DESTRA E SINISTRA?
L’errore storico del marxismo.
Al centro del tema ambiente e sviluppo c’è il nostro giudizio sulla società moderna, che non è la causa della povertà e delle ingiustizie sociali come pretende il marxismo, ma al contrario l’unico rimedio.
Marx non ha capito la crescita economica moderna e il lavoro di economisti come Adam Smith e David Ricardo, i quali hanno dimostrato i vantaggi della specializzazione produttiva e del commercio.
Marx afferma, senza però dimostrare nulla, che c’è una contrapposizione di interessi tra i “capitalisti” che li sfruttano e i lavoratori che vengono sfruttati, e accusa la società moderna - capitalista di essere la causa delle ingiustizie sociali.
In realtà i capitalisti, che sarebbe meglio chiamare imprenditori, svolgono un ruolo fondamentale per l’economia e per la creazione dei posti di lavoro, perché sono pochi quelli che riescono ad inventarsi dei beni e dei servizi e ad organizzarne la produzione e la vendita in un mercato competitivo (cosa che non riesce a fare uno stato sovietico).
E non è nemmeno vero che c’è un radicale contrasto di interessi tra imprenditori e lavoratori come in natura tra predatori e prede, perché ci deve sempre essere equilibrio tra la produttività e quello che l’imprenditore spende per il lavoro e gli altri strumenti della produzione. Un imprenditore non può pagare né molto di più né molto di meno per i vari fattori della produzione rispetto alla produttività, che siano macchinari o forza lavoro, perché in ambedue i casi andrebbe fuori mercato e sarebbe costretto a chiudere. Questo significa che tutte e due le parti hanno un fondamentale interesse a collaborare per aumentare la produttività, che è anche l’unica condizione per aumentare sia i profitti dell’imprenditore che le retribuzioni (reali) dei lavoratori dipendenti.
Eppure il marxismo ha avuto una grande fortuna perché anche nella nostra società ci sono i ricchi e i poveri e viene naturale accusare questi ultimi di essere la causa delle ingiustizie sociali. Però i ricchi di oggi, i “capitalisti”, sono diversi dai ricchi di una volta, i nobili: gli imprenditori sono ricchi grazie alle loro capacità e reinvestono i loro capitali in attività produttive che beneficiano tutta la società, mentre i nobili dovevano la loro ricchezza alla rendita fondiaria e la spendevano in beni di lusso o per costruire chiese e palazzi.
La strumentalizzazione dei temi ambientali.
L’ampia analisi del tema ambiente e sviluppo presentata in questo sito ha dimostrato che la società moderna è l’unica sostenibile sia sul piano sociale che ambientale mai comparsa nella storia umana. Negli ultimi due secoli essa ha abolito la schiavitù, ha diffuso la democrazia e ha triplicato su scala mondiale la lunghezza media della vita, cosa che implica un enorme miglioramento della sua qualità.
La società moderna ci ha anche regalato un enorme aumento della conoscenza che abbiamo del mondo: della natura, di noi stessi e dell’universo. Anche per questo è difficile per noi oggi immaginare le condizioni di vita, molto peggiori delle nostre, anche solo di pochi secoli fa (vedi per esempio la pagina “La scienza prima di Galilei e Newton”).
Infine la società in cui viviamo, contrariamente a quello che molti pensano, è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale, e lo sarebbe ancora di più se le soluzioni migliori che abbiamo non fossero state ostacolate o impedite per non fare dei regali alla società capitalista.
Durante la fase di crescita che porta dalla povertà al benessere aumenta, e anche molto, la produzione dei beni materiali e con essa l’impatto ambientale. Per questo molti pensano che la società in cui viviamo non sia sostenibile. Ma questi danni possono essere considerati un’eredità del passato, cioè di società che erano sempre in crescita demografica esponenziale e che producevano i loro beni in maniera altamente inefficiente. Ad essere sostenibili invece, per i motivi opposti, sono le società sviluppate, sia perché sono le uniche che non sono più in crescita demografica sia perché, raggiunti i limiti del mercato, la produzione dei beni materiali smette di aumentare e si assesta su livelli più bassi. I beni di cui abbiamo bisogno, poi, li produciamo in maniera sempre più efficiente, cioè consumando sempre meno risorse naturali. Infine la società moderna, dato che ha già soddisfatto i bisogni primari, è anche l’unica interessata alla tutela dell’ambiente.
Per quanto riguarda invece i paesi emergenti, essi stanno crescendo a ritmi che sono persino superiori a quelli del boom economico italiano degli anni ‘50 e ‘60 e anche le loro economie si stanno orientando sempre di più sui servizi. Stanno anche raggiungendo la stabilità demografica, perché è dalla metà degli anni ’90 che in media mondiale il numero di nuovi nati si è stabilizzato.
Oggi le attività umane vengono sistematicamente messe sotto accusa, mentre la natura è stata idealizzata al punto che spesso si sente dire che essa è buona mentre la società umana è cattiva perché è quella che ha inventato la guerra. In realtà la natura è crudele e spietata quanto lo sono le guerre, ma la società moderna, non più in crescita demografica e con un’economia che per funzionare ha bisogno di libertà, pace e sicurezza, è l’unica nella Storia ad avere abolito la guerra.
Purtroppo di guerre ce ne sono ancora, ma a volerle sono proprio i paesi più lontani dalla società moderna o che addirittura la combattono. Come il fascismo che inveiva contro le “plutocrazie” (o regimi del denaro); in realtà democrazie che avevano raggiunto il loro più alto tenore di vita con una pacifica crescita economica. Oppure come la Russia di Putin che si sente in guerra contro “il nuovo ordine mondiale” e che per questo da anni sta finanziando e armando tutti i dittatori, le bande criminali e i terroristi del mondo.
Ma poi di quale ordine stiamo parlando? Sono i dati dell’ONU a dirci che nell’ultimo mezzo secolo tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento e questo è avvenuto perché quasi tutto il mondo ha adottato la società moderna e sta uscendo velocemente dalla povertà. Se è questo il nuovo ordine mondiale, ben venga!
Perché dovremmo combattere, con dei pretesti ambientali e buonisti, una società libera, prospera e pacifica, non più in crescita demografica, che consuma sempre meno risorse naturali e che è anche l’unica che si preoccupa dell’ambiente?
Destra o sinistra?
La guerra contro la società moderna viene condotta dalle forze che si ispirano all’ideologia marxista. Questo però che cosa significa, che dovremmo votare tutti per la destra?
A dire la verità ci sono due tipi di destre. Innanzi tutto c’è la destra tradizionale, che non è altro che l’espressione delle vecchie classi dominanti, cioè delle monarchie e della classe nobile e, in tempi più recenti, delle dittature. E poi c’è la destra liberale, che è essa pure un’elite economica e politica, che però si contrappone alle monarchie e alle dittature perché si fonda sui valori della società moderna, che sono la rivoluzione scientifica e tecnologica, l’economia di mercato, la libertà e la democrazia. Ma anche sull’attività imprenditoriale nel contesto dell’economia di mercato e dello stato di diritto, invece che sui privilegi di nascita e la rendita fondiaria. Queste due destre sono tra loro incompatibili, anche se sono entrambe opposte alla sinistra.
La storia di Ferrara ci può insegnare qualcosa.
Per esempio se leggiamo l’Istoria di Ferrara di Girolamo Baruffaldi (1675 – 1753) che copre il periodo che va dall’anno 1655 all’anno 1700, possiamo toccare con mano questa differenza. Nel 1598 gli Este se ne erano andati da Ferrara per essere sostituiti dallo Stato della Chiesa e dai legati pontifici. Il potere era nelle mani delle famiglie nobili e dell’alto clero, che erano i soli che possedevano la terra, la principale e quasi unica fonte di reddito.
Questa era la situazione anche nell’epoca romana, quando le attività artigianali e il commercio erano all’ultimo posto della scala sociale. All’inizio del secondo impero Diocleziano creò le corporazioni di arti e mestieri, allo scopo di rendere gli appartenenti a queste categorie solidali nel pagamento delle tasse.
Poi con la fine dell’impero romano crollò l’intera società civile e nei secoli bui del Medioevo la Chiesa e le corporazioni furono le uniche istituzioni cittadine che riuscirono a sopravvivere.
Nelle città le corporazioni presero il controllo della politica: è l’epoca dei Comuni che si autodefinivano repubbliche perché le loro istituzioni di governo si ispiravano a quelle della repubblica romana. Nelle campagne vigeva invece il diritto feudale, dato che erano i nobili a possedere la terra.
In Italia ai Comuni subentrarono le Signorie che, come quella degli Este a Ferrara, cercavano di accumulare ricchezza, potere e tesori. Però per lo più esse conservarono le istituzioni amministrative comunali e sostennero le attività economiche cittadine, perché avevano capito che avrebbero potuto ottenere di più dai dazi e dalle tasse.
Con questa politica la città di Ferrara, che controllava le vie di commercio fluviali della Pianura Padana prima del loro sbocco in mare, raggiunse una relativa prosperità e crebbe di dimensioni. Però siamo ancora molto lontani dalla società moderna, perché mancavano le tecnologie di oggi e delle adeguate fonti di energia,
e la grande maggioranza della popolazione rimaneva molto povera.
Gli Este e la stessa città di Ferrara accumularono immensi tesori e collezioni d’arte, anche se alla fine questo patrimonio andò quasi tutto distrutto o disperso. E anche i monumenti più importanti nel corso dei secoli sono andati perduti (quasi tutti) o sono stati gravemente manomessi.
Quando lo Stato della Chiesa sostituì la signoria degli Este, mantenne le istituzioni cittadine dell’epoca comunale, ma era meno interessato alle attività artigianali e al commercio, che erano considerate di importanza minore rispetto all’agricoltura dalla quale i nobili e l’alto clero ottenevano le loro rendite. E gli artigiani, come nell’epoca romana, erano di nuovo finiti all’ultimo posto della scala sociale.
Le difficoltà dell’economia erano aggravate dal clima molto rigido. Nella seconda metà del Seicento siamo nel culmine della “piccola glaciazione” e spesso il Po, il Reno e i fiumi della Romagna esondavano perché in inverno faceva molto freddo, nelle montagne si accumulava tantissima neve, che poi tra aprile e giugno si scioglieva e andava ad aggiungersi alle piogge primaverili, come racconta il Baruffaldi a pag. 274 e 425 della sua Istoria.
Per questo lo Stato della Chiesa faceva tutto quello che poteva per rafforzare gli argini dei fiumi, anche se con scarsi risultati, mentre ci vollero decenni prima che lo stato pontificio trovasse le risorse per lo scavo del Po di Volano, il canale che collega il Po Grande al mare passando per Ferrara, che si era interrato e non era più navigabile. L’interruzione della navigazione aveva creato enormi difficoltà all’economia cittadina. Per tutti questi motivi la situazione peggiorò al punto che, come ci racconta il Baruffaldi a pag. 196 dell’Istoria, la popolazione al tempo degli ultimi principi estensi era due terzi più numerosa che nella sua epoca (il che equivale a dire che nel primo secolo di dominio dei Papa – Re, la popolazione di Ferrara era diminuita del 40%).
La miseria era sotto gli occhi di tutti, ma gli unici rimedi conosciuti erano le processioni e le elemosine. I buoni sentimenti sono sempre importanti, però con le elemosine il volume dell’economia non aumenta e, tenendo conto della crescita demografica, la povertà non può diminuire.
In questo contesto i nobili, che spesso disponevano di grossi capitali, li impiegavano per consumi di lusso, per costruire chiese e palazzi o per organizzare spettacoli teatrali e tornei cavallereschi, a volte con macchine sceniche costosissime, allo scopo di aumentare il loro prestigio e ottenere altri privilegi. E questo anche quando la gente moriva di fame o di freddo.
Con la diminuzione dei suoi abitanti anche il centro storico si ridusse di dimensioni, perché le case e i palazzi “dirupati” - perché in stato di abbandono - venivano demoliti forse per non pagarci sopra delle tasse. Infine anche i suoi famosi teatri furono tutti distrutti da incendi.
Questa difficile situazione sociale ed economica, però, non era esclusiva dello Stato della Chiesa, ma riguardava tutto il vecchio sistema di potere – quello che i francesi chiamano ancien regime - costituito dalle monarchie e dalle classi nobili (fa eccezione l’Inghilterra da Enrico VIII in poi, che aveva venduto i beni della Chiesa e creato una nuova classe di proprietari terrieri diversa da quella nobile).
Alla fine con la Rivoluzione francese e con il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale la società feudale è stata sostituita da quella moderna. Essa negli ultimi due secoli ha abolito i titoli nobiliari e la schiavitù (non solo in Europa, ma in tutto il mondo) e ha innalzato il livello di vita al punto che la sua lunghezza è triplicata.
Nella società moderna giocano un ruolo fondamentale gli imprenditori, che il marxismo chiama “capitalisti” che però, a differenza dei nobili del passato, reinvestono i loro capitali in attività produttive, cosa di cui beneficiano l’economia e tutta la società.
Il marxismo però ignora, anzi rovescia questi fondamentali dati storici e ha messo sotto accusa proprio la società moderna e le ha dichiarato guerra. Questa ideologia, e i partiti che ad essa si ispirano, fomentano l’odio sociale e la lotta di classe, degli operai contro gli imprenditori, allo scopo di combattere le ingiustizie sociali. Ma tutte le società, anche quelle animali, si fondano sulla collaborazione, non sulla guerra interna, anche se la competizione non scompare mai del tutto. Anzi, la collaborazione tra gli individui che la compongono è l’essenza stessa della società. Pertanto la guerra dichiarata dal marxismo contro la società moderna è distruttiva per la società in cui viviamo, ha già causato e continua a causare danni immensi che colpiscono prima di tutto la gente comune, la sua parte più debole.
Alla sinistra si contrappone la destra che però, anche quando si ispira ai principi del liberalismo, non ha ancora elaborato una propria interpretazioni dei temi dell’ambiente e dello sviluppo, con la conseguenza che non ha ancora una politica adeguata ai problemi del mondo di oggi.
Politiche ambientali sbagliate sia a destra che a sinistra.
In Italia la guerra contro la società moderna ha provocato danni tali da farci diventare un Paese di serie B. Se invece che sulla guerra avessimo puntato sulla collaborazione, oggi saremmo il paese più prospero e sviluppato del mondo, non un Paese in cui la gente ha smesso di fare figli perché ha paura del futuro.
Negli ultimi decenni le forze politiche che si ispirano al marxismo hanno strumentalizzato i temi ambientali per imporre delle finte soluzioni che hanno come unico scopo di causare danni all’economia. Infatti, dopo che la crescita economica moderna ha soddisfatto i bisogni fondamentali, sono emersi dei bisogni più sofisticati, tra cui quello di tutelare l’ambiente. E l’interesse dell’opinione pubblica è tale che oggi in nome dell’ambiente si riesce a far passare qualsiasi cosa, anche la più assurda. E le altre forze politiche, per non andare contro corrente, quasi mai cercano di impedirlo. Anzi, dato che non hanno una loro elaborazione dei temi ambientali, hanno addirittura adottato quella della sinistra, che però è stata inventata per fare il massimo danno all’economia e alla società “capitalista”! Così abbiamo il paradosso di un Paese che nel dopoguerra ha visto raddoppiare la superficie dei boschi, tornare la fauna selvatica e crollare le sue emissioni inquinanti, che non fa che denunciare i danni all’ambiente causati dalla società moderna!
I danni all’ambiente sono reali, ma essi riguardano la fase di crescita che porta dalla povertà al benessere (che noi abbiamo superato già da 50 anni), perché in questo periodo la produzione dei beni materiali deve aumentare di alcune decine di volte. Ma questi danni sono un’eredità del passato, cioè della crescita demografica esponenziale e della bassa efficienza produttiva di tutte le altre epoche, problemi che proprio la società moderna è riuscita a risolvere. Inoltre questa stessa società, che è quella in cui viviamo, ha già tutte le soluzioni che possiamo desiderare per i principali problemi di oggi, sia dell’ambiente che dello sviluppo, sia dei paesi sviluppati che degli emergenti, che però vengono sistematicamente ostacolate e impedite.
Oggi le principali strategie della guerra contro la società moderna - capitalista sono due: la prima è favorire con dei pretesti buonisti l’immigrazione illegale e nello stesso tempo impedire con dei pretesti ambientali lo sviluppo dei paesi più poveri. La seconda è quella degli allarmi sul clima, che ha lo scopo di imporre dei costi stratosferici ai paesi più sviluppati col pretesto della “lotta contro il cambiamento climatico”.
Per quanto riguarda il primo punto, ci sono delle mansioni per le quali le aziende non riescono a trovare in Italia abbastanza personale. Ma è assurdo che chi è disposto a fare questi lavori sia costretto a trasferirsi in Italia in maniera illegale. E’ assurdo che debba pagare delle cifre esorbitanti e finanziare delle organizzazioni criminali o terroristiche e che debba poi attraversare il mare in maniera precaria su dei barchini. Ed è ancora più assurdo che molti spendano tutti i loro risparmi per farsi trasportare in Italia dai trafficanti di carne umana, per poi non trovare lavoro e vivere di espedienti o di attività illegali. Infine c’è anche la contraddizioni di istituzioni pubbliche che di fatto favoriscono l’immigrazione clandestina e illegale, mentre il loro compito istituzionale dovrebbe essere quello di applicare le leggi dello Stato. E lo Stato non può rinunciare ad applicare la legge sul proprio territorio, non può rinunciare alla propria sovranità.
Altrettanto contraddittorio è il comportamento delle istituzioni internazionali che sono state create per promuovere lo sviluppo dei paesi più poveri e che invece da anni lavorano attivamente per impedirlo! Un esempio è la Banca mondiale dell’ONU che da molto tempo ha smesso di finanziare le infrastrutture di cui i paesi poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita (e che i paesi sviluppati considerano a casa loro indispensabili). Non si può nemmeno immaginare una combinazione più devastante, giustificata da pretesti ambientali e buonisti, che è stata studiata apposta per fare il massimo danno sia ai paesi sviluppati che a quelli più poveri!
La seconda principale strategia di questa guerra totale è quella degli allarmi sul clima. Allarmi incessanti che hanno come unico vero scopo di imporre delle politiche decine di volte più distruttive di quelle che sono state adottate finora (vedi nel libro FALSO ALLARME di Bjorn Lomborg i costi stratosferici dell’Accordo di Parigi che è stato firmato nell’anno 2015 da quasi tutti i paesi più sviluppati)
Questo libro però ancora non tiene conto dei dati più recenti riguardanti l’influenza del sole sul clima terrestre. Infatti, nonostante quello che ci sentiamo continuamente ripetere, la scienza in questo momento ci sta dicendo che è quasi sicuramente il sole la causa del riscaldamento globale degli ultimi decenni, non l’anidride carbonica. E l’ipotesi solare ha anche il pregio di poter essere verificata, perché gli scienziati hanno collegato il numero delle macchie solari al clima terrestre e negli ultimi due cicli esse sono molto diminuite. Questo significa che, se l’ipotesi solare è corretta, nei prossimi anni dovremmo assistere alla fine di questa fase si riscaldamento globale. Inoltre la CO2 è il principale fattore di crescita delle piante, non il principale nemico della natura e dell’ambiente! E anche la scienza che sta dietro il ciclo del carbonio non può essere messa in discussione. E se l’ipotesi solare nei prossimi anni si dimostrasse corretta, scenario che al momento è di gran lunga il più probabile, rimarranno solo i vantaggi, per l’economia e per l’ambiente, di una maggiore quantità di questo gas (vedi l’articolo: Reimpostare la discussione sul clima).
Infine, dato che l’anidride carbonica è il principale fertilizzante delle piante, in molti casi esso potrebbe essere usato per incrementare la produzione agricola, specialmente nei paesi dove i terreni coltivabili e l’acqua scarseggiano, come nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Una soluzione che andrebbe bene sempre e comunque, anche se alla fine risultasse che la causa del riscaldamento globale sia l’anidride carbonica. Infatti questo sarebbe il modo migliore per sottrarla all’atmosfera, usandola per incrementare i raccolti invece di imporre dei costi enormi per la “de carbonizzazione”.
Un’analisi del tema ambiente e sviluppo basata sui dati della realtà.
In conclusione il problema non è decidere se siamo di destra o di sinistra, ma se siamo a favore o contro la società moderna. La sinistra dovrebbe abbandonare l’interpretazione irrazionale e anti storica del marxismo, che ha stravolto i dati storici, economici e scientifici, che strumentalizza i temi ambientali e che si nasconde dietro uno schermo di ambientalismo e di buonismo. E ambedue gli schieramenti politici dovrebbero fare propri i valori della cultura liberale (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà).
La cultura liberale che però non ha ancora incorporato nel suo DNA un’analisi del tema dell’ambiente e dello sviluppo, oggi così importante, come quella presentata in questo sito. Infine sia la destra che la sinistra dovrebbero farsi concorrenza su come adottare le soluzioni che già abbiamo per risolvere i principali problemi di oggi, invece di fare la guerra alla società in cui viviamo. Del resto è difficile credere che la gente voglia davvero questa guerra assurda che ha già provocato così tanti danni.
Al centro del tema ambiente e sviluppo c’è il nostro giudizio sulla società moderna, che non è la causa della povertà e delle ingiustizie sociali come pretende il marxismo, ma al contrario l’unico rimedio.
Marx non ha capito la crescita economica moderna e il lavoro di economisti come Adam Smith e David Ricardo, i quali hanno dimostrato i vantaggi della specializzazione produttiva e del commercio.
Marx afferma, senza però dimostrare nulla, che c’è una contrapposizione di interessi tra i “capitalisti” che li sfruttano e i lavoratori che vengono sfruttati, e accusa la società moderna - capitalista di essere la causa delle ingiustizie sociali.
In realtà i capitalisti, che sarebbe meglio chiamare imprenditori, svolgono un ruolo fondamentale per l’economia e per la creazione dei posti di lavoro, perché sono pochi quelli che riescono ad inventarsi dei beni e dei servizi e ad organizzarne la produzione e la vendita in un mercato competitivo (cosa che non riesce a fare uno stato sovietico).
E non è nemmeno vero che c’è un radicale contrasto di interessi tra imprenditori e lavoratori come in natura tra predatori e prede, perché ci deve sempre essere equilibrio tra la produttività e quello che l’imprenditore spende per il lavoro e gli altri strumenti della produzione. Un imprenditore non può pagare né molto di più né molto di meno per i vari fattori della produzione rispetto alla produttività, che siano macchinari o forza lavoro, perché in ambedue i casi andrebbe fuori mercato e sarebbe costretto a chiudere. Questo significa che tutte e due le parti hanno un fondamentale interesse a collaborare per aumentare la produttività, che è anche l’unica condizione per aumentare sia i profitti dell’imprenditore che le retribuzioni (reali) dei lavoratori dipendenti.
Eppure il marxismo ha avuto una grande fortuna perché anche nella nostra società ci sono i ricchi e i poveri e viene naturale accusare questi ultimi di essere la causa delle ingiustizie sociali. Però i ricchi di oggi, i “capitalisti”, sono diversi dai ricchi di una volta, i nobili: gli imprenditori sono ricchi grazie alle loro capacità e reinvestono i loro capitali in attività produttive che beneficiano tutta la società, mentre i nobili dovevano la loro ricchezza alla rendita fondiaria e la spendevano in beni di lusso o per costruire chiese e palazzi.
La strumentalizzazione dei temi ambientali.
L’ampia analisi del tema ambiente e sviluppo presentata in questo sito ha dimostrato che la società moderna è l’unica sostenibile sia sul piano sociale che ambientale mai comparsa nella storia umana. Negli ultimi due secoli essa ha abolito la schiavitù, ha diffuso la democrazia e ha triplicato su scala mondiale la lunghezza media della vita, cosa che implica un enorme miglioramento della sua qualità.
La società moderna ci ha anche regalato un enorme aumento della conoscenza che abbiamo del mondo: della natura, di noi stessi e dell’universo. Anche per questo è difficile per noi oggi immaginare le condizioni di vita, molto peggiori delle nostre, anche solo di pochi secoli fa (vedi per esempio la pagina “La scienza prima di Galilei e Newton”).
Infine la società in cui viviamo, contrariamente a quello che molti pensano, è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale, e lo sarebbe ancora di più se le soluzioni migliori che abbiamo non fossero state ostacolate o impedite per non fare dei regali alla società capitalista.
Durante la fase di crescita che porta dalla povertà al benessere aumenta, e anche molto, la produzione dei beni materiali e con essa l’impatto ambientale. Per questo molti pensano che la società in cui viviamo non sia sostenibile. Ma questi danni possono essere considerati un’eredità del passato, cioè di società che erano sempre in crescita demografica esponenziale e che producevano i loro beni in maniera altamente inefficiente. Ad essere sostenibili invece, per i motivi opposti, sono le società sviluppate, sia perché sono le uniche che non sono più in crescita demografica sia perché, raggiunti i limiti del mercato, la produzione dei beni materiali smette di aumentare e si assesta su livelli più bassi. I beni di cui abbiamo bisogno, poi, li produciamo in maniera sempre più efficiente, cioè consumando sempre meno risorse naturali. Infine la società moderna, dato che ha già soddisfatto i bisogni primari, è anche l’unica interessata alla tutela dell’ambiente.
Per quanto riguarda invece i paesi emergenti, essi stanno crescendo a ritmi che sono persino superiori a quelli del boom economico italiano degli anni ‘50 e ‘60 e anche le loro economie si stanno orientando sempre di più sui servizi. Stanno anche raggiungendo la stabilità demografica, perché è dalla metà degli anni ’90 che in media mondiale il numero di nuovi nati si è stabilizzato.
Oggi le attività umane vengono sistematicamente messe sotto accusa, mentre la natura è stata idealizzata al punto che spesso si sente dire che essa è buona mentre la società umana è cattiva perché è quella che ha inventato la guerra. In realtà la natura è crudele e spietata quanto lo sono le guerre, ma la società moderna, non più in crescita demografica e con un’economia che per funzionare ha bisogno di libertà, pace e sicurezza, è l’unica nella Storia ad avere abolito la guerra.
Purtroppo di guerre ce ne sono ancora, ma a volerle sono proprio i paesi più lontani dalla società moderna o che addirittura la combattono. Come il fascismo che inveiva contro le “plutocrazie” (o regimi del denaro); in realtà democrazie che avevano raggiunto il loro più alto tenore di vita con una pacifica crescita economica. Oppure come la Russia di Putin che si sente in guerra contro “il nuovo ordine mondiale” e che per questo da anni sta finanziando e armando tutti i dittatori, le bande criminali e i terroristi del mondo.
Ma poi di quale ordine stiamo parlando? Sono i dati dell’ONU a dirci che nell’ultimo mezzo secolo tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento e questo è avvenuto perché quasi tutto il mondo ha adottato la società moderna e sta uscendo velocemente dalla povertà. Se è questo il nuovo ordine mondiale, ben venga!
Perché dovremmo combattere, con dei pretesti ambientali e buonisti, una società libera, prospera e pacifica, non più in crescita demografica, che consuma sempre meno risorse naturali e che è anche l’unica che si preoccupa dell’ambiente?
Destra o sinistra?
La guerra contro la società moderna viene condotta dalle forze che si ispirano all’ideologia marxista. Questo però che cosa significa, che dovremmo votare tutti per la destra?
A dire la verità ci sono due tipi di destre. Innanzi tutto c’è la destra tradizionale, che non è altro che l’espressione delle vecchie classi dominanti, cioè delle monarchie e della classe nobile e, in tempi più recenti, delle dittature. E poi c’è la destra liberale, che è essa pure un’elite economica e politica, che però si contrappone alle monarchie e alle dittature perché si fonda sui valori della società moderna, che sono la rivoluzione scientifica e tecnologica, l’economia di mercato, la libertà e la democrazia. Ma anche sull’attività imprenditoriale nel contesto dell’economia di mercato e dello stato di diritto, invece che sui privilegi di nascita e la rendita fondiaria. Queste due destre sono tra loro incompatibili, anche se sono entrambe opposte alla sinistra.
La storia di Ferrara ci può insegnare qualcosa.
Per esempio se leggiamo l’Istoria di Ferrara di Girolamo Baruffaldi (1675 – 1753) che copre il periodo che va dall’anno 1655 all’anno 1700, possiamo toccare con mano questa differenza. Nel 1598 gli Este se ne erano andati da Ferrara per essere sostituiti dallo Stato della Chiesa e dai legati pontifici. Il potere era nelle mani delle famiglie nobili e dell’alto clero, che erano i soli che possedevano la terra, la principale e quasi unica fonte di reddito.
Questa era la situazione anche nell’epoca romana, quando le attività artigianali e il commercio erano all’ultimo posto della scala sociale. All’inizio del secondo impero Diocleziano creò le corporazioni di arti e mestieri, allo scopo di rendere gli appartenenti a queste categorie solidali nel pagamento delle tasse.
Poi con la fine dell’impero romano crollò l’intera società civile e nei secoli bui del Medioevo la Chiesa e le corporazioni furono le uniche istituzioni cittadine che riuscirono a sopravvivere.
Nelle città le corporazioni presero il controllo della politica: è l’epoca dei Comuni che si autodefinivano repubbliche perché le loro istituzioni di governo si ispiravano a quelle della repubblica romana. Nelle campagne vigeva invece il diritto feudale, dato che erano i nobili a possedere la terra.
In Italia ai Comuni subentrarono le Signorie che, come quella degli Este a Ferrara, cercavano di accumulare ricchezza, potere e tesori. Però per lo più esse conservarono le istituzioni amministrative comunali e sostennero le attività economiche cittadine, perché avevano capito che avrebbero potuto ottenere di più dai dazi e dalle tasse.
Con questa politica la città di Ferrara, che controllava le vie di commercio fluviali della Pianura Padana prima del loro sbocco in mare, raggiunse una relativa prosperità e crebbe di dimensioni. Però siamo ancora molto lontani dalla società moderna, perché mancavano le tecnologie di oggi e delle adeguate fonti di energia,
e la grande maggioranza della popolazione rimaneva molto povera.
Gli Este e la stessa città di Ferrara accumularono immensi tesori e collezioni d’arte, anche se alla fine questo patrimonio andò quasi tutto distrutto o disperso. E anche i monumenti più importanti nel corso dei secoli sono andati perduti (quasi tutti) o sono stati gravemente manomessi.
Quando lo Stato della Chiesa sostituì la signoria degli Este, mantenne le istituzioni cittadine dell’epoca comunale, ma era meno interessato alle attività artigianali e al commercio, che erano considerate di importanza minore rispetto all’agricoltura dalla quale i nobili e l’alto clero ottenevano le loro rendite. E gli artigiani, come nell’epoca romana, erano di nuovo finiti all’ultimo posto della scala sociale.
Le difficoltà dell’economia erano aggravate dal clima molto rigido. Nella seconda metà del Seicento siamo nel culmine della “piccola glaciazione” e spesso il Po, il Reno e i fiumi della Romagna esondavano perché in inverno faceva molto freddo, nelle montagne si accumulava tantissima neve, che poi tra aprile e giugno si scioglieva e andava ad aggiungersi alle piogge primaverili, come racconta il Baruffaldi a pag. 274 e 425 della sua Istoria.
Per questo lo Stato della Chiesa faceva tutto quello che poteva per rafforzare gli argini dei fiumi, anche se con scarsi risultati, mentre ci vollero decenni prima che lo stato pontificio trovasse le risorse per lo scavo del Po di Volano, il canale che collega il Po Grande al mare passando per Ferrara, che si era interrato e non era più navigabile. L’interruzione della navigazione aveva creato enormi difficoltà all’economia cittadina. Per tutti questi motivi la situazione peggiorò al punto che, come ci racconta il Baruffaldi a pag. 196 dell’Istoria, la popolazione al tempo degli ultimi principi estensi era due terzi più numerosa che nella sua epoca (il che equivale a dire che nel primo secolo di dominio dei Papa – Re, la popolazione di Ferrara era diminuita del 40%).
La miseria era sotto gli occhi di tutti, ma gli unici rimedi conosciuti erano le processioni e le elemosine. I buoni sentimenti sono sempre importanti, però con le elemosine il volume dell’economia non aumenta e, tenendo conto della crescita demografica, la povertà non può diminuire.
In questo contesto i nobili, che spesso disponevano di grossi capitali, li impiegavano per consumi di lusso, per costruire chiese e palazzi o per organizzare spettacoli teatrali e tornei cavallereschi, a volte con macchine sceniche costosissime, allo scopo di aumentare il loro prestigio e ottenere altri privilegi. E questo anche quando la gente moriva di fame o di freddo.
Con la diminuzione dei suoi abitanti anche il centro storico si ridusse di dimensioni, perché le case e i palazzi “dirupati” - perché in stato di abbandono - venivano demoliti forse per non pagarci sopra delle tasse. Infine anche i suoi famosi teatri furono tutti distrutti da incendi.
Questa difficile situazione sociale ed economica, però, non era esclusiva dello Stato della Chiesa, ma riguardava tutto il vecchio sistema di potere – quello che i francesi chiamano ancien regime - costituito dalle monarchie e dalle classi nobili (fa eccezione l’Inghilterra da Enrico VIII in poi, che aveva venduto i beni della Chiesa e creato una nuova classe di proprietari terrieri diversa da quella nobile).
Alla fine con la Rivoluzione francese e con il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale la società feudale è stata sostituita da quella moderna. Essa negli ultimi due secoli ha abolito i titoli nobiliari e la schiavitù (non solo in Europa, ma in tutto il mondo) e ha innalzato il livello di vita al punto che la sua lunghezza è triplicata.
Nella società moderna giocano un ruolo fondamentale gli imprenditori, che il marxismo chiama “capitalisti” che però, a differenza dei nobili del passato, reinvestono i loro capitali in attività produttive, cosa di cui beneficiano l’economia e tutta la società.
Il marxismo però ignora, anzi rovescia questi fondamentali dati storici e ha messo sotto accusa proprio la società moderna e le ha dichiarato guerra. Questa ideologia, e i partiti che ad essa si ispirano, fomentano l’odio sociale e la lotta di classe, degli operai contro gli imprenditori, allo scopo di combattere le ingiustizie sociali. Ma tutte le società, anche quelle animali, si fondano sulla collaborazione, non sulla guerra interna, anche se la competizione non scompare mai del tutto. Anzi, la collaborazione tra gli individui che la compongono è l’essenza stessa della società. Pertanto la guerra dichiarata dal marxismo contro la società moderna è distruttiva per la società in cui viviamo, ha già causato e continua a causare danni immensi che colpiscono prima di tutto la gente comune, la sua parte più debole.
Alla sinistra si contrappone la destra che però, anche quando si ispira ai principi del liberalismo, non ha ancora elaborato una propria interpretazioni dei temi dell’ambiente e dello sviluppo, con la conseguenza che non ha ancora una politica adeguata ai problemi del mondo di oggi.
Politiche ambientali sbagliate sia a destra che a sinistra.
In Italia la guerra contro la società moderna ha provocato danni tali da farci diventare un Paese di serie B. Se invece che sulla guerra avessimo puntato sulla collaborazione, oggi saremmo il paese più prospero e sviluppato del mondo, non un Paese in cui la gente ha smesso di fare figli perché ha paura del futuro.
Negli ultimi decenni le forze politiche che si ispirano al marxismo hanno strumentalizzato i temi ambientali per imporre delle finte soluzioni che hanno come unico scopo di causare danni all’economia. Infatti, dopo che la crescita economica moderna ha soddisfatto i bisogni fondamentali, sono emersi dei bisogni più sofisticati, tra cui quello di tutelare l’ambiente. E l’interesse dell’opinione pubblica è tale che oggi in nome dell’ambiente si riesce a far passare qualsiasi cosa, anche la più assurda. E le altre forze politiche, per non andare contro corrente, quasi mai cercano di impedirlo. Anzi, dato che non hanno una loro elaborazione dei temi ambientali, hanno addirittura adottato quella della sinistra, che però è stata inventata per fare il massimo danno all’economia e alla società “capitalista”! Così abbiamo il paradosso di un Paese che nel dopoguerra ha visto raddoppiare la superficie dei boschi, tornare la fauna selvatica e crollare le sue emissioni inquinanti, che non fa che denunciare i danni all’ambiente causati dalla società moderna!
I danni all’ambiente sono reali, ma essi riguardano la fase di crescita che porta dalla povertà al benessere (che noi abbiamo superato già da 50 anni), perché in questo periodo la produzione dei beni materiali deve aumentare di alcune decine di volte. Ma questi danni sono un’eredità del passato, cioè della crescita demografica esponenziale e della bassa efficienza produttiva di tutte le altre epoche, problemi che proprio la società moderna è riuscita a risolvere. Inoltre questa stessa società, che è quella in cui viviamo, ha già tutte le soluzioni che possiamo desiderare per i principali problemi di oggi, sia dell’ambiente che dello sviluppo, sia dei paesi sviluppati che degli emergenti, che però vengono sistematicamente ostacolate e impedite.
Oggi le principali strategie della guerra contro la società moderna - capitalista sono due: la prima è favorire con dei pretesti buonisti l’immigrazione illegale e nello stesso tempo impedire con dei pretesti ambientali lo sviluppo dei paesi più poveri. La seconda è quella degli allarmi sul clima, che ha lo scopo di imporre dei costi stratosferici ai paesi più sviluppati col pretesto della “lotta contro il cambiamento climatico”.
Per quanto riguarda il primo punto, ci sono delle mansioni per le quali le aziende non riescono a trovare in Italia abbastanza personale. Ma è assurdo che chi è disposto a fare questi lavori sia costretto a trasferirsi in Italia in maniera illegale. E’ assurdo che debba pagare delle cifre esorbitanti e finanziare delle organizzazioni criminali o terroristiche e che debba poi attraversare il mare in maniera precaria su dei barchini. Ed è ancora più assurdo che molti spendano tutti i loro risparmi per farsi trasportare in Italia dai trafficanti di carne umana, per poi non trovare lavoro e vivere di espedienti o di attività illegali. Infine c’è anche la contraddizioni di istituzioni pubbliche che di fatto favoriscono l’immigrazione clandestina e illegale, mentre il loro compito istituzionale dovrebbe essere quello di applicare le leggi dello Stato. E lo Stato non può rinunciare ad applicare la legge sul proprio territorio, non può rinunciare alla propria sovranità.
Altrettanto contraddittorio è il comportamento delle istituzioni internazionali che sono state create per promuovere lo sviluppo dei paesi più poveri e che invece da anni lavorano attivamente per impedirlo! Un esempio è la Banca mondiale dell’ONU che da molto tempo ha smesso di finanziare le infrastrutture di cui i paesi poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita (e che i paesi sviluppati considerano a casa loro indispensabili). Non si può nemmeno immaginare una combinazione più devastante, giustificata da pretesti ambientali e buonisti, che è stata studiata apposta per fare il massimo danno sia ai paesi sviluppati che a quelli più poveri!
La seconda principale strategia di questa guerra totale è quella degli allarmi sul clima. Allarmi incessanti che hanno come unico vero scopo di imporre delle politiche decine di volte più distruttive di quelle che sono state adottate finora (vedi nel libro FALSO ALLARME di Bjorn Lomborg i costi stratosferici dell’Accordo di Parigi che è stato firmato nell’anno 2015 da quasi tutti i paesi più sviluppati)
Questo libro però ancora non tiene conto dei dati più recenti riguardanti l’influenza del sole sul clima terrestre. Infatti, nonostante quello che ci sentiamo continuamente ripetere, la scienza in questo momento ci sta dicendo che è quasi sicuramente il sole la causa del riscaldamento globale degli ultimi decenni, non l’anidride carbonica. E l’ipotesi solare ha anche il pregio di poter essere verificata, perché gli scienziati hanno collegato il numero delle macchie solari al clima terrestre e negli ultimi due cicli esse sono molto diminuite. Questo significa che, se l’ipotesi solare è corretta, nei prossimi anni dovremmo assistere alla fine di questa fase si riscaldamento globale. Inoltre la CO2 è il principale fattore di crescita delle piante, non il principale nemico della natura e dell’ambiente! E anche la scienza che sta dietro il ciclo del carbonio non può essere messa in discussione. E se l’ipotesi solare nei prossimi anni si dimostrasse corretta, scenario che al momento è di gran lunga il più probabile, rimarranno solo i vantaggi, per l’economia e per l’ambiente, di una maggiore quantità di questo gas (vedi l’articolo: Reimpostare la discussione sul clima).
Infine, dato che l’anidride carbonica è il principale fertilizzante delle piante, in molti casi esso potrebbe essere usato per incrementare la produzione agricola, specialmente nei paesi dove i terreni coltivabili e l’acqua scarseggiano, come nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Una soluzione che andrebbe bene sempre e comunque, anche se alla fine risultasse che la causa del riscaldamento globale sia l’anidride carbonica. Infatti questo sarebbe il modo migliore per sottrarla all’atmosfera, usandola per incrementare i raccolti invece di imporre dei costi enormi per la “de carbonizzazione”.
Un’analisi del tema ambiente e sviluppo basata sui dati della realtà.
In conclusione il problema non è decidere se siamo di destra o di sinistra, ma se siamo a favore o contro la società moderna. La sinistra dovrebbe abbandonare l’interpretazione irrazionale e anti storica del marxismo, che ha stravolto i dati storici, economici e scientifici, che strumentalizza i temi ambientali e che si nasconde dietro uno schermo di ambientalismo e di buonismo. E ambedue gli schieramenti politici dovrebbero fare propri i valori della cultura liberale (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà).
La cultura liberale che però non ha ancora incorporato nel suo DNA un’analisi del tema dell’ambiente e dello sviluppo, oggi così importante, come quella presentata in questo sito. Infine sia la destra che la sinistra dovrebbero farsi concorrenza su come adottare le soluzioni che già abbiamo per risolvere i principali problemi di oggi, invece di fare la guerra alla società in cui viviamo. Del resto è difficile credere che la gente voglia davvero questa guerra assurda che ha già provocato così tanti danni.