale scrittorio le tavolette d’argilla che si conservano molto meglio. Tanto che gli archeologi hanno trovato numerose biblioteche, che datano dalle più antiche civiltà mesopotamiche all’epoca ellenistica. Anche lì potrebbero essersi conservate molte opere importanti di carattere storico, letterario o scientifico. E con la guerra in corso molti di questi documenti rischiano di andare perduti. Il salvataggio di parti importanti del nostro patrimonio di arte e di cultura non è altro che il recupero delle nostre tradizioni, della nostra storia e della nostra stessa identità, e per questo troverà sempre nel Paese un ampio consenso.
Infrastrutture nei paesi più poveri. Però un paese come il Nostro non dovrebbe fermarsi qui. Certo, dobbiamo imparare a fare i nostri interessi, invece di fare l’esatto contrario come i governi degli ultimi anni, che hanno fatto di tutto per danneggiare l’economia e trasformare il nostro Paese in una terra di conquista. Però non dovremmo nemmeno perseguire in maniera egoistica il nostro solo interesse. Sarebbe un comportamento miope e poco lungimirante.
Le ONG anti capitaliste, non solo aiutano i trafficanti di carne umana a trasferire in Italia milioni di disperati per mettere in difficoltà un paese capitalista e peggio ancora mediterraneo, ma hanno anche convinto la Banca Mondiale (dell’ONU) e la Banca Europea per gli Investimenti ad interrompere i finanziamenti alle infrastrutture di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita. Per esempio da anni tengono bloccato il progetto Grande Inga, che prevede la costruzioni di una serie di dighe sugli affluenti del fiume Congo che potrebbero soddisfare il fabbisogno energetico di tutta l’Africa centrale.
Questi impianti sarebbero molto più sostenibili della legna da ardere ottenuta con il taglio degli alberi della foresta e si ripagherebbero da soli con il valore dell’energia elettrica prodotta. L’Italia, oltre a costringere le ONG a portare nel loro paese i migranti dei barconi (perché altrimenti la loro è solo ipocrisia allo stato puro), dovrebbe anche sostenere gli investimenti infrastrutturali.
Solo una politica europea di promozione dello sviluppo può risolvere il problema dell’immigrazione irregolare. Aiutare questi paesi ad uscire dalla povertà è anche un buon investimento, sia perché questa è la condizione per la pace e la sicurezza, sia perché l’Africa centrale, proprio perché è così povera, ha davanti a sé un lungo periodo di robusta crescita economica. E quindi è anche la regione del mondo in cui è più conveniente investire (vedi l’articolo “Paesi poveri: problema o opportunità?”).
La distruzione creatrice di posti di lavoro. La crisi economica del 2008 diventata endemica ha abbassato il livello di vita della gente, ha distrutto milioni di posti di lavoro e molti altri li ha sostituiti con lavori sottopagati o precari che non consentono ai giovani di mettere su famiglia. Inoltre ci sono 50.000 scienziati italiani che lavorano all’estero perché nel loro paese non troverebbero lavoro o lo troverebbero a condizioni molto peggiori. Infine dopo aver costretto ad andarsene i giovani migliori che escono dalle nostre università, abbiamo spalancato le porte all’immigrazione selvaggia di milioni di disperati provenienti da ogni parte del mondo. Abbiamo anche importato tutte le organizzazioni criminali del mondo.
Però la “distruzione creatrice” dell’economista austriaco Joseph Schumpeter funziona tanto meglio quanto più l’economia è prospera. Infatti, senza delle risorse economiche da investire, le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale causeranno la perdita di posti di lavoro qualificati senza riuscire a crearne di nuovi. Questo perché un’economia impoverita non è in grado di finanziare i grandi progetti necessari per sfruttarne le potenzialità.
Ma in cosa consistono questi progetti? Innanzi tutto la digitalizzazione dei nostri archivi storici più antichi e importanti. Poi la trasformazione in realtà virtuale dei monumenti e delle opere d’arte conservate nei musei. Dato che abbiamo il più grande patrimonio culturale e di arte classica del mondo, la sua digitalizzazione darebbe lavoro a un mucchio di persone e attirerebbe l’interesse del mondo verso il nostro Paese, cosa che ci farebbe vendere meglio sia il turismo che i nostri prodotti di qualità.
Altri grandi progetti potrebbero sfruttare i sensazionali progressi nel campo dell’ingegneria genetica e delle capacità computazionali.
Nel mondo ci sono miliardi di miliardi di batteri e le proteine di cui sono fatti sono decine di milioni. Le proteine, i mattoni della vita, sono strutture molto complesse che svolgono tutti i compiti chimici possibili immaginabili e in maniera molto specifica. Se avessimo dei soldi da investire potremmo creare molti posti di lavoro qualificati che compenserebbero quelli che andranno perduti nel processo di distruzione creatrice. E il mondo vivente è talmente vasto e complesso che qui c’è lavoro non per qualche secolo, ma per migliaia di anni.
Inoltre questi progetti avrebbero delle ricadute economiche molto importanti. Una conoscenza sempre più vasta e profonda della biologia, degli esseri viventi, delle singole proteine e delle loro complesse interazioni, farebbe progredire la medicina, l’agricoltura, l’industria e le tecnologie ambientali, con la conseguente creazione di molti altri posti di lavoro nei settori più disparati.
Ma per sfruttarne queste potenzialità sono necessarie delle risorse economiche e quindi un’economia prospera, non il contrario. Se proseguiremo sulla strada della sola distruzione senza creazione, diventeremo sempre più poveri e arretrati, sia economicamente che culturalmente. E sì che avremmo potuto essere il paese più prospero e sviluppato del mondo!